Questo articolo presenta spoiler sulla trama di The Legend of Zelda: Link’s Awakening e, in minima parte, di Twin Peaks.
C’è un aspetto particolare che mi ha colpito di The Legend of Zelda: Link’s Awakening. Premetto di non aver mai avuto modo di giocare all’originale, non per intero perlomeno. Ho provato un po’ la versione DX inclusa nell’abbonamento Nintendo Switch Online ma non sono riuscito a farmelo piacere, colpa sicuramente della macchinosità dei sistemi di gioco e del fatto che avevo da poco portato a termine il remake sviluppato da Grezzo.
Fatta questa doverosa premessa, l’aspetto di cui parlo è il suo essere di fatto una metafora di qualsiasi videogioco. Ma che dico: di qualsiasi opera di fantasia. Sì perché la natura stessa di Link’s Awakening porta l’opera di Nintendo a un livello superiore, rendendo il videogioco pubblicato originariamente su Game Boy un punto di svolta per la saga di The Legend of Zelda.

Di fatto, e per stessa ammissione del team creativo, il futuro della serie sarebbe stato molto diverso se Link’s Awakening non fosse mai esistito. Ciò deriva dal fatto che Takashi Tezuka, director dell’opera originale, volesse dar vita a un videogioco fortemente influenzato da Twin Peaks.
A questo punto bisogna precisare che lo sviluppo di Link’s Awakening partì immediatamente dopo la pubblicazione in Sol Levante di A Link to the Past, nel 1991, dunque nel periodo di massima popolarità della seminale serie televisiva di David Lynch. Un successo, quello del serial americano, che raggiunse rapidamente ogni angolo del globo, quindi anche il Giappone, tanto che Tezuka e compagni ne rimasero immediatamente stregati.
“All’epoca, Twin Peaks era molto popolare. La storia verteva interamente attorno a un manipolo di personaggi in una piccola città. Nel caso di Link’s Awakening, avevo intenzione di creare qualcosa di simile. Sebbene l’opera fosse stata piccola nella sua portata così da essere facilmente comprensibile, avrebbe avuto delle caratteristiche molto profonde e peculiari.”
Takashi Tezuka (Iwata Asks)
Da lì in avanti, ogni videogioco della serie avrebbe avuto qualche personaggio fuori dal comune, spesso dei tizi dal fare sospetto o dalle caratteristiche esagerate. Da Ocarina of Time in poi, ciò divenne un tratto distintivo di The Legend of Zelda, tant’è che ancora oggi è così, a distanza di trent’anni dal debutto di Link’s Awakening su Game Boy.

Eppure le influenze di Twin Peaks in Link’s Awakening non si limitano solo ai personaggi, alla struttura del mondo di gioco che ruota intorno al villaggio sull’isola Koholint, ma anche a come si sviluppa la narrazione del videogioco e una delle tematiche centrali della storia. In Link’s Awakening vi è un mistero di fondo che tiene insieme l’intero intreccio narrativo.
Man mano che procede nella sua avventura, Link – e di riflesso il giocatore – viene messo di fronte a molti indizi più o meno velati che servono a rivelare la natura stessa del mondo in cui si svolgono le vicende. Attraverso gli enigmi presenti nei dungeon, durante le conversazioni con i bislacchi personaggi, o anche nel corso degli incontri con il gufo che di tanto in tanto appare per dare dei suggerimenti a Link. Suggerimenti non soltanto collegati ai passi da compiere per portare a termine l’avventura, ma anche sulla natura stessa del mondo.
Che qualcosa non torni sull’isola Koholint lo si intuisce quasi subito. Non sono solo i personaggi dal fare strano a far sollevare il sopracciglio, ma anche la presenza di riferimenti tutt’altro che nascosti al mondo di Super Mario. Tra i nemici, infatti, troviamo dei gomba, le piante piranha, i bomb-omb e molti altri, c’è persino un categnaccio che durante l’avventura viene in nostro aiuto, poi a un certo punto vediamo persino Wart (il nemico principale di Super Mario Bros. 2) esibirsi in un concerto per insegnare a Link una nuova canzone per la sua ocarina.
E che dire di un personaggio che si spaccia per la Principessa Peach per truffare un ignaro ammiratore? Ah, dimenticavo: tra i nemici c’è anche Kirby. Non esattamente un easter egg di Super Mario, ma comunque un elemento molto lontano dalla saga di Zelda.

Un videogioco della saga di Zelda dove Zelda… non c’è. Hyrule non è in pericolo e non c’è nessuna principessa da salvare. Anzi, in realtà l’isola di Koholint è un luogo piuttosto pacifico e tranquillo. È l’arrivo di Link che scombussola gli equilibri di questa realtà. Perché? La risposta non può che essere una sola: Link è un intruso e questo mondo non è reale.
L’intera avventura si svolge all’interno di un sogno, ma il sogno non è di Link. Quindi chi è il sognatore?
Il protagonista del gioco si trova nel regno onirico del leggendario Pesce Vento, da tempo sopito e impossibilitato a svegliarsi per cause che sta al giocatore scoprire. Questa è una rivelazione che viene costruita passo dopo passo in modo tale che sia una sorpresa in un certo senso attesa.
I segni sono sempre stati davanti ai suoi occhi: gli indizi disseminati nel mondo, le parole del gufo, tutti quegli elementi fuori posto, non fanno altro che rafforzare l’idea che, in cuor suo, il giocatore sapesse già di trovarsi in un luogo frutto della fantasia di qualcun altro.

Tutto questo però non rende le fasi finali dell’avventura più leggere. Per salvare il Pesce Vento e Link, entrambi a rischio di non svegliarsi mai più, il giocatore deve sacrificare tutto il resto. Il Pesce Vento deve svegliarsi, ma sappiamo tutti cosa significhi svegliarsi da un sogno: quel sogno cesserà di esistere. È purtroppo questo il destino di Koholint e dei suoi abitanti. Link non è un salvatore: il suo ruolo è quello di distruggere la creazione del Pesce Vento per salvare sé stesso, e così il sogno si rivela per ciò che è sempre stato, proprio come ci aveva detto il gufo.
Non tutto è perduto, però, perché nella crisi esistenziale1Espressione presa in prestito da un commento su YouTube che chiunque dotato di un’anima ha sofferto durante gli straordinari titoli di coda, le parole pronunciate dal Pesce Vento poco prima del risveglio ci torneranno in mente e il sogno continuerà a vivere dentro di noi, rendendo Koholint immortale.
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