Un’intelligenza artificiale poco intelligente

Come praticamente chiunque in questo periodo, sono attualmente impegnato a giocare The Last of Us: Part 2. Non parlerò del titolo nello specifico (tratteremo l’argomento nell’immediato futuro), ma volevo partire dall’avventura di Naughty Dog come esempio più fresco dell’argomento in questione: l’intelligenza artificiale, ancora oggi nell’anno del Signore 2020, fa schifo. Intendiamoci, non mi riferisco nel caso specifico ai fessacchiotti che Ellie è capace di decimare, i quali sono anzi piuttosto competenti nei loro tentativi di ostacolare il giocatore, ma mi riferisco a come un aspetto che rappresenta parte integrante dell’esperienza videoludica mostri ancora tremende lacune.

Intelligenza Artificiale
Finché almeno un piede resta nell’erba alta, i nemici troveranno notevoli difficoltà a individuare Ellie.

Se da un lato resto quindi piacevolmente sorpreso dalle tattiche di aggiramento che lo Sciame di Gears 5 è capace di mettere in atto, dall’altro fa ancora troppo sorridere il modo in cui è possibile accoltellare dei nemici bellamente in vista dei loro compagni senza farsi notare. Nonostante alcuni buoni spunti — come la capacità dei Combine di Half-Life 2 di stanare Gordon Freeman lanciando granate con precisione — assisto ancora troppo spesso a nemici che attaccano a turno aspettando pazientemente di venire affettati, come ad esempio lo scorso State of Play su Ghosts of Tsushima è riuscito a farmi notare. E non è solo una questione di sfida, intesa a livello puramente manuale, ma anche di verosimiglianza nei comportamenti che i nemici possono avere.

Da questo punto di vista Metal Gear Solid V è riuscito a rinfrescare tale aspetto, dalla radio che coordina i movimenti dei soldati e controlla che siano ancora effettivamente operativi, ai loro compari capaci di notare l’assenza di qualcuno al posto di guardia. Tant’è che proprio giochi come Metal Gear Solid V e The Last of Us sfruttano tutta una serie di check per verificare la presenza di determinate condizioni e adattare il comportamento dei nemici — e quindi del gameplay — al volo, un’idea introdotta da Valve già nel 2008 con Left 4 Dead e il suo famoso “Director”. Tali rappresentazioni aiutano a costruire dei personaggi più interessanti, che si affidano a routine casuali e animazioni predeterminate per risultare più “naturali”, come se stessimo effettivamente assaltando un avamposto popolato da soldati e non da fucili con le gambe.

Intelligenza Artificiale
Più o meno così.

Purtroppo, l’IA — intesa come la capacità degli avversari controllati dal gioco di riuscire ad analizzare una situazione e agire in base al contesto più appropriato — è un campo che nei videogiochi risulta incredibilmente bistrattato, pur con tutti i recenti sviluppi nelle mille applicazioni su internet che si fregiano di roboanti etichette come “machine learning” e “deep AI”. La realtà dei fatti è che, cinicamente, l’IA non tira: non è facile usarla come argomento di marketing come possono essere l’impianto grafico o il gameplay, a maggior ragione se consideriamo che al giorno d’oggi annunci e trailer devono condensare i punti forti del gioco in pochi minuti. Intendiamoci: un conto è mostrare all’E3 una demo con chissà quale nuova tecnologia per avvicinarsi sempre più al fotorealismo, un altro è preparare un video che fa uso di una intelligenza artificiale sofisticata ai fini della giocabilità senza farlo sembrare appositamente preparato, magari finendo pure per riscuotere tiepidi consensi perché il trailer non risultava abbastanza spettacolare “pad non alla mano”.

D’altro canto, chi conosce il medium da anni e ha affinato sempre più i gusti tende a notare determinate incongruenze e tutti i classici pattern che rendono un bot incredibilmente facile da prevedere. Fattori quali un campo visivo limitato e la consapevolezza di quali rumori possono effettivamente raggiungere le orecchie dei nemici tendono a distruggere quell’aria di verosimiglianza che la grafica in alta definizione cerca di raggiungere (per esempio, accoltellare alle spalle uno zombie in Days Gone produce un discreto bordello, ma Deacon resta perfettamente inaudibile anche nelle immediate vicinanze di altri non morti). Fa quindi ancora più ridere trovare altri esempi dove non solo il comportamento degli avversari è da paraocchi, ma addirittura insensato: strategici come Valkyria Chronicles (di cui non sono un grande fan) e Mutant Year Zero: Road to Eden hanno la pessima abitudine di far compiere ai personaggi gestiti dall’IA manovre svantaggiose senza alcun motivo logicamente apparente, rinunciando magari a fare tiri sicuri che porterebbero il giocatore alla sconfitta o a muoversi verso un nostro soldato pronto per il contrattacco.

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L’Alien impara dai suoi e dai nostri errori: abusare le solite tattiche finisce per non essere più efficace.

Si, sono consapevole che è possibile tranquillamente implementare una Perfect-play AI incapace di sbagliare e che non viene fatto per non rendere il gioco troppo frustrante, ma sono sicuro che esistono modi per bilanciare un computer in modo tale che sia capace di organizzare tattiche efficaci e contemporaneamente di compiere errori tutto sommato plausibili. D’altronde, si tratta pur sempre di riuscire a ottenere ottimi o pessimi risultati in base a quanta cura viene riposta nello sviluppo delle routine e dalle risorse che vengono a esse destinate; ricollegandoci al discorso fatto in precedenza, se l’intelligenza artificiale è incapace di vendere alle masse allora per gli sviluppatori può essere problematico — a livello economico o di tempo — dedicarci il lavoro necessario a ottenere un risultato accettabile.

Il lato positivo di una IA idiota è la produzione di questi video.

La mia speranza è quindi che la prossima generazione possa apportare miglioramenti non solo ed esclusivamente “visivi” (come può essere il ray tracing), ma che ci consentano di immergerci ulteriormente nei mondi virtuali grazie anche a un comportamento più vario e coerente delle entità che ci ritroveremo ad affrontare. È facile e anche divertente svuotare gli accampamenti di Far Cry 5 senza farsi mai notare se i nemici portano i fondi di bottiglia al posto degli occhiali, ma l’impatto che un titolo come Alien: Isolation può dare — con l’Alien capace di esibire tutta una serie di comportamenti differenti e adattarsi allo stile di gioco del giocatore — riesce a essere molto forte, anche se risulta difficile esprimerlo tramite un banale trailer.

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