Nella sezione Historia Tassiae di questo articolo si parla liberamente del finale di Pentiment.
Il primissimo contatto tra noi e Pentiment, prima ancora di arrivare alla schermata del titolo, è procedere alla raschiatura della prima pagina di un testo amanuense, cancellando ogni parola e miniatura con una pietra. Fin da questo incipit il gioco si mostra come ambivalente: l’azione ricalca la realtà storica, era normale in passato recuperare così costose pergamene e riutilizzarle per scrivere qualcosa di ritenuto più utile; al tempo stesso però ci chiede di eliminare un pezzo di Storia, intesa come informazione da tramandare, distruggendo un manoscritto, il mezzo che ha permesso la nascita della storiografia e un simbolo ben preciso. Ci viene mostrata da subito la cura e fedeltà storica riposte nel gioco, ma spogliando le fonti di ogni sacralità. La storia – ora senza maiuscola superflua – usata per raccontare quanto ciò che giunge fino a noi sia fragile.
Testimonianze insidiose
Pentiment apre una finestra su un periodo preciso, mettendolo in scena prendendosi ben poche libertà, e per molti questo significa che ci sta mostrando la verità di un altro tempo, corretta e incontestabile – o che almeno ci prova. Questo desiderio è di certo presente, ma al contempo possiamo trovare nell’opera di Obsidian Entertainment un percorso che riflette sulla parzialità delle fonti, su piccole e grandi manipolazioni dei fatti narrati, su come l’identità sociale sia legata al passato e al tempo stesso lo altera e piega in nuove forme che verranno a loro volta tramandate e reinterpretate. Come dicevo, tutto ciò è affrontato senza bisogno di prendersi troppe libertà perché è effettivamente così che funziona la storia, quella che noi umani tentiamo di ricostruire e divulgare, un affresco non così scontato da associare a una presupposta verità fattuale.
In questo momento, per esempio, nel 1984 (sempre che si trattasse del 1984), l’Oceania era in guerra con l’Eurasia e alleata con l’Estasia. In nessun discorso pubblico o privato si faceva riferimento a momenti in cui le tre potenze fossero state allineate diversamente, eppure Winston sapeva bene che solo quattro anni prima l’Oceania era stata in guerra con l’Estasia e alleata con l’Eurasia. Si trattava, comunque, di una nozione casuale, furtiva, dovuta solo al fatto che la sua memoria non era del tutto sotto controllo. A livello ufficiale, il cambiamento nelle alleanze non si era mai verificato.
1984 – George Orwell
Non vi sto portando chissà quale rivelazione: il detto “la storia la scrivono i vincitori” lo conoscete tutti immagino, e non mancano autori come George Orwell a raccontare quanto la narrazione degli eventi possa essere strumentalizzata e distorta per fini politici. Non è nemmeno detto che i travisamenti nascano da intenzioni così di parte e deliberate: per tornare al medioevo e dintorni, ad esempio nel seguente intervento Alessandro Barbero illustra come la leggenda dei terrori dell’anno Mille sia nata da pochi cenni senza riferimenti precisi lasciati da cronisti un secolo più tardi, raccolti poi da chi vi si imbatteva e tramandando negli anni l’immagine gonfiandola sempre più, spinti dal fascino di una fantasia così potente e romantica. A un certo punto, quella è diventata per tutti una verità, storici dell’età moderna compresi, solo più recentemente del tutto smentita da una ridiscussione delle fonti.
Vivere a Tassing
Tornando a Pentiment, l’opera diretta da Josh Sawyer affronta il fenomeno in diverse forme (ci torneremo), ma prima di tutto il gioco tenta di calarci nel suo contesto e nei panni di Andreas Maler, per far sì che noi non solo affrontiamo questi drammi e contraddizioni, ma che lo facciamo con gli occhi e la mente di una persona che fa parte di quello stesso mondo, per quanto possibile. La prima parte del titolo è infatti molto immersiva: il periodo storico non è mostrato unicamente nelle caratteristiche e nei ruoli più “di tendenza” e noti, ma soprattutto nella vita quotidiana di tutti i suoi abitanti, dai privilegiati ai più umili. La fanno da padrone momenti intimi e personali, dalla preghiera mattutina al raccogliere legna da ardere al preparare biscotti. Muovendoci seguendo rigidamente le ore canoniche interiorizziamo la routine di quel luogo e quelle persone, fino a diventare un po’ una di loro. Il momento dei pasti in particolare crea un contatto più che mai sentito: rende la giornata più concreta scandendone ulteriormente i ritmi, permette di socializzare a fondo coi commensali, esplicita le disparità di classe attraverso la ricchezza delle pietanze.
Non mi sarei mai aspettato che la scelta della tavola cui sedermi, escludendone altre per i limiti temporali imposti, sarebbe stato un dilemma così sofferto. Entrare nella casa di qualcuno per pranzare assieme, osservare come vive, discutere di piccole e grandi questioni in un frangente di apertura e distensione è a sorpresa una delle componenti più appassionanti di Pentiment. In questa fase di ricerca d’un contatto il titolo indulge anche in diversi “minigiochi”, come passare in rassegna le scorte d’erbe officinali o filare la lana, una trovata utile a tirare il fiato dalle interazioni testuali che dominano la partita e che trasmette ancora di più l’accesa passione per il periodo storico di Sawyer e colleghi e la voglia febbrile di condividerne i dettagli. Ci si sente quasi all’interno di un museo didattico e i suoi spazi dedicati al gioco come mezzo d’istruzione, forse tradendo queste intenzioni in maniera un po’ troppo evidente e sgraziata ma che strappa facilmente un sorriso di complicità. Qualsiasi utente con un minimo di curiosità verso queste nozioni chiuderà un occhio e accetterà con piacere il tour virtuale.
Mezze verità
In parallelo, Pentiment imbastisce una narrativa e un gameplay fatti d’indagini attorno a una serie di omicidi che colpiscono il borgo di Tassing. Qui il giocatore ha la maggior influenza diretta sulle vicende, in quanto il nostro avatar avrà il potere d’influenzare pesantemente l’opinione della giuria di turno, pilotando di fatto chi sarà dichiarato colpevole in base alle prove presentate. È una ricerca tuttavia imperfetta: ci verrà lasciato troppo poco tempo per scavare a fondo su tutti gli indiziati, e in ogni caso potremo raccogliere solo prove circostanziali su ognuno di loro, anche quelli cui daremo priorità. Nulla ci vieta inoltre di omettere informazioni per proteggere qualcuno o indirizzare il tribunale (ufficiale o auto-eletto che sia) verso personaggi che ai nostri occhi si meritano la condanna più di altri, anche se non crediamo abbiano effettivamente compiuto il delitto. La ricerca della verità che ci viene affidata è quindi fallace di partenza, al punto che nemmeno col senno di poi avremo conferme: Pentiment, infatti, non offre risposte, non sapremo mai se le nostre deduzioni siano o meno corrette.
La ricerca della verità che ci viene affidata è fallace in partenza
Questa scelta, che può essere un espediente per non far “perdere” il giocatore qualunque strada prenda, si può riallacciare al discorso che ho fatto in apertura. La storia documenterà quanto accaduto senza poter entrare nella mente di Andreas, senza sapere se e come ha falsato le indagini, prendendo per verità una visione parziale. Questo “inganno” non colpisce solo un ipotetico storiografo del futuro (se non gli perverranno informazioni differenti per altre vie), ma è esplicitato dal gioco stesso nelle sue conseguenze più immediate attraverso gli abitanti di Tassing. In seguito, parleremo di quanto successo con diverse persone e li troveremo tutti certi che il colpevole sia chi è finito al patibolo, senza dubbi di sorta. A nulla serviranno eventuali tentativi di chiarimento da parte di Andreas, vittima egli stesso di come le informazioni parziali, passate di bocca in bocca, abbiano creato una verità accettata più potente della sua versione, che verrà paradossalmente messa in disparte e dimenticata.

Mentre ci fondiamo con la vita del borgo bavarese e tentiamo di risolverne il giallo, un altro aspetto centrale che diventa sempre più evidente è la coesistenza di differenti identità culturali in Tassing. Oltre alle già accennate disparità sociali e alle diverse posizioni riguardo la nascente riforma protestante, la religione e la spiritualità sono alquanto disomogenee tra gli abitanti: la comunità si trova sospesa tra l’abbracciare il cristianesimo ormai affermato da secoli e l’ostinata aderenza alle tradizioni che affondano le radici nei precedenti culti pagani. Potremo quindi assistere tanto alla classica confessione cattolica quanto al girovagare tra i boschi raccogliendo erbe chiedendo la benedizione degli spiriti, sentire (o meglio, leggere) imprecazioni che invocano Cristo come rivolte a Perchta. In questo dualismo però sono più interessanti i punti in comune dei contrasti: le correnti celebrano le rispettive festività negli stessi giorni, hanno legami spirituali con gli stessi luoghi, ci sono parallelismi tra i santi e le divinità pagane, condividono tratti in comune nei miti della loro genesi.
Anche se la Chiesa, forte della sua posizione dominante, tenta talvolta di soppiantare il passato e appropriarsi di nuovi diritti e applica la minaccia dell’inquisizione qualora le altre credenze alzino troppo la voce, viene reso evidente come le sue stesse tradizioni siano il risultato di una fusione con le precedenti e i loro simboli. Come Pentiment non manca di sottolineare più volte facendoci notare l’architettura di Tassing, il luogo e il suo folclore passato e presente è costruito sui resti delle civiltà che si sono stabilite nel luogo nei secoli, dagli antichi Germani ai Romani fino ai bavaresi attuali. Ogni epoca ha sfruttato le basi della precedente, recuperando gran parte di quanto lasciato e cambiandogli forma ma solo in parte la sostanza, in un processo di riscrittura dove ogni iterazione tende a vedersi come prima sorgente della sua identità ma senza riuscire a nascondere del tutto la storia preesistente. Ne risulta quindi un affascinante spaccato dove attorno al falò per celebrare la vigilia di San Giovanni abbiamo maschere che raffigurano la Caccia Selvaggia e altri spiriti, facendoci ancora una volta riflettere su quanto sia parziale affidarci solo a una parte delle narrazioni in gioco.
Historia Tassiae
Da qui in poi, spoiler sul finale.
Nel terzo atto, Pentiment tira le somme e chiama nuovamente il giocatore a prendere le redini nella scrittura della storia di Tassing. Il ruolo di detective viene messo in secondo piano, affidandoci invece il compito di ricostruire la storia dell’insediamento fin dalla sua nascita per realizzare un grande affresco a decorare l’appena costruito municipio. Ancora una volta il dilemma che ci viene posto di fronte è l’esistenza di diverse verità, tra cui dovremo scegliere quella che ci interessa tramandare. Vari personaggi ci metteranno pressioni per propendere da una parte o dall’altra, perché come detto in apertura la storia non è solo esposizione dei fatti, può essere un potente manifesto per portare avanti i propri interessi. A seconda della nostra decisione chi osserverà il murale vedrà in Tassing una località cristiana che ha prosperato sul culto delle sue reliquie, un borgo fuori dal tempo legato ad antichi miti pagani, una realtà pratica e progressista che si è ribellata al potere temporale per mettere al primo posto i suoi abitanti. Non sempre chi fa la storia sono i suoi attori, a volte è chi la racconta.
Anche nello svelare il “thread-puller” dietro gli omicidi e il suo movente, Padre Thomas, Pentiment inserisce un’ultima scelta di questo tipo. L’obiettivo dei delitti è infatti mettere a tacere tutte le persone che in un modo o nell’altro hanno scoperto che la statua e l’altare dei patroni di Tassing, San Maurizio e Santa Sazia, sono in realtà opere romane dedicate a Marte e Diana, e che il racconto dell’incontro tra i due che ha benedetto la fondazione del borgo non sembra essere mai avvenuto realmente ma si tratti di una storia derivata da un mito romano – che a sua volta pare reinterpretare quello ancora precedente tra un capo clan e Perchta. Dopo aver scoperto la verità e assistito impotenti alla morte del colpevole, Andreas e Magdalene si domandano se svelare il tutto o mantenere il segreto per non danneggiare la legittimità delle reliquie di Tassing e la fede degli abitanti.
Devo dire che arrivato a questo punto la mia reazione è stata: tutto qui? Come descritto, il gioco fa un lavoro così centrato nel mostrarci i vari strati della storia di Tassing che la scoperta finale più che un mistero risolto appare come un qualcosa di quantomai scontato e sotto gli occhi di tutti, così ovvio da far traballare il movente e la caratterizzazione di Padre Thomas stesso. Il paragone con Il nome della rosa nasce spontaneo, e non solo per gli omaggi presenti nel gioco (ricordate la pergamena raschiata nell’incipit? Si tratta proprio della prima pagina del romanzo), ma in questo caso la paura non è verso una ridiscussione dell’approccio alla teologia tra i membri più istruiti della società, ma un più azzardato crollo della fede cristiana e del culto dei suoi simboli in tutte le classi sociali del posto. Dobbiamo immaginarlo davvero così letterale e fragile il rapporto con la religione di queste persone?

La questione mi ha fatto tornare in mente un altro romanzo di Umberto Eco, Baudolino. In contrapposizione all’erudito Guglielmo da Baskerville, il protagonista che dà il nome al libro è un contadino piemontese del XII secolo sempliciotto e grossolano, abile bugiardo che si ritroverà paradossalmente a influenzare diversi eventi storici. Ad esempio, in un capitolo ha il compito di gestire il trasferimento delle spoglie dei Re Magi dalla basilica milanese di Sant’Eustorgio alla città di Colonia. Osservando le reliquie, sia lui che il prete che gliele consegna hanno forti dubbi sulla loro autenticità; tuttavia, entrambi sono certi che se esposte come si deve convinceranno masse di pellegrini. Addirittura, l’abbigliamento orientale che indossano e che combacia con la loro supposta origine viene sostituito da paramenti cattolici, per far sì che i Magi appaiano come i cristiani europei se li immaginano, rendendoli ancora più evidentemente falsi. I danni ai fragili corpi causati dall’operazione vengono riparati ricomponendone le membra con dei bastoni, “come spaventapasseri”. Come vedete questo è un romanzo comico e dissacrante, ma che mostra la praticità con cui le reliquie venivano trattate senza però che perdessero la loro capacità di catalizzare fedeli. Citando direttamente il romanzo:
Molte reliquie che si conservano qui a Costantinopoli sono di dubbiosissima origine, ma il fedele che le bacia sente emanare da esse aromi sovrannaturali. È la fede che le fa vere, non esse che fanno vera la fede.
Pensando allo scenario in cui a Tassing si rinviene la testa della statua di San Maurizio e l’iscrizione che la riconduce a Marte, mi chiedo se anziché generare scandalo e perdita di fede non sarebbe semplicemente passato di lì il Baudolino di turno a cancellare i tratti scomodi e annunciare il santo ritrovato con tutti che lo accettano di buon grado, rendendo il tentativo di nascondere la verità del tutto superfluo. Risulta strano non sia una cosa che Padre Thomas stesso si aspetti, conoscendo la sua gente accerchiata dal passato romano del borgo e i vecchi spiriti, ma pur sempre cristiani. D’altronde Tassing non rappresenta certo un’eccezione, anzi, ci mostra la naturale storia di innumerevoli insediamenti che hanno assistito alle medesime riscritture culturali. In questo approfondimento su Pentiment per Ludica, Tommaso Guariento racconta di come ha trovato una delle tante incarnazioni di Perchta “sotto casa”, con tanto di tempio dedicato nelle fondamenta di una chiesa:
E così, una volta finito Pentiment, ho cercato di proseguire gli spunti nei libri di Ginzburg, McLuhan e Seznec, finendo, per caso, a scoprire che persino al di sotto della zona nella quale vivo—i Colli Euganei—esisteva un culto della ‘signora delle bestie’, qui venerata sotto il nome di Reitia, divinità che governa il destino degli uomini nel passaggio fra la vita e la morte e che viene considerata donatrice della scrittura. Disseminati fra i colli si possono quindi trovare delle statue votive, delle tavolette di bronzo e perfino dei templi ad essa dedicati. Infine, cercando informazioni aggiuntive sono venuto a conoscenza di una petizione rivolta al sindaco e alla giunta comunale di Padova, nella quale un gruppo di cittadini chiedevano che venissero fatti degli scavi sotto la Basilica di Sant’Antonio, in modo di riscoprire quello che secondo alcuni dovrebbe essere un antico tempio di Reitia.
Forse si è forzata un po’ troppo la mano nella ricerca del dramma finale di Pentiment, indebolendo la sua coerenza. Non che questo basti a rovinare il percorso che traccia e le sue riflessioni, sia nella chiave di lettura appena utilizzata che in diversi altri temi che affronta. Pentiment ci parla prima di tutto di riscritture, rimandando a quella prima pergamena cancellata.
[ pen • ti • ment ]
a reappearance in a painting of an original drawn or painted
element which was painted over by the artist.
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