Sono passati più di cent’anni da quando Gramsci parlava di odio verso gli indifferenti. Era un mondo profondamente diverso per un’infinità di motivi, da vari punti di vista arretrato a guardarlo oggi che abbiamo la scolarizzazione di massa, il mondo digitale e l’avanzamento tecnologico che brucia il pianeta. Eppure sono convinto che, nonostante il progresso, nonostante l’intera conoscenza umana a portata di mano, nonostante l’evoluzione dell’arte attraverso i nuovi media, oggi Gramsci avrebbe più indifferenti da odiare rispetto a un secolo fa. E da qui voglio partire per arrivare a parlare di Hogwarts Legacy e Atomic Heart. Cosa c’entrano direte voi? Tutto e niente. Alla fine si tratta solo di giochi elettronici.
No. O meglio, sì, ma anche un videogioco fa delle scelte politiche. Anzi, anche decidere se comprare o meno un videogioco è una scelta politica. È inutile girarci attorno. In queste settimane si è parlato molto di entrambi questi giochi, in entrambi i casi arrivando a parlare di boicottaggio, per motivi diversi.
Hogwarts Legacy è un videogioco ambientato nell’universo di Harry Potter, e in quanto tale va ad arricchire il patrimonio già enorme di J. K. Rowling. L’autrice negli anni ha assunto alla luce del sole posizioni esplicitamente transfobiche e mostrato appoggio anche a figure dichiaratamente fasciste, tradendo anche alcuni messaggi di inclusione degli emarginati da sempre considerati alla base del suo immaginario fantasy. Nel pezzo di Giulia Martino trovate una storia dettagliata delle affermazioni controverse di Rowling. Lei dice di essere stata fraintesa, ma è tutto abbastanza documentato e verificabile. Poi ci sarebbe anche il discorso dei folletti della Gringott come stereotipo negativo degli ebrei, che sicuramente non rende il gioco più digeribile al pubblico woke – ossia la fetta di pubblico attenta a tutta una serie di questioni sociali e morali.
Da qui nasce una campagna di boicottaggio autonoma verso il gioco ancor prima dell’uscita, soprattutto da parte della comunità trans, e una serie di scontri tra utenti più o meno indifferenti che vorrebbero solo godersi il gioco senza tanti pensieri, e altri più sensibili che in modi più o meno aggressivi lanciano accuse di transfobia o di ipocrisia. Insomma, o con noi o contro di noi. Il discorso si estende anche alla critica specializzata naturalmente, tra chi prende una posizione affine al boicottaggio, chi dà 1/10 in fase di recensione e chi ridicolizza il voto degli altri perché “sei trans e ce l’hai con la Rowling, il tuo voto non vale”. Un po’ il classico teatrino. A onor del vero, anche tra i critici c’è stato chi si è disinteressato di tutta la questione, come pure chi si è “difeso” sulla base del fatto che tanto l’autrice dei libri non era coinvolta nello sviluppo. Vero, sì, come è vero pure che il team che ha lavorato al gioco e la stessa Warner Bros – e alcuni attori storici della saga cinematografica – hanno preso le distanze dalle sue posizioni, ma resta il fatto che la Rowling intascherà la sua bella fetta di royalties da tutta l’operazione.
L’immaginario di Atomic Heart glorifica l’Unione Sovietica, ed era inevitabile che il gioco si trovasse coinvolto dal conflitto ucraino
Dall’altro lato c’è Atomic Heart, gioco sviluppato dal team russo Mundfish, che nell’ultimo anno si è più volte dissociato dalla Russia con una mano, mentre con l’altra prendeva finanziamenti dal governo di Putin e società affini (e dalla cinese Tencent). Il tutto mentre, nel gioco, rappresentava un immaginario ucronico in cui l’URSS ha vinto la corsa tecnologica. Un videogioco che comunque va a riprendere tutta l’iconografia delle repubbliche socialiste sovietiche, non solo virtualmente ma anche fisicamente come accaduto durante gli eventi stampa associati al gioco, che hanno accolto i giornalisti in sfarzose sale riempite di simboli e bandiere che rimandano a un regime crollato trent’anni fa. Sì, se adesso avete avvertito un brivido lungo la schiena è normale.

Ovviamente anche in questo caso si è levato da più parti un incoraggiamento al boicottaggio, soprattutto da chi è in qualche modo affine all’Ucraina. Anche in questo caso si possono trovare i due estremi tra chi è pronto a darti del filorusso o dell’ipocrita se acquisti il gioco, e chi si barcamena tra il disinteresse e le giustificazioni, insinuando che comunque non ci sono prove inequivocabili della vicinanza ideologica di Mundfish al governo russo. Che può anche andar bene come discorso, ma se due indizi non fanno una prova, qui di indizi ce ne sono un bel po’. Anche in questo caso il discorso è complicato, e forse è reso ancora più complicato dal fatto che Atomic Heart arriva direttamente su Game Pass ed è quindi già stato finanziato in parte da Microsoft (anche) con i soldi degli abbonati, che di conseguenza sono in qualche modo “già complici” anche qualora scegliessero di non giocarlo per non dare ulteriori introiti al team. Ouch.
Torniamo quindi a Gramsci, agli indifferenti e alla scelta di parteggiare: che fare? Il discorso è in realtà più complesso di come si è cercato di farlo passare, e in entrambi i casi la questione è delicata. A mio avviso bisogna mettere in prospettiva le cose e cercare di capire le ragioni di tutti. Il fatto è che entrambi questi casi sono estremizzazioni di una questione morale che in maniera minore esiste su una miriade di videogiochi che escono ogni anno. Sia Hogwarts Legacy che Atomic Heart rappresentano casi limite in cui la scelta morale è quasi obbligata, ma non sono affatto gli unici giochi “problematici”.
Andando a ritroso, già solo negli ultimi mesi del 2022 mi vengono in mente certe affermazioni del director di Callisto Protocol sul crunch, che da sole sarebbero bastate a decidere moralmente di non acquistare il gioco. In generale tutti i giochi per cui delle persone hanno dovuto crunchare potrebbero essere moralmente ‘da boicottare’, estremizzando. O basta citare anche Overwatch 2 e Activision Blizzard, attorno a cui negli ultimi anni sono gravitate talmente tante questioni deprecabili che non penso mi basterebbe il foglio. O ancora: prima ho parlato di Tencent, colosso cinese che sostanzialmente ha acquisito parti di svariati publisher in giro per il mondo, di fatto con i soldi del regime e che ha delle fette abbastanze grosse di aziende come Riot o Epic Games, tali da poter decidere domani che le figure maschili che escono dai canoni estetici di genere stabiliti dal governo cinese vanno fatte sparire da tutti i giochi su cui hanno potere decisionale. Come se non bastasse già il fatto che le informazioni sensibili degli utenti finiscono dritte al governo Cinese. Anche questi sarebbero buoni motivi per decidere di non essere utenti dei giochi collegati a Tencent, quindi via Fortnite, via League of Legends, via Rocket League… E potrei andare avanti con tutta una serie di altri esempi che sono moralmente quantomeno discutibili. Così tanti esempi che un giocatore medio non troppo informato probabilmente si ritrova a giocare, senza saperlo, prodotti dietro cui si celano storie esecrabili. E personalmente non mi sentirei di biasimare la sua ignoranza.
Atomic Heart e Hogwarts Legacy sono semplicemente due giochi molto grossi e molto attesi con dietro una controversia particolarmente forte, che hanno diviso critica e giocatori, ma la questione morale, volendo, si annida in buona parte dei giochi che acquistiamo nel corso dell’anno. In tutto ciò, a mio avviso bisogna anche ricordarsi che è bello parlare di videogiochi, è bello fare critica, ma l’albero che cade nella foresta se non lo sente nessuno non fa rumore. Questo per dire che alla stragrande maggioranza di chi all’atto pratico acquista videogiochi è probabile interessi solo relativamente di una parte della comunità queer che cerca di boicottare Hogwarts Legacy. Tra l’altro a raccontare la faccenda nel modo sbagliato si rischia di polarizzare tutte le opinioni “contro”. Si rischia insomma di inimicarsi anche i “sì ok, capisco la battaglia, però io vorrei giocarmelo” e ottenere l’effetto contrario.
Bisogna rivolgersi ai giocatori indifferenti, ma senza toni paternalistici o accusatori
Il problema non è il lato da cui schierarsi, è schierarsi, facendolo però nel modo giusto. Il punto è che esiste un’enorme fetta di giocatori indifferenti che più o meno pensano ancora al videogioco come puro passatempo, e a loro bisogna rivolgersi, ma senza toni paternalistici o accusatori. Penso che bisognerebbe parlare delle situazioni problematiche, sempre, in ogni singolo caso, approfonditamente. Seguire la propria coscienza quando bisogna scegliere se dare copertura a un gioco oppure no, in ogni caso spiegare al proprio pubblico le motivazioni dietro una decisione, o anche la delicatezza dietro la scelta da acquirenti di comprare o non comprare, giocare o non giocare. Sensibilizzare, fare attivismo, incitare a non comprare anche, perfino spoilerare come mezzo di boicottaggio, sì.
Ma bisogna anche mantenere il contatto con la realtà. Con quei giocatori che inevitabilmente sceglieranno lo stesso di comprare, nonostante siano consapevoli che la questione morale riguardi anche loro. Non penso che insultarli o accusarli di essere ipocriti li motiverà a fare una scelta “alleata”, anzi, probabilmente li spingerà all’opposto. Non penso che sia utile a una qualunque causa individuare un nemico – un ‘non alleato’ – in un giocatore che ha scelto di comprare Hogwarts Legacy o Atomic Heart. Penso che invece ciò che sia giusto e utile a formare un pubblico informato e consapevole sia approfondire, spiegare e far capire l’importanza di prendere posizione su una questione morale, in primis prendendone una. Far capire le ragioni dietro un movimento che decide di boicottare, dietro una recensione che decide di dare 1 come voto, dietro delle persone che stanno in questo momento subendo una guerra che chiedono di non comprare un prodotto, e magari domani gli ‘alleati’ che mettono i diritti di una minoranza davanti alla fruizione di un’opera aumenteranno. Senza etichettare chi decide comunque di comprare e giocare. Senza dare vita all’ennesima guerra tra poveri, quando il vero nemico da combattere incassa cento milioni all’anno in royalties e ha il potere mediatico di influenzare sul serio la gente.
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