Mafia: una parabola di inizio '900

Il rumore delle onde che si infrangono sugli scogli di un promontorio nella calma di una campagna soleggiata; subito dopo il verde cede il passo al grigio della metropoli, la calma si trasforma nel rumore di strade popolate da migliaia di persone che hanno appena salutato i ruggenti anni ‘20 con un crack finanziario e con l’introduzione del proibizionismo.

Benvenuti a Lost Heaven, nell’America degli anni ‘30.

Sembra volerci dire questo l’inquadratura che serpenteggia tra la città nei minuti iniziali di Mafia, poco prima di presentarci il nostro alter ego e raccontarci la sua storia. Una storia nata solo quando Daniel Vávra prese in mano le redini del progetto, che prima di quel momento voleva parlarci di un poliziotto intento a indagare sulla mafia. Eccoci invece nei panni di Thomas Angelo, un tassista, una persona qualunque, che un giorno si trova a fare la corsa che gli cambierà la vita. Le vie del Signore sono misteriose, come diceva sempre sua madre, e basta la prospettiva di una bella vita con tanti soldi e comodità per farti abbandonare le tue convinzioni (da “meglio poveri e vivi che ricchi e morti” a “meglio morire giovani e ricchi”). Se poi a darti quella prospettiva è uno dei mafiosi più potenti della città, allora l’occasione è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.

Nella famiglia del boss Salieri, Tommy trova il suo riscatto sociale, corona il sogno americano, il mito del from rags to riches che nasceva proprio all’inizio del ‘900. Ma la storia di Tommy più che una fiction è una parabola biblica (Mafia si apre proprio citando una Lettera di San Paolo ai Romani) la cui parafrasi ci viene fatta dallo stesso Tommy nel commovente monologo finale. Ed è proprio il punto di vista così umano e umile l’elemento che meglio caratterizza la narrazione di Mafia. Gli occhi, le parole e i pensieri di Tommy sono proprio come quell’inquadratura iniziale: si muovono tra i demoni travestiti da angeli del paradiso perduto, tra chi vuole troppo e chi si accontenta troppo, finendo per stringere nulla in mano in entrambi i casi.

Mafia

Della stessa pasta è il gameplay di Mafia, molto più realistico rispetto a esperienze simili dell’epoca, come ad esempio Grand Theft Auto III. L’intento è sempre quello di ancorare il giocatore al mondo di gioco attraverso semplici regole: i limiti di velocità, le multe, l’impossibilità di girare armati senza richiamare l’attenzione delle forze dell’ordine. Lost Heaven è una scena credibile nella quale si muovono i personaggi dello spettacolo. Una scenografia mutevole assemblata con pezzi di città reali come New York e Chicago, che cambia mentre la attraversiamo con le ricostruzioni fedeli di decine e decine di auto d’epoca e mentre ascoltiamo musiche che variano a seconda delle zone della città.

Oggigiorno c’è il rischio che il mondo di gioco venga percepito come vuoto rispetto agli standard degli open world moderni, e in effetti non c’è altro da fare se non le missioni principali e qualche missione secondaria che consiste nel rubare auto. In soccorso ci vengono elementi come il sistema di guida con limiti di velocità, marce manuali e la fisica realistica dei veicoli, che sopperiscono alla mancanza di attrazioni ludiche nel mondo di gioco. Potremmo dire che il ludo risieda proprio nel guidare all’interno di una città dotata di un fascino e un’atmosfera incredibili.

Mafia

Il ritmo compassato della narrazione si riversa anche nei compiti che dobbiamo affrontare in quanto scagnozzi della malavita. Ogni incarico è preceduto da un rituale che consiste nell’imparare a rubare una nuova automobile e a prendere un’arma. Se all’inizio saremo impiegati in semplici lavoretti, man mano gli scenari si faranno più complessi ci sorprenderà la varietà delle situazioni che dovremo affrontare. Sì va dal lavoretto di iniziazione alla riscossione del pizzo, dagli inseguimenti alla corsa automobilistica su un circuito, dal contrabbandare liquore all’intrufolarsi su una barca, raccogliere l’arma nel bagno e uccidere il nostro bersaglio.

Mafia non è un gioco semplice, sia perché dice al giocatore il minimo indispensabile riguardo ciò che deve fare, sia perché lo mette in una condizione di inferiorità rispetto al contesto in cui si trova. Non siamo il protagonista di un film d’azione che si fa strada tra centinaia di nemici. La storia di Tommy è reale, cruda e tangibile: i nemici ci sovrasteranno in numero e rappresenteranno una minaccia mortale se non combattuti con molta attenzione. Manca un sistema di coperture, quindi il tempismo con il quale esporsi è importante per non finire ammazzati, così come è necessario dosare bene il rinculo delle nostre armi per evitare di colpire qualsiasi cosa tranne che il nostro bersaglio.

Mafia

Nonostante il peso degli anni Mafia mostra ancora oggi l’ottimo lavoro svolto in fase di riprese e animazioni. I personaggi hanno volti ed espressioni intense, le inquadrature sono ragionate e mai banali, le musiche orchestrali enfatizzano il tono drammatico dell’opera. La sensazione è quella di guardare un film ispirato ai capolavori cinematografici di Coppola e Scorsese, dai quali Daniel Vávra e Illusion Softworks hanno chiaramente preso appunti. Il risultato è un’opera che si è imposta come un unicum nel panorama dei videogiochi, sia per il tipo di storia raccontata che per le particolarità del gameplay.

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  • Luigi "abyssent" Peccerillo

    Nato nell'agglomerato urbano di Neo-Caserta, passa il suo tempo in un tumulo digitale tra videogiochi, film vecchi e dischi tristi.

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