Una crescente ambizione
Abbiamo parlato in un articolo di qualche tempo fa di The Final Station, gioco tecnologicamente piccolo, ma dal cuore grande. In proporzione a quella piccola grande opera prima del team russo Do My Best, The Bookwalker: Thief of Tales rappresenta l’ambizione di questo studio: si tratta di un gioco più grande, dalla narrazione più elaborata, dal mondo di gioco più complesso, con due visuali a seconda della situazione (in prima persona e isometrica) e infine da uno stile grafico molto più barocco rispetto alla minimale pixel art del viaggio ferroviario sperimentato nel gioco precedente.

The Bookwalker comincia con Etienne Quist, il nostro avatar, che si ritrova a scontare una condanna atroce per uno scrittore: non poter esprimere la propria arte. Non poter fisicamente scrivere tramite degli speciali bracciali/manette che gli impediscono il gesto. Questo perché nel mondo di The Bookwalker gli scrittori hanno un potere molto speciale, ossia quello di creare mondi. No, non guardatemi con quell’espressione da “ok, capitan ovvio”, intendo che lo possono fare letteralmente. Possono scrivere interi universi narrativi, viaggiarci e persino portarci dentro e fuori oggetti. Capite il potenziale di questa cosa? La polizia letteraria lo ha capito bene, infatti nell’universo di gioco è vietato scrivere in opere di fantasia le parole “denaro/soldi” in modo vago. Bisogna inventarsi termini precisi che non corrispondano a quelli del mondo reale.
Questo e altro è possibile nel mondo di The Bookwalker e il protagonista ha fatto una cosa vietatissima per meritarsi la sua pena, azione della quale non vuole parlare. Tuttavia, è disposto a tutto pur di tornare a scrivere e sebbene non possa più piegare pagine bianche al proprio volere, può ancora viaggiare nei manoscritti di altri. Ed ecco che loschi individui gli assegnano missioni di estrazione di precisi oggetti: non è possibile arricchirsi direttamente estraendo denaro dai libri, ma questo non ha certo impedito ai criminali di essere creativi. Se all’improvviso vi ritrovaste in mano una bacchetta magica dal mondo di Hogwarts avreste qualche idea su cosa farne? O perché non una pozione dell’immortalità? O un giratempo? O il martello di Thor?

Viaggia tra le righe
In men che non si dica viene recapitata a Etienne una grossa valigia contenente un vano protettivo, un libro, alcune note sull’autore dello stesso e l’obiettivo della missione. Una rapida lettura ed ecco che entriamo letteralmente nelle pagine, dove la visuale si fa isometrica. Assumiamo la forma di un bookwalker, un viaggiatore di pagine composto di carta e inchiostro e ci ritroviamo una classica cella da prigioni fantasy, con vari oggetti da analizzare in perfetto stile avventura grafica. Uno dei primi puzzle ci chiede di sbloccare una porta, che si può fare cercando la chiave, oppure… al costo di un po’ di dolore (tradotto ingame dal valore di “inchiostro”, la variante del mana, insomma) forse è possibile far sparire il lucchetto dalla storia. Una modifica marginale, nessun lettore se ne accorgerà.
Dopo un po’ di vagabondaggio nel dungeon, che scopriamo presto ospitare molte sorprese tra cui una piccola gabbietta senziente che ci porteremo appresso, arriva la terza dinamica di gameplay: il combattimento tramite scontri a turni. Qui il gioco si espone purtroppo a critiche, perché il senso generale di avere combattimenti a turni è quello di pianificare attentamente una strategia in base alle caratteristiche dei propri personaggi contro quelle dei propri nemici. Fare questo con un solo personaggio giocabile è banalizzante e una volta trovati i percorsi d’azione più ovvi ci saranno poche ragioni per variare. Di positivo c’è invece che negli intervalli tra un capitolo e l’altro potremo scegliere uno e un solo upgrade per volta, aggiugendo un po’ di pepe alla prima run quando non sappiamo cos’altro ci aspetta.

E The Bookwalker ha di che soprendere al riguardo, visto che i libri da esplorare vanno dal fanta-thriller, al mythpunk, al post apocalittico, all’horror che si dipana attraverso varie epoche, passando per una mega astronave appartenente a un culto di fanatici religiosi, dove tecnologia e spiritualità si fondono.
Dopo aver trovato l’oggetto richiesto, non resta che riporlo nel vano nascosto della valigia, riconsegnarla al corriere e aspettare la nuova richiesta. Nel mentre vedremo l’appartamento di Etienne riacquistare un po’ di dignità grazie alla paga. Sarà pure un’abitazione umile, ma anche un monolocale ha il diritto di avere stile e un bagno funzionante.

L’avere una tale stravaganza e diversità di ambientazioni non deve però farvi pensare che ciascuna di esse sia esplorata in modo superficiale, tutt’altro. Oltre alla singola storia dell’episodio, che porta Etienne e il suo bizzarro accompagnatore a domandarsi fino a che punto possono concedersi di modificare la storia con le loro azioni, la narrazione gioca molto anche con la professione del protagonista. Etienne non lesinerà critiche a trame che trova puerili e più le vedrà come generiche, meno si farà problemi a prendere ogni misura necessaria per completare la missione. Viceversa, alcuni libri saranno invece più problematici, specie quando troveremo quello iniziato da un autore e completato da un altro, dove i retcon di turno causeranno qualche grattacapo ai nostri protagonisti. Fino ad arrivare al libro che, credetemi, farà venire il magone…

In tutto ciò l’archetipo di personaggio che interpreteremo è un insolito incrocio tra uno scrittore e un ladro. Vedrà sempre il mondo con l’occhio critico di un narratore professionista, ma il modus operandi è quello manipolativo. Sotterfugi, bugie e atrezzi da scasso nascosti nel cappotto domineranno la scena e quando tutto il resto fallisce, Etienne potrà anche dire la sua in combattimenti diretti.
Budget piccolo, cuore grande
A questo proposito purtroppo si nota la situazione ancora molto low budget degli sviluppatori. Si vede quando avrebbero voluto rendere alcune azioni più spettacolari, o quantomeno mostrarle nella loro interezza. Purtroppo però, le azioni sono soltanto narrate e le pose sono statiche o con movimenti minimi che suggeriscono l’attacco, come se Etienne stesse giocando in un LARP. Peccato, perché i personaggi di The Bookwalker non sono esattamente umani e sarebbe stato interessante vederli esprimersi anche in combattimento con il linguaggio del corpo. Altrettanto interessante sarebbe stato scoprire di più del mondo là fuori e delle conseguenze di avere una realtà in cui è possibile entrare in un libro e sottrarne contenuti. L’aspetto macro del world building è invece soltanto accennato, preferendo concentrarsi sul dramma personale del nostro scrittore. Ma questa può essere benissimo una scelta di scrittura intenzionale.
Dal lato gameplay purtroppo le cose scricchiolano di più. Non c’è nulla di “sbagliato” o che suoni male in The Bookwalker, però molti elementi di gameplay, peraltro interconnessi alla vicenda, sono troppo grezzi. I combattimenti sarebbero stati perfettamente rinunciabili (in effetti alcuni lo sono già), in cambio di dialoghi o soluzioni più da GDR che per davvero portano a diverse conseguenze. Purtroppo invece, molte scelte di conversazione variano soltanto la successiva replica del personaggio, per poi tornare immediatamente sull’unico binario stabilito. Anche la meccanica del crafting risulta interessante nella prima storia per poi tendere a ripetersi, rendendo il reperimento dei vari grimaldelli, piede di porco e tronchesi come una task di routine da fare per ogni libro. Sicuramente aiuta a focalizzare Etienne come un personaggio di “classe ladro”, ma forse sarebbe stato più interessante poter costruire oggetti più connessi alla singola ambientazione, come in una certa misura succede già nel libro dell’astronave. L’uso dell’inchiostro, il “sangue” del protagonista quando viaggia nei libri, ha a sua volta un limite non ben stabilito. Può piegare la realtà in alcune circostanze, ma non in altre senza chiare ragioni.

Mentre The Final Station suona come un’opera più completa, l’ambizione di The Bookwalker sembra più grande di quello che poi riesce effettivamente a tradurre sui nostri mouse e tastiera. Il risultato è dunque una piccola gemma grezza, dove tanto il luccichio quanto le ruvidità si vedono tutte. Tuttavia, come per Etienne, a questo studio non è certo il talento a mancare e chissà in quale mondo ci faranno immergere con il prossimo progetto.
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