Come ti “uccido” la creatività: un commento alternativo su The Last of Us

Naughty Dog non è un team di sviluppo qualsiasi. Seppur molti di noi lo conoscano solamente per i suoi lavori più recenti, dunque a partire da Crash Bandicoot, in realtà il team di sviluppo statunitense è attivo almeno fino dalla metà degli anni ’80. Come è possibile vedere nella pagina Wikipedia dedicata proprio alla software house, oggi first party di PlayStation (e che first party), il “cane maleducato” ha in realtà lavorato su più sistemi, tra cui Apple e SEGA, senza poi dimenticarsi del 3DO. Eppure è solamente su PlayStation che è arrivato ad avere la sua fama definitiva, adattandosi e cambiando quasi sempre protagonisti e generi. Fino a quando, nel 2013, The Last of Us non ha visto la luce. Da allora niente sembra essere più come prima.

Se da un lato l’avventura di Joel ed Ellie e quell’intero franchise è sicuramente meritevole di essere dove si trova (soprattutto in virtù di un secondo capitolo che è cresciuto così come tutti i suoi protagonisti e personaggi), con tutti gli onori ricevuti sia nell’ambito del videogioco duro e crudo sia nel recente campo televisivo, è anche vero che la produzione dell’avventura è costata una parte decisamente importante a noi giocatori, ovvero quel pozzo di creatività e quel coraggio che Naughty Dog ha sempre riversato in ogni generazione di PlayStation. Se ancora non vi è chiaro, oggi parliamo di come un semplice franchise sia stato in grado di ibernare un’intera industria, oltre che ovviamente un’intera divisione.

Il potere logora, soprattutto chi ce l’ha

Partiamo da una premessa, solitamente non necessaria, ma che è importante: nessuno qui vuole sacrificare The Last of Us. Il franchise di Naughty Dog è perfetto: racconta una storia e lo fa dannatamente bene, includendo personaggi omosessuali e con sfumature anche abbastanza politiche. Non è mai scontato, soprattutto in un periodo storico come questo, dove spesso ci si affida solamente al nome per provare a realizzare qualcosa di diverso ma che poi, inevitabilmente, inciampa con le sue gambe (Halo, per esempio, oppure Battlefield e GTA). Eppure, da quando esiste quel brand, Naughty Dog sembra essersi cristallizzata e aver deciso di seguire esclusivamente quel filone.

All’alba della prima PlayStation, il team di sviluppo decise di lanciare Crash Bandicoot. Si tratta di un’esclusiva che oggi apprezziamo con piacere, ma che all’epoca era in realtà piena di errori e di problemi tecnici, dovuti probabilmente anche all’interfacciarsi con un genere che storicamente è sempre molto complesso, oltre che con un nuovo hardware. La presunta difficoltà dei giochi è in realtà un mero equivoco, dovuto a errori di prospettiva e di programmazione. Gliela possiamo perdonare? Certo che sì: stiamo parlando di produzioni più piccole, volutamente complicate e che dovevano comunque intrattenere i giocatori dell’epoca per un lungo periodo di tempo. Crash Bandicoot ha comunque la fortuna di sopravvivere per tutta la generazione, tra spin-off e capitoli “principali”. Fast-forward e siamo in epoca PlayStation 2, con Naughty Dog che ci riprova ancora e sforna per la prima volta un’altra serie platform, anche questa destinata ad accompagnare il team di sviluppo per tutta la generazione. Stiamo parlando di Jak and Daxter, che riscuote un grande successo e che si ferma, come nel caso del loro esordio sulla console Sony, a una singola generazione.

Per la prima volta nella sua storia, sono dieci anni che Naughty Dog non produce nulla di nuovo

All’epoca di PS3 il copione si ripete: viene presentato Uncharted, destinato a diventare una trilogia, ma sul finale del 2011 ecco che arriva il colpo di scena. Ecco The Last of Us, ecco il nuovo gioco di Naughty Dog. Un fulmine a ciel sereno. Ma come, davvero c’è un altro videogioco in sviluppo? La risposta è sì. Il titolo vedrà la luce a giugno 2013 e sarà considerato il canto del cigno della terza console casalinga targata Sony. Ma anche l’inizio della fine, perché per la prima volta nella storia Naughty Dog sono quasi 10 anni che non produce nulla di nuovo. In una posizione dominante, da miglior studio di sviluppo in circolazione, questa impostazione del lavoro dovrebbe lasciare sgomenti, ma non è così. Arrivano gli applausi, arrivano i premi, arrivano gli elogi.

Una generazione “ritrita”

Con l’arrivo di PS4, Naughty Dog non può (e non deve, visto che è oramai la punta di diamante di quell’etichettà che diventerà PlayStation Studios) fermarsi. In tanti si aspettano qualcosa di completamente nuovo, ma dagli studi di sviluppo il primo prodotto a essere pubblicato per la nuova console è Uncharted 4, capitolo che dovrebbe (almeno sulla carta) terminare l’avventura di Nathan Drake. È il 2016, è primavera, ma quello che succede alla PlayStation Experience di quell’anno sorprende il mondo intero. Già, perché viene presentato anche The Last of Us Parte 2, che arriverà solamente a fine generazione, ovvero a giugno 2020. E per la prima volta in assoluto, Naughty Dog non ha tirato fuori niente dal cilindro.

La situazione peggiora, se consideriamo che a tre anni dal lancio, almeno al momento della stesura di questo articolo, il team di sviluppo ha sì timbrato il cartellino su PS5, ma lo ha fatto con una nuova versione dell’avventura di Joel ed Ellie. Nuova versione che ha seguito la remastered su PS4, pubblicata ad appena un anno di distanza dall’uscita su PS3 e che il 28 marzo 2023 arriverà anche su PC. Per la prima volta nella storia, un videogioco è uscito 4 volte (ndR: Todd Howard avrebbe qualcosa da ridire!).

L’idea è che The Last of Us, così come Uncharted, abbia ibernato per davvero Naughty Dog. Non stiamo dicendo che il team di sviluppo e Sony sia alla caccia di facili guadagni. Non ne hanno bisogno per davvero. È più quella strana sensazione di comfort zone, che sembra spingere il team di sviluppo a percorrere una strada familiare, conosciuta, nota, dolce. Una sorta di abbraccio, che contenta i fan e aiuta anche a raggiungere nuove persone: con l’adattamento a serie TV, infatti, l’avventura di Joel ed Ellie può espandersi ancora e conquistare spettatori che potrebbero diventare anche giocatori. Il tutto, ovviamente, al “minimo” sforzo. Nessuna nuova storia da costruire, niente personaggi che il pubblico dovrà imparare ad amare. Prendersi il proprio tempo, per Naughty Dog, sembra sia diventato non solo essenziale, ma anche l’unico modo per poter continuare a lavorare.

The Last of Us

The Last of Us ci basta oppure no?

Probabilmente la voglia di nuove IP, ma più in generale di nuove storie da raccontare e nuovi mondi da esplorare è spesso un desiderio intrinseco nella natura dell’uomo. “Basta remake”, si legge ogni volta che qualcuno prova a fare un rifacimento di qualche opera più vecchia. “Basta remastered”, si legge ogni volta che qualcuno decide di dare una svecchiata a qualche perla del passato. Ma c’è davvero bisogno di nuovi videogiochi? La risposta, banalmente, non c’è e non la possiamo sapere neanche noi.

Non sempre è necessario fare qualcosa di nuovo e questo vale in tutti i campi della vita. Nel mondo dell’intrattenimento, però, si è arrivati ad avere dei costi insostenibili, con i creatori che spesso devono scendere a compromessi. E allora non possiamo fare una colpa a Naughty Dog che non ha mai abbandonato The Last of Us: se il team di sviluppo ha voglia di continuare a sviluppare quell’universo e di migliorarlo graficamente o esteticamente, non possiamo far altro che sederci e guardare, da spettatori passivi (e in alcuni casi anche attivi). Naughty Dog non parla più a noi, giocatori bramosi di nuove storie e nuovi mondi, ma a chi invece cerca esattamente un nuovo rifacimento, la texture in più e non si sente del tutto pronto ad abbandonare completamente i personaggi che ha imparato ad amare nel corso di questi dieci anni. Tuttavia, la sensazione è che Druckmann e soci stiano seriamente perdendo un’occasione d’oro.

La sensazione è che Naughty Dog stia perdendo un’occasione d’oro: con la sua forza, potrebbe tranquillamente spingersi e osare

Naughty Dog è in una posizione invidiabile all’interno di PlayStation Studios. È il primo team di sviluppo per qualità dei suoi videogiochi, per la sua abilità nel progettarli e per la sua capacità di congelare le attenzioni dei giocatori. Prima di Uncharted, per esempio, le esclusive Sony erano molto diverse, oggi invece seguono tutti lo stesso, identico pattern: PlayStation è diventato sinonimo di “giochi action adventure in terza persona”. Naughty Dog ha una forza non indifferente e potrebbe tranquillamente spingersi e osare, per provare a cambiare di nuovo le carte in tavola. E d’altronde Jim Ryan non può negare niente a chi ha saputo trasformare in oro ogni copione, ogni texture, ogni frame.

Prima o poi Naughty Dog proporrà ancora qualcosa di nuovo. La nostra speranza è che ciò succeda oggi, considerando appunto la posizione di forza dello studio di sviluppo. Lo scenario più positivo è appunto questo. Nel mentre, chi vi scrive va a prenotare la copia PC di The Last of Us. D’altronde c’è il ray tracing, e ogni scusa è buona per poterlo finire, almeno una volta.

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