Mi dicono che i giochi single player sono morti

Come i vecchietti nostalgici impegnati a fissare i lavori pubblici, il popolo di internet è sempre alla ricerca di nuovi modi per dichiarare con orgoglio di aver fatto parte di una cosiddetta “era d’oro”. Quale sia questa era d’oro è molto difficile da stabilire e frutto di questioni puramente anagrafiche: l’importante è affermare con veemenza di aver preso parte alla “migliore” generazione, perché quella precedente è composta da anziani dal pensiero retrogrado e quella successiva è troppo frivola per vedere i veri valori della vita. Valori puri, come passare una nottata da soli davanti a un tubo catodico a giocare alla *nomedellaconsolediturno*, con l’alba a scandire la fine delle sessioni di gioco più epiche di sempre.

Single Player
Ai miei tempi era tutto fatto di legno.

Ma che ne sanno quei mocciosi di cosa significasse guadagnarsi il 100% in un gioco, senza microtransazioni e carte di credito pronte a creare scorciatoie? Come dimenticare quei tempi in cui sbloccare una skin figa significava essere dei veri gamers™, consci che il duro lavoro e il sudore della nostra fronte veniva ripagato con cotanta esibizione di abilità e di rispetto? Come dimenticare i tempi in cui i giochi avevano una campagna single player dalla durata LUNGHISSIMA, senza orpelli inutili come il multiplayer online? Il single player è morto, dico io, e lo dice pure EA.

Aspetta, lo ha detto EA? No no, un attimo, il single player non è morto. C’è, uh, Cyberpunk 2077 e… oh. Beh, te lo ricordi Hollow Knight, il Dark Souls dei soulslike, quello uscito quando, sei mesi fa? Ah, quattro anni? Allora ti dico che Red Dead Redemption 2 è proprio un gran giocone, vincitore di centinaia di premi, uno standard a cui tutti dovrebbero aspirare, beccati questo meme con Arthur Morgan che fa una faccia da scemo. Gliel’abbiamo proprio fatta vedere a quei tipacci di EA, cosa ne vorranno sapere delle tendenze di mercato che noi veri gamers™ non sappiamo già? Tanto sono già sull’orlo della bancarott… ah.

Single Player
Haha, amirite guys?

Adesso torniamo seri per un momento. Trovo oltremodo bizzarro questo costante chiacchierare online su come dovrebbe funzionare un’industria ormai globale e radicata nelle più disparate fasce di età e popolazione. Il settore dei videogiochi è diventato da anni uno dei capisaldi dell’intrattenimento in termini sia artistici che economici, ed è impensabile continuare a credere che ogni produzione possa fissare uno standard o rappresentare una rivoluzione. Non sono più i tempi in cui tre appassionati sviluppavano DOOM in un garage e scrivevano la storia. Oggi i videogiochi sono un business da colletti bianchi, pianificato con stuoli di esperti preparati a stendere un percorso studiato in ogni minimo dettaglio. Parliamo chiaro, le case devono far soldi. I soldi si fanno col mercato, analizzando le tendenze e seguendo l’interesse della gente per fornire prodotti da minimo comune denominatore per spremere il più possibile l’utenza di riferimento. Prodotti come Fortnite e Apex Legends hanno l’unico scopo di generare profitti, ed è il pubblico che spende a decretare il successo o il fallimento di un videogioco.

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Ogni volta che buttate soldi in Genshin Impact uno sviluppatore indipendente muore.

Da questo discorso percepisco un’interessante dualità nel comportamento dei veri gamers™, che passa molto rapidamente dal rimarcare quanto sia importante una campagna in giocatore singolo, al cagare sopra a qualsiasi pubblicazione che non rispetti i *rigidissimi* standard per come suddetta campagna debba essere sviluppata. Standard imprescindibili, quali un livello grafico di prim’ordine, ma che sia capace di girare anche sul notebook di mia nonna, la cura per ogni minimo dettaglio a prescindere da quanta importanza possa avere nel risultato finale, un centinaio di ore di gioco sempre diverse e con un filone di contenuti gratuiti post-lancio per gli anni a venire e, naturalmente, deve costare poco. Perché quella dannata Ferrari sarà mia, ma puoi stare sicuro come la morte che non pagherò un centesimo in più del prezzo di una Panda per averla. E se un gioco rispetta questi standard, tranquillo che in ogni caso un pretesto per buttare un milione di recensioni negative su Metacritic lo troviamo.

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Aspettative giusto un filino troppo elevate.

Ma la realtà è completamente diversa da quella che viene ritratta su internet. Sviluppare oggi, pur con tutti gli strumenti e le conoscenze a disposizione, è un investimento che cresce con andamento esponenziale aumentando il livello di cura e attenzione per il dettaglio. Vedo spesso Red Dead Redemption 2 usato come titolo di riferimento su come un gioco single player debba essere strutturato, dimenticandosi che il gioco di Rockstar è un’eccezione, non una regola. RDR2 ha richiesto un investimento ultramilionario e un’impressionante squadra di almeno mille persone, che ha lavorato a ritmi insostenibili per consegnare al giocatore l’animazione accurata del macellaio che taglia la carne sullo sfondo di un intermezzo. Naturalmente, questo tipo di ricerca del dettaglio è inapplicabile per la stragrande maggioranza degli sviluppatori attualmente in attività. The Last of Us: Part II è un altro esempio che va molto di moda, spazzando sotto il tappeto dettagli da poco come il personale costretto a lavorare cento ore settimanali per raggiungere gli obiettivi prefissati. Proprio la storia del crunch dovrebbe far riflettere su quanto sia impegnativo e dispendioso portare nelle console di mezzo mondo un prodotto che rispecchi le aspettative — spesso troppo alte — dei giocatori, a volte anche fallendo nell’impresa.

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D.Va, per cortesia, spostati.

Nel frattempo ci dimentichiamo di quanta roba venga pubblicata nel corso dei mesi che passa molto rapidamente in sordina perché l’utenza è troppo impegnata a seguire le vicende dello streamer più popolare del momento su Among Us. Control è uno di quei titoli che non hanno ricevuto il successo sperato, pur rispecchiando le caratteristiche tanto agognate dai veri gamers™, quali una campagna in solitaria dalla durata superiore alla media, niente microtransazioni e un profilo tecnico davvero niente male. Titanfall 2 ha una campagna spettacolare e coinvolgente, ma il pubblico ha preferito il solito Battlefield.

Non solo: i giochi non devono per forza essere spaccamascella. Avete sentito parlare di BPM: Bullets Per Minute? Ve lo consiglio molto più di DOOM Eternal. Così come consiglio Tell Me Why e The Medium, due avventure grafiche ben fatte e diverse dal solito action-crafting-rpg-stealth con la progressione assolutamente identica a tutti gli altri. Ion Fury è arrivato su console qualche tempo fa e non se n’è sentito parlare per nulla, così come non s’è sentito parlare poi così tanto di Outer Wilds, forse anche trascurato per la troppa similarità nel titolo con il gioco di Obsidian. Come dite, sembrano giochi di tre generazioni fa? Beh, non tutti possono essere GTA V. A meno che non abbiate cento milioni sotto il materasso.

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