Pathologic 2 e la leggerezza di non essere un eroe

Il viaggio di un eroe senza privilegi

La vita del videogiocatore è tanto dura quanto eroica. Quanti mondi virtuali ha salvato, quanti torti ha aggiustato, quante connessioni ha riallacciato nella sua carriera?

È il primo articolo che scrivo sul sito di Frequenza Critica e come prima volta in una redazione, uno si aspetta di fare le fotocopie, diventare un gourmet di caffè da cialda e poco altro. E invece il buon Lorenzo, autore della serie di articoli sul predecessore di questo gioco mi fa “senti, ma perché non provi a parlare di Pathologic 2?” Ok, cosa può andare storto, mi dico…

E quindi seguitemi mentre vi parlo di questo insolito secondo capitolo, che per me ha avuto una peculiarità interessante: giocandolo, non ho avuto niente a cui aggrapparmi. Nessuna mia esperienza pregressa mi ha realmente aiutato ad affrontare la situazione, non ho avuto momenti in cui mi sentivo pronto a cosa sarebbe venuto dopo.

Pathologic 2
“Un momento, prego…”

Questo scritto si concentrerà su come il gioco sia un’esperienza straniante tanto per il giocatore navigato quanto per quello occasionale, ma mi sembrerebbe di fare un torto se non menzionassi almeno una volta la magistrale direzione artistica, quindi vi rimando a un accompagnamento musicale a tema, con annesso artwork.

Risolta questa mia necessità, partiamo da un alfabeto comune: Pathologic 2, del team di sviluppo indipendente Ice-Pick Lodge si esplora come un open world con una mappa. Questo si porta appresso delle certezze abbastanza consolidate, quali possono essere lo skill tree, una progressione che stimola ad esplorare al pettine il mondo di gioco e una main quest che mi aspetta pazientemente finché non sono pronto, bello e temprato da tutte le altre. D’altronde sono l’eroe, me lo merito, no?…

“Eh? Chi saresti tu?” Questo è il messaggio che ho recepito nella mia mente mentre il gioco, beh, non è che smontasse le mie convinzioni. È che proprio non ne ha mai sentito parlare.

Non c’è lo skill tree o un qualsivoglia sistema di esperienza a punti.

Non c’è il tempo di esplorare tutto.

Finire le quest non è necessariamente una buona idea.

E io sono uno dei 3 medici presenti in città, e per non farci mancare niente sono pure quello controverso.

Pathologic 2
Tutta la vicenda ha un sottotesto teatrale che tuttavia non la renderà meno grave, anzi.

A questo punto una parola sul mondo di gioco è opportuna: siamo da qualche parte nella steppa russa, in un anno imprecisato, ma che a giudicare dalle architetture possiamo contestualizzare nel primo quarto del diciannovesimo secolo, circa. Siamo appena arrivati in città via treno, unico accesso, dopo aver ricevuto una missiva urgente da Burakh senior, padre di Artemii Burakh, il nostro protagonista che altrimenti si sarebbe trovato in capitale ad approfondire i suoi studi medici. Qui Pathologic 2 tocca un dialogo/conflitto che è anche attuale, ossia l’obiettivo comune ma pure i metodi divergenti che vi sono tra la medicina scientifica oggettiva e quella tradizionale, da leggersi come precise tradizioni connesse a precisi luoghi. La famiglia Burakh infatti, è storicamente la famiglia dei guaritori di quella città, isolata per decine di chilometri da ogni altra; persone che, non si sa bene come, sono brave a vedere il problema del paziente e a risolverlo.

Purtroppo, scopriamo che il padre è morto in circostanze misteriose, c’è un focolaio epidemico nel quartiere degli operai e Daniil Dankovsky, medico professionista della capitale arrivato di recente, insiste nel darci lezioni in un mondo rurale che però nemmeno sta provando ad accettare. Artemii, d’altro canto, conosce quella realtà. Conosce sia gli industriosi cittadini che hanno accettato il progresso, tanto quanto i popoli della steppa che invece lo rifiutano, in quanto invasivo delle tradizioni stabilite nei millenni. Abbiamo quindi sia il conflitto medico che quello sociale. Sarebbe un bel problema se in un contesto del genere l’epidemia si aggravasse, giusto?

Pathologic 2
La città, chiamata semplicemente “La Città” non è grandissima, si può percorrere a piedi in pochi minuti.

Ed eccoci qui, chiamati dal sindaco, con un virus galoppante e il mistero della morte del padre da risolvere. Due macro-situazioni che si diramano in una miriade di quest opportunamente organizzate in un diagramma di pensieri in stile detective, piuttosto che in una lista.

“Beh, dai, il protagonista è un guaritore, siamo sul pezzo”. Sì, ma è l’unica skill speciale che ho avuto e di cui comunque ho avuto responsabilità in tutte le sue fasi: la raccolta di diverse erbe medicinali, la loro distillazione, la scelta di quale antibiotico somministrare ai malati è tutta sulle nostre spalle. Nel mentre, là fuori la situazione precipita, i quartieri in quarantena vengono evitati, rendendosi facile preda di ladri e tagliagole e le forze dell’ordine riescono a malapena a mantenere una parvenza di ordine pubblico.

In tutto ciò, il tempo scorre, ogni uomo, donna, anziano e bambino della città ha gli affari propri a cui badare e noi siamo qui, medici, in questa situazione dove per tutta ricompensa ai nostri sforzi, può benissimo capitare di venire accoltellati alle spalle mentre tentavamo di soccorrere una persona agonizzante per strada.

Possiamo combattere a nostra volta? Dare una risposta nei riguardi di Pathologic 2 è complesso, ma perché è la domanda a essere sbagliata. Possiamo sopravvivere? Mmm sì, se riusciamo a restituire un bel cazzottone, abbastanza forte da sbilanciare l’aggressore, possiamo anche avere la meglio. Ma combattere… amici miei, parliamoci pane a pane, vino al vino: un duello pugnale contro mani nude come lo vedete?

Pathologic 2
Qui Artemii ha deciso di giocarsela. Speriamo bene, può anche capitare che l’avversario rinunci.

Il gioco è estremamente realistico nei riguardi del nostro protagonista che non ha esperienza con le armi, non diventerà abile in 12 giorni e caspita, è pure un guaritore, lui nella vita fa proprio altre cose. Pensa ad altre cose. Allo stesso tempo tuttavia, la situazione ha molto rispetto del potenziale del giocatore: possiamo brandire lame a nostra volta, persino bocche da fuoco, ma sempre contestualizzate nell’inesperienza di un protagonista che le ha appena prese in mano e che forse, pure le disprezza. L’animazione di ricarica della pistola è così lenta che forse non è solo realistica meccanica, è una scelta di design che potrebbe contenere anche altri messaggi. Che manchi un qualsivoglia sistema di progressione e di punti esperienza invece è una dichiarazione d’intenti chiarissima: Pathologic 2 non lo vuole, non gli serve e anzi, sarebbe deleterio per comunicare il messaggio di fame e fatica su cui si focalizza.

Il tempo: normalmente un protagonista si aspetta di avere dei privilegi narrativi, che la storia lo aspetti. Sì, ci sono delle main quest che vi verranno segnalate nel modo vintage che forse possiamo riconoscere dai racconti dei nonni: un garzone vi corre incontro all’uscio di casa e vi dice che nel luogo X sta succedendo Y. Ma sta succedendo, nel senso che se non ci andiamo in tempo, arriviamo che è già finito tutto. E ci siamo persi per sempre la linea di eventi connessa a quell’accadimento. Il tempo non ci aspetta, lo sentiremo scivolare dalle nostre dita mentre, anche solo facendo mente locale per scegliere la nostra prossima mossa, ci sentiremo in colpa per quanto la nostra esitazione stia consumando momenti preziosi. Appropriato che i punti di salvataggio siano rappresentati da orologi a torre.

Pathologic 2
E questi due? Andiamo a curiosare, anche se siamo già in ritardo?

Le quest: “ma che… mi sono fatto questo mazzo e adesso la situazione è peggio di prima?” Eh…sì. Ci dobbiamo parlare con franchezza di nuovo, quante volte vi è capitato nella vita di intromettervi in una situazione con le migliori intenzioni e realizzare, a posteriori, che forse avete solo peggiorato le cose? Nei videogiochi non ci siamo abituati. Tutto quello che facciamo è in qualche modo giusto o se qualcosa va male, serve comunque per mandare avanti la storia. Questo è la terza sicurezza che Pathologic 2 sfonda: finire una quest non è automaticamente positivo. Può portare a nuovi sviluppi, a prendere decisioni che non abbiamo elementi per fare consapevolmente, a clamorose perdite di tempo o a risultati attivamente negativi.

Pathologic 2
Tempo di decisioni. Più l’icona si arrossa, più la pista si sta raffreddando.

Succede quindi che in base al nostro migliore giudizio, perché ormai solo quello ci resta, dobbiamo scegliere e organizzarci in situazione di scarsità: di risorse, di tempo, di risposte.

Molto probabilmente non ce la faremo a ripulire la mappa.

Molto probabilmente non riusciremo a salvare tutti.

Ma questa non è una storia di eroi e il gioco non ci giudicherà perché non lo siamo. Pathologic 2 ci chiede solo di fare del nostro meglio.

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