Le tastiere meccaniche sono un oggetto ormai saldamente di moda in ambito gaming. Da diversi anni si è espanso notevolmente il parco di periferiche appositamente progettate per giocare, grazie anche all’entrata nel settore di molte case produttrici di hardware puramente “da sotto il cofano” (Cooler Master, Thermaltake, Kingston, ecc…). Oggi, grazie anche alla “glamourizzazione” del medium portata avanti da moltissimi giocatori su Twitch (che amano esibire le loro periferiche all’avanguardia), è possibile portarsi a casa mouse, gamepad e tastiere da gaming a prezzi relativamente accessibili, pur non rinunciando a caratteristiche un tempo relegate esclusivamente alla fascia alta.
Il mio primo approccio con le tastiere meccaniche fu nel 2014, quando cominciarono a diffondersi seriamente anche al di fuori della solita fascia da amatori e da professionisti di alto livello. In realtà non fui subito convinto dalle caratteristiche: le migliorie rispetto alle ordinarie (ed economiche) tastiere a membrana non sembravano particolarmente rivoluzionarie e la componente che mi attirava di più era il feeling, più che le prestazioni — se così vogliamo chiamarle. Non starò qui a elencare nel dettaglio in cosa consista una meccanica rispetto a una a membrana, né le varie caratteristiche che le rendono “fondamentali per giocare” secondo certi esaltati che si trovano su internet, ci sono parecchie guide online per quello: mi limiterò a dire che quello che mi interessava sul serio era il clack clack dei tasti in stile squisitamente anni ’80. Il feticismo, emulato da alcuni switch come i blu e i verdi, del sentire lo scatto sulle dita e il relativo ticchettio del meccanismo nelle orecchie ripetuto a oltranza mentre si scrive è come un massaggio al cervello per me. Insomma, dovevo averne una e dato che mi trovavo in un periodo con dei soldini extra in tasca mi sono lasciato trascinare dalla tentazione. Una settimana di ricerche e, 120 euro più tardi, il corriere mi consegnò a casa un pacco con dentro una Cooler Master CM Storm Trigger-Z.

La prima settimana non mi fece troppo impazzire, ma per carità, nuova tastiera, c’è bisogno di tempo per fare un minimo di rodaggio.
Il mese successivo la odiavo.
La odiavo in maniera non troppo giustificata a dire il vero: la tastiera era comunque di ottima fattura, molto solida e rinforzata in metallo, il feeling era quello più o meno giusto, era provvista di tastierino numerico, retroilluminazione e antighosting tra le altre cose… ma erano caratteristiche che avrei trovato anche in una più modesta Logitech a membrana da 40 euro. La odiavo anche perché molta gente discutendo online mi assicurava del contrario: “con la meccanica si gioca meglio”, “la meccanica ti permette di scrivere velocemente e precisamente”. Insomma, mi chiedevo quanto fosse marketing e placebo e quanto valore effettivo. Dal canto mio non notavo nessuna differenza, né in game né in altri ambiti. Scrivevo esattamente alla stessa velocità, giocavo esattamente allo stesso modo. Centoventi sberle mi sarei tirato.

Oggi, cinque anni dopo, ho una opinione un pochino diversa. Parliamoci chiaro: continuo a pensare che se sei imbranato e hai carote al posto delle dita difficilmente una meccanica potrà cambiare la situazione. Dopo tutto questo tempo passato con la Trigger-Z devo però dire che ne sono rimasto piacevolmente affezionato per un motivo che non ho sentito molto esaltare: una meccanica è fatta per durare e una meccanica di alto livello può essere praticamente indossata come corazza, questa roba è maledettamente resistente. Nel corso degli anni ho maltrattato la mia tastiera come se fosse fatta in vibranio, e a questo punto inizio a pensare che lo sia sul serio. Sì, naturalmente col tempo c’è qualche segno di usura: due led hanno smesso di funzionare (come si nota in foto) e il mio braccialetto ha graffiato via il rivestimento morbido del poggiapolsi, ma a parte questa roba — che comunque non pregiudica assolutamente il funzionamento — la tastiera è tale e quale allo stato originale, come se l’avessi appena tirata fuori dalla scatola. I pulsanti non si sono lisciati, gli interruttori funzionano esattamente allo stesso modo e con la stessa precisione e il feeling resta di alto livello. Interruttori che, ci tengo a precisare, sono davvero una goduria da usare: scrivere lunghi testi non è per niente pesante per le mani e, una volta fatto il callo con la corsa dei pulsanti, viene molto semplice sfiorarli quel tanto che basta per attivarli senza nemmeno premerli fino in fondo. Insomma, una tastiera più economica — e di conseguenza spesso peggio costruita — non sarebbe sopravvissuta tutto questo tempo, non con questo stato di usura quasi assente, e il mio portafogli sarebbe stato ugualmente consumato a forza di ricomprarle.

Eppure resto fermamente convinto che tutta questa roba come polling rate elevatissimi, improbabili sistemi di key rollover e centocinquantamila possibilità di personalizzazione dei pulsanti siano fuffa importante solo per chi gioca a livelli davvero alti, mentre tutti gli altri difficilmente noteranno la differenza. Penso ancora che in generale gran parte delle periferiche “da gaming” siano fin troppo spesso inutilmente sovrapprezzate (anche perché ho finito per acquistarne diverse), ma la massiva espansione del mercato ha fatto sì che i prezzi calassero parecchio e oggi ci si può portare a casa dei buoni prodotti a prezzi decisamente più accessibili. Penso anche che la qualità paga e, considerato che la fattura dei materiali da sola può valere l’esborso extra, potrebbe essere una buona idea acquistare qualcosa di un po’ più elevato del solito accessorio base che tutti abbiamo e conosciamo — una affermazione decisamente troppo ovvia, ma che è sempre bene ribadire. Magari senza esagerare con i led RGB.
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