L’importanza del lessico videoludico

“Ragazzi, devono proprio nerfare il tank, che è veramente OP.”

Vi capita mai di sentire in giro frasi del genere e non riuscire a frenare un sentimento di straniamento e anche, forse, un briciolo di fastidio?

Siete forse dei grammar nazi? Sì, forse un pochino.

In tal caso benvenuti nel club!

Ma c’è ben più di questo.

Se rientrate all’interno della fascia d’età di coloro i quali ancora si ritrovano affascinati dal concetto stesso di videogame e che sono cresciuti assieme a esso, vedendolo attraversare tutte le sue varie fasi di conquista sociale — da “intrattenimento per sfigati” a “fenomeno di moda talmente popolare da essere criminalizzato da Report” — potreste anche aver notato l’immenso peso che la globalizzazione ha avuto sullo sviluppo linguistico del gergo di settore, partendo da poche scarse parole di gergo prettamente tecnico, fino a far diventare certi termini ed espressioni di uso “comune”.

Il processo che ha portato al rendere comuni frasi come quella citata pochi paragrafi fa passa da diverse fasi e accompagna molti dei processi sociali che legano il gaming alla cultura dell’era contemporanea.

Lessico

Non molto tempo fa ho avuto il piacere di intervistare, per il canale Twitch/Youtube/Facebook “Antagamers”, il buon Stefano Gallarini, già direttore di testate dedicate al giornalismo videoludico negli anni 90 quali Zzap! e The Games Machine, nonché conduttore di USA Today e attuale ideatore e gestore del canale YouTube “MiticoTV”. Fu una piacevole chiacchierata sullo stato del gaming attuale in relazione a quello dei tempi andati e su ciò che significava parlare di gaming venti o trent’anni fa. Vi siete mai chiesti, ad esempio, quanto potesse essere difficile in quegli anni una cosa data oggi tanto per scontata quanto il semplice ottenere l’immagine di un gioco da includere in un articolo? Beh, negli anni 90 il processo richiesto per ottenere tali immagini era tutt’altro che rapido e semplice. La parte che in assoluto mi colpì di più di quella chiacchierata fu quella riguardante la scelta del registro linguistico consigliato da Stefano ai suoi giovani redattori.

L’articolo, diceva lui, doveva essere accessibile a tutti, non solo ai fan, agli addetti ai lavori e a chi già bazzicava il settore videoludico, doveva essere reso comprensibile anche a chi non masticava videogames all’ordine del giorno. Doveva essere scritto in italiano scorrevole e comprensibile e, laddove fosse impossibile evitare l’uso di terminologia specifica di settore, allora si sarebbe dovuto spendere due parole per spiegare di cosa si trattasse. L’intento di una politica del genere era chiaro: da una parte si cercava di fare appello anche a demografie più giovani e meno informate, dall’altro si cercava di includere anche coloro i quali consideravano il gaming qualcosa verso il quale erano incuriositi, ma erano troppo esterni alla nicchia dei più appassionati per poter conoscere la terminologia specifica.

Lessico
La copertina del numero di luglio 1992 di The Games Machine.

In sunto, non si voleva che il gaming fosse una cosa elitaria. Viceversa, si voleva raggiungere le persone, diffonderlo e condividere l’entusiasmo per questa novità che ci riempiva di gioia le giornate. Magari anche cercare di arrivare a coloro che inevitabilmente demonizzavano in toto il settore tacciandolo di perdita di tempo e di distruttore di “vera” vita sociale, o addiritura di satanismo e istigazione alla violenza.

Da appassionato alla comunicazione quale sono non ho potuto fare a meno di venir colpito dalla silenziosa importanza che tutto questo aveva avuto su me stesso a livello formativo. Ero un avido lettore di The Games Machine da ragazzino e francamente non mi sono mai sentito alienato o confuso di fronte a un articolo di questa testata. Al contrario, ho imparato molta della terminologia di settore proprio su quelle pagine, in rapide ma essenziali spiegazioni buttate là, tra una riga e l’altra di articoli e recensioni, e quella conoscenza è rimasta con me e me la porto dietro ancora oggi. Raramente ho dovuto chiedere a un conoscente “sì, ma che significa questa parola?”, conoscevo le basi tecniche anche se magari si trattava di generi o settori verso i quali non nutrivo particolare interesse.

La domanda che mi viene naturale pormi è: si applica oggi la stessa attenzione nei confronti dell’uso di una determinata parola piuttosto che un’altra nell’editoria videoludica?

Quello che salta agli occhi è che sicuramente lo si fa molto meno che in passato. Questo è naturalmente anche un segno dei tempi che corrono, non intendo saltare a conclusioni, sia chiaro. Se trent’anni fa era fondamentale presentare il media in maniera inclusiva e comprensibile per poter attirare le persone verso di esso, oggigiorno viviamo in tempi in cui il gaming è talmente affermato nella nostra vita quotidiana che i più giovani sono naturalmente esposti ad esso; invece di far accettare il gaming alle persone, ci ritroviamo in tempi in cui le persone fanno accettare loro stesse attraverso il gaming. Il rapporto si è invertito e il media si è esteso a livello tale da non dovere più niente a nessuno, neppure una spiegazione. E questo potrebbe rappresentare un problema.

Lessico
Fortnite, il famoso shooter multiplayer.

Sicuramente l’ingresso di tanti termini di origine inglese italianizzati e di stampo prettamente tecnico ci semplifica la vita nei casi in cui la nostra lingua è priva di concetti tanto specifici quanto “depotenziare un personaggio in un videogame competitivo online” o “ripetere una data serie di incontri al fine di livellare un personaggio e renderlo all’altezza della prossima boss fight”, ma è anche un forte segno dei tempi che corrono e del ruolo che il gaming ha assunto nella società attuale. Tutto ciò si appoggia fermamente sulle basi di chi, qualche decade fa, ha cercato di fare un’informazione di settore che fosse inclusiva ed esaustiva, scegliendo i termini giusti che potessero essere compresi da tutti.

E ora fermi un secondo. Nel paragrafo superiore ho scritto la parola “livellare”, per caso a qualcuno è sfuggito il significato di quella frase? Ne dubito, eppure “livellare” in italiano significa, cito testualmente dal dizionario: “/li·vel·là·re/: Portare una superficie allo stesso livello, eliminando affossamenti o sporgenze; spianare”. Nessun dizionario riporta come significato “Far salire di livello il proprio personaggio in un videogioco”. Non ancora almeno. Nonostante ciò, chiunque ne comprende il significato senza alcuna difficoltà e questa fa parte di un gruppo di parole universalmente riconosciute e diventate ormai parte della nostra parlata quotidiana, al punto tale di permetterci di fare ironia tramite esso (“Sapevi che tizio ha avuto una promozione?” “Sì, ha livellato”)

Questo per dire che il videogioco è ormai parte della nostra vita e ha segnato la nostra società e il nostro costume, anche quello di chi non è direttamente interessato a esso o l’ha abbandonato per strada. E quindi può permettersi il lusso di non badare più a molte sottigliezze linguistiche: oggigiorno o capisci un dato concetto o sei out. Se vuoi appartenere a una community, se vuoi giocare con i tuoi amici e sentirti al passo coi tempi, devi sapere di cosa parli. Sta a te informarti, perché il gaming e il giornalismo a esso correlato non perderanno tempo a spiegarti quello che c’è da sapere a riguardo. Anzi, in molti casi si fa il possibile per rendere criptiche e segrete certe meccaniche o possibilità, per dar modo alla gente di scoprirle e diffonderle su forum e social media, creando così hype e discussioni attorno a certi specifici titoli.

Lessico
Una competizione internazionale di esport.

Se è vero che questo da una parte scalda il cuore di chi, da piccolo, voleva vedere il gaming scrollarsi di dosso quell’alone di retrograda negatività di cui veniva erroneamente tacciato, è impossibile non notare una certa arroganza da parte di chi, ormai, non si pone più il problema di considerare quell’inclusività e quella chiarezza una volta tanto agognate. Fosse altro solo per rispetto o senso di inclusività nei confronti di coloro i quali non sono appassionati o dedicati frequentatori del mondo del gaming, sarebbe carino se si tenesse ancora un occhio di riguardo verso l’uso di una terminologia comprensibile ai più, che non spingesse i più giovani e i neofiti verso la ricerca di video o articoli meramente dedicati alla spiegazione di termini tecnici.

Mi rendo conto che in alcuni settori la cosa sia complessa da realizzare, esistono specifici ambiti che richiedono la conoscenza di diversi strati di informazione per comprendere ciò di cosa si sta parlando, come ad esempio il campo degli e-sports. Tuttavia nell’ambito della divulgazione e dell’informazione non ci si dovrebbe nascondere dietro all’apparente mancanza di necessità per evitare di adoperare un lessico comprensibile o spendere due parole per fornire contesto a una data frase.

Sebbene a livello mondiale il gaming sia diventato un elemento di quotidianità, nel nostro paese viviamo ancora realtà sociali e politiche che, specialmente in televisione, demonizzano il media con vecchi concetti quali la supposta istigazione alla violenza, il fatto che il videogioco sia dannoso per le menti deboli e, ultimo nella lista, le tattiche predatorie impiegate nell’utilizzo delle microtransazioni da parte di molti titoli competitivi online (che, intendiamoci, rappresentano in effetti un problema qualora non siano regolamentate). E se vogliamo opporci a questa triste e datata caccia alle streghe, forse ricorrere a un giornalismo di settore che sappia spiegarsi come faceva un tempo potrebbe aiutare a mettere il settore in una luce diversa agli occhi di coloro che non lo conoscono da vicino e sono facilmente influenzabili dai media tradizionali, che difficilmente sono messi in discussione dal pubblico generalista.

Leggi altri articoli da questa penna
  • Paolo "n0l4n" Ferrò

    Videogiocatore di vecchia data, appassionato della storia del gaming, musicista e creatore di contenuti. Amo gli RPG, i giochi di avventura, punta e clicca e la fantascienza.

Iscriviti alla nostra newsletter

Per aggiornamenti sulla nostra attività e consigli su contenuti di valore.
Niente spam, promesso!