Il ritorno agli anni ’90 di Dusk

Alzi la mano chi pensa che giochi come Doom, Blood, Quake e altri grandi classici degli anni ’90 siano ancora quanto di meglio il genere degli FPS abbia da offrire. O chi è stufo di Call of Duty e derivati, con le loro campagne single-player visivamente spettacolari ma lineari e guidate. O anche chi in realtà non disprezza neanche così tanto (o affatto) gli FPS più moderni, ma guarderebbe comunque con interesse un gioco che riproponga schemi e idee dei classici del passato, ormai quasi sparite. In tutti questi casi, Dusk è ciò che fa per voi.

Il titolo sviluppato da David Szymanski riprende infatti l’estetica, il design di mappe, armi e nemici, il focus sull’azione intensa, rapida e adrenalinica dei grandi sparatutto di venti e passa anni fa, ma lo fa senza dimenticare di aggiungere qua e là qualche piccolo tocco di modernità, evitando così di risultare obsoleto o antiquato. Ma soprattutto, Dusk è un gioco eccellente, pienamente convincente dall’inizio alla fine e che non può mancare nelle collezioni di chi ama passare il proprio tempo a schivare proiettili e a massacrare nemici in prima persona.

Dusk
Il nostro amichevole comitato di benvenuto nel mondo di Dusk.

Ma prima di motivare meglio queste mie affermazioni, è bene fare un passo indietro e partire da quelle che sono le principali fonti di ispirazione dietro al lavoro di Szymanski, ed entrambe ci aiuteranno a capire meglio che tipo di gioco abbiamo davanti. Se è vero che Dusk pesca diversi elementi da molti dei grandi sparatutto usciti negli anni ’90, sono Quake e Blood a esercitare la maggiore influenza. Il primo lo si nota immediatamente nella grafica 3D low-poly, nel gameplay , a partire dal feeling delle armi e del movimento (rapido come nei vecchi titoli id), e anche nel design dei livelli, ma non mancano altri riferimenti sparsi qua e là (da alcuni testi che si possono leggere fino al rocket jump). L’influenza di Blood, invece, si fa notare soprattutto nell’ambientazione a sfondo horror e nei nemici su cui rivolgeremo la nostra furia: demoni, cultisti, mostri di varia natura e soldati posseduti saranno infatti i nostri principali avversari.

L’atmosfera d’orrore è sfruttata con capacità dallo sviluppatore, che fin da subito immerge il giocatore in scenari inquietanti e surreali, ma al contempo affascinanti grazie a una buonissima direzione artistica, che riesce a sfruttare la grafica sicuramente non all’avanguardia del gioco per creare livelli comunque piuttosto evocativi e in grado di generare una certa tensione. Certo, l’elemento primario di Dusk rimangono l’azione e le sparatorie, ma non mancano occasioni in cui il ritmo rallenta per far spazio a livelli più carichi d’atmosfera e che potrebbero far fare più di un salto sulla sedia ai giocatori.

La varietà è un altro dei punti di forza di Dusk: ognuno dei tre episodi che compongono la campagna single-player ha una sua estetica e soprattutto una sua identità che lo rendono immediatamente riconoscibile; inoltre, pure da un livello all’altro ci sono spesso interessanti novità che aiutano a mantenere sempre vivo l’interesse del giocatore, oltre a nuovi nemici che fanno la loro comparsa solo nelle fasi più avanzate e che costringono il giocatore ad adattarsi e cambiare il proprio approccio al gioco. Aiuta il fatto che i nemici in questione siano, oltre che presenti in numerose varietà, anche visivamente molto ben caratterizzati e con una forte presenza scenica — il wendigo su tutti, ovviamente.

Dusk
Il temibile wendigo è indubbiamente uno dei nemici più iconici del gioco.

Il level design è generalmente incentrato sui tipici stilemi degli anni ’90, con ampie arene popolate da dozzine di nemici, aree segrete da esplorare (che spesso contengono utili ricompense), scorciatoie e vicoli ciechi, power up da trovare e soprattutto le chiavi che sbloccano l’accesso alla sezione successiva (sebbene con un po’ di creatività sia talvolta possibile proseguire pure facendone a meno). In ogni livello è possibile interagire con praticamente ogni oggetto dello scenario anche in modi abbastanza creativi, l’ottimo piazzamento dei nemici regala in continuazione scontri divertenti e appaganti, ma pure l’esplorazione è in grado di dare soddisfazione grazie a mappe mai troppo guidate ma nemmeno eccessivamente dispersive o labirintiche; se a ciò si aggiunge la già citata varietà il risultato è sicuramente un ottimo level design che non sfigura al fianco di molti dei classici del passato a cui Dusk si ispira.

Ma come ho già detto, Dusk è soprattutto un gioco intenso e frenetico e a farla da padrone sono gli scontri coi nemici, in cui ci troveremo a danzare sul campo di battaglia schivando proiettili e sparando all’impazzata sui nostri avversari. Fortunatamente pure in questo il lavoro di Szymanski e New Blood Interactive non delude, anzi è proprio qui che risplende più luminoso e ogni arma è estremamente soddisfacente, mouse alla mano. Non è sempre facilissimo spiegare a parole perché una pistola o un fucile diano le giuste sensazioni, ma in Dusk ciò avviene principalmente grazie al solido sound design. che fa sembrare potente ogni nostro strumento di morte, e grazie a comandi precisi, comodi e responsivi.

Se il gunplay è eccezionale, paradossalmente è proprio nell’arsenale a nostra disposizione che risiede l’unico, vero difetto che mi sento di imputare a Dusk: le armi infatti sono sì molto divertenti e appaganti, ma non sono affatto originali; in pratica ci troviamo di fronte al classico arsenale che si ritrova in un FPS di questo tipo; un po’ di creatività in più anche da questo punto di vista non avrebbe stonato.

Dusk
Non mancheranno livelli decisamente particolari…

Al di là di questo difettuccio, però, Dusk rimane un gioco che non posso fare a meno di consigliare a ogni fan degli sparatutto in prima persona, e non solo a quelli che hanno amato Doom, Quake e Duke Nukem 3D, perché può rivelarsi una bella sorpresa pure per chi non ha grande esperienza con i classici del passato. Certo, non è molto indicato a chi ricerca soprattutto una bella storia o dei personaggi memorabili, perché qui semplicemente non li troverete, per quanto la narrazione ambientale che emerge esplorando per bene i livelli e facendo attenzione ai dettagli non sia comunque malvagia e restituisca un quadro più chiaro delle vicende.

In ogni caso Dusk non vuole essere un’esperienza story-driven e si rifà invece a ben altri modelli. È un gioco intenso, adrenalinico, con meccaniche solide e divertenti, che riesce allo stesso tempo a omaggiare i classici del passato e a rievocarne le stesse sensazioni a due decenni di distanza, pur senza risultare né fuori dal tempo, né troppo derivativo. È uno dei migliori sparatutto degli ultimi anni: se apprezzate anche solo vagamente il genere, fatevi un favore e giocatelo.

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  • Stefano "Revan" Castagnola

    Si è innamorato dei giochi di ruolo esplorando la Costa della Spada tra l’Amn e Baldur’s Gate, ma non disdegna anche altri generi di avventure.

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