Riflessioni sulla next-gen, quasi un anno dopo

Ho deciso di approcciarmi alla next-gen comprando Xbox Series S al lancio. Ho parlato delle mie impressioni a caldo dopo poco tempo di utilizzo, apprezzando la praticità di un sistema che si appoggia a un’infrastruttura già esistente per non tagliare subito il supporto alla precedente generazione e dover ricostruire tutto da zero. Ho anche puntualizzato che questo progetto di uniformità — nel quale ultimamente Microsoft ripone molta fiducia — porta ad avere alcuni inconvenienti in quella che è la nostra percezione di upgrade, quel “salto” generazionale che porta ad aspettarsi una console totalmente nuova e un parco titoli pronto a sfruttarne le caratteristiche tecniche. In questo caso, però, utilizzare Series S è un po’ come piazzare un nuovo SSD e una scheda grafica migliore su un computer già esistente, dal quale possiamo già aspettarci la solita esperienza di utilizzo: gran parte della libreria è in comune — se non con Xbox One — col PC, i servizi sono gli stessi e i titoli esclusivi sono… tre, tipo.

Di altro avviso è Sony, che continua fermamente a utilizzare le esclusive come prima attrattiva per il brand Playstation, sfornando titoli che spingono direttamente sull’acquisto della nuova console come Returnal e Demon’s Souls. Il messaggio è chiaro: compra PS5, perché la nostra roba non la trovi da nessun’altra parte. Non a caso la domanda della console resta ancora altissima e i pochi pezzi che vengono messi in vendita vanno via nel giro di pochi minuti, segno che l’interesse è forte e PS4 ha lasciato il segno.

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Forse nel 2023 diventa disponibile presso tutte le latterie di fiducia.

Eppure, il piano sulla next-gen di Sony inizia dal canto suo a mostrare i primi scricchiolii, che a volte non hanno fatto molto piacere ai fan. Proprio il remake di Demon’s Souls ha generato delle discussioni riguardo una presunta versione per PC, poi smentita da Sony stessa, laddove invece Spider-Man: Miles Morales è finito per approdare anche su PS4. Anche il nuovo God of War, Horizon: Forbidden West e Gran Turismo 7 (quest’ultimo pure rinviato, sorprendendo nessuno, al 2022) con tutta probabilità usciranno su entrambe le console. Nel frattempo, Days Gone, Horizon: Zero Dawn e Detroit: Become Human hanno smesso di essere esclusiva PS4 da tempo, in quanto approdati finalmente anche su PC. Insomma, il bastione del gaming, il sistema per eccellenza nel quale godere di grandi e spettacolari esclusive sembra voler cedere il passo alle necessità di mercato, abbracciando un’utenza sempre più disseminata tra le varie piattaforme.

Sono quindi due gli aspetti che sono venuti alla luce in questo periodo post-lancio. Il primo è che, anche per via della pandemia globale che ha afflitto la produzione dell’hardware, senza una decente base installata resta ovviamente forte la presenza di quella che oggi possiamo definire “old-gen”. Non è niente di nuovo da quello che è successo negli anni passati — basta pensare al supporto ricevuto da Wii anche quando il successore era già da tempo nei negozi (e già sulla via del declino). Il secondo è che non c’è davvero una reale esigenza di passare al nuovo, di spingere ulteriormente verso l’alto la barra delle capacità tecniche quando PS4 e One sono ancora in grado di fornire esperienze che, ok, magari non saranno allo stesso livello di un PC dedicato, ma che a conti fatti non sono poi così obsolete. Intendiamoci, per fare due esempi a caso, c’è così tanta differenza tra God of War (classe 2018) e The Last of Us: Part II, uscito lo scorso anno? Un lustro di scarto nell’era PS3/360 ha rappresentato la differenza tra BioShock e Far Cry 3, ben più tangibile e immediatamente riscontrabile rispetto ai passi avanti che Ghost of Tsushima ha potuto apportare rispetto a Batman Arkham Knight. Posso inserire il disco di Uncharted 4 oggi e godere di una qualità visiva che tutto sommato non è per niente sorpassata, e che anzi è tranquillamente al livello di certe produzioni odierne.

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Per nulla superato.

Perché c’è così tanta urgenza di andare oltre se già adesso PS5 e Series X devono mettere un sacco di asterischi a promesse altisonanti come 120 fps, 4K e ray tracing? I buoni propositi ci sono, ma si perdono rapidamente nel mare di “se” e “ma” che l’utilizzo di tecnologie e risoluzioni già impegnative ai PC di fascia alta possono comportare su hardware per forza di cose inferiore — anche semplicemente per una questione di costi. Proprio Xbox Series S rappresenta un caso emblematico: si, la scatola riporta la compatibilità al 4K e ai 120 fps, ma di fatto i giochi che supportano tali caratteristiche sono poco più che una manciata, certamente non abbastanza per pensare che la console budget di Microsoft sia in grado di presentare consistentemente questo livello di prestazioni lungo tutta la durata della generazione.

Il rischio insomma è che si ripeta quanto avvenuto con PS4 e Xbox One, le quali al lancio vantavano il full HD a 60 frame come standard, anche se oggi sappiamo benissimo che non è così e che per avere un maggior ventaglio di titoli a quella fluidità — e manco troppo raramente anche a quella risoluzione — abbiamo dovuto invece attendere l’arrivo dell’aggiornamento a metà generazione. Aggiornamento che, a sua volta, millantava il supporto al 4K reale durato giusto quanto, un annetto? Oggi, tramite un qualsiasi video di analisi tecnica, possiamo notare come gran parte dell’offerta attuale per essere in grado di esibirsi a un framerate stabile e ottimale deve ricorrere a tecniche di ottimizzazione quali risoluzione dinamica, frequenze di aggiornamento variabili, 4K “solo in questa, quella e quell’altra area” e via dicendo.

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Un sacco di promesse sulla scatola, ma poi…

L’ombra dell’obsolescenza potrebbe essere quindi un ostacolo a certe caratteristiche considerate da molti imprescindibili per la fruizione di un videogioco. Playground Games ha annunciato senza tante sorprese Forza Horizon 5, vantando il supporto al ray tracing su entrambe le Series… ma solo nella modalità Forzavista, buona solo per guardare i veicoli e scattare foto. Il fatto stesso che entrambe le versioni next-gen gireranno a trenta fotogrammi al secondo (in 4K su Series X, 1080p per Series S), con una opzionale modalità a sessanta alla medesima risoluzione con dettagli ridotti, è un preoccupante indicatore per gli anni a venire: se un gioco di prima linea della console destinato a uscire all’inizio della nuova generazione deve già tenere conto di qualche compromesso, come sarà la situazione a generazione inoltrata? Una volta che gli sviluppatori avranno abbastanza esperienza con i kit di sviluppo e tolte PS4 e Xbox One dall’equazione, i prossimi titoli potrebbero voler alzare ancora l’asticella del realismo grafico, inevitabilmente aumentando di pari passo i requisiti hardware necessari.

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Ed è pure prevista una versione Xbox One, che solo qualche santo sa come farla girare.

Dall’altro lato della barricata troviamo Nintendo che se la ride e considera l’acquisizione della collina Ammazzamotori, sventolandosi aria addosso con le mazzette che Switch continua a stampare da mesi. Alla fine, i tanti rumor sulla cosiddetta Switch Pro sono sfumati in una nuvola di sogni infranti con l’annuncio di Nintendo Switch OLED, il rinnovo di metà generazione comparabile alle versioni slim a cui siamo abituati da anni. In soldoni, il nuovo modello monta esattamente lo stesso hardware, raddoppia a 64 gb la memoria interna come se costasse quanto il plutonio, adotta uno schermo OLED per una migliore ricchezza dei colori e dei contrasti e possiede una porta ethernet sul dock. Niente miglioramenti dal lato delle prestazioni per una console che già oggi risulta spesso inadeguata per molti dei suoi titoli — che siano prodotti da Nintendo o da terze parti cambia poco — al modico prezzo di 350 euro. Il display OLED è sicuramente un aggiornamento ben voluto e l’acquisto del nuovo modello ha perfettamente senso per chi non ha mai posseduto Switch, ma il divario di prestazioni con la concorrenza, nel frattempo, si è fatto più grande.

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Tre modelli in vendita, lo stesso motore sotto il cofano.

Proprio la porta ethernet mi fa intuire che Nintendo vorrà intraprendere a sua volta la strada del cloud (opzione già sfruttata sulla console in territorio giapponese con alcuni titoli), lasciando intendere che a Kyoto abbiano deciso di aggirare il problema dell’obsolescenza piuttosto che cercare di venirci inutilmente a capo. Un piano condiviso e anticipato da Microsoft, che nel frattempo ha potenziato il suo servizio cloud fornito nel Game Pass Ultimate. La prospettiva di giocare ai titoli Xbox su un numero innumerevole di dispositivi — inclusi iPad, smart TV e bene o male qualsiasi dispositivo in grado di far girare Chrome con qualche magheggio — vede il futuro del mercato nelle forme di abbonamento da usufruire su qualsiasi piattaforma, eliminando di fatto le generazioni. Un concetto che è presente da anni nel mondo della televisione e nel quale anche Apple, Google e Amazon hanno iniziato a credere… inclusa l’ultima arrivata, nientemeno che Netflix.

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