Iddio lo vuole… Paradox Interactive non si sa

Nel lontano diciannove ottobre gli sviluppatori della Paradox Interactive mostrarono i piani dei loro prossimi titoli durante la PDXcon di Berlino e soprattutto mostrarono un primissimo trailer di Crusader Kings 3.

In quel diciannove ottobre le luci della ribalta si spostarono da Berlino agli Stati Uniti, o precisamente sul sito Rock, Paper & Shotgun. L’articolista Nate Crowley, il quale aveva passato i primi giorni di ottobre come ospite alla sede centrale della Paradox a Stoccolma, pubblicò un articolo di introduzione a un “dev diary”: dieci punti sulle prime notizie dell’atteso CKIII.
I dieci punti furono piuttosto — e ovviamente — vaghi e per ora il prossimo capitolo di Crusader Kings 3 sembra essere più facile del predecessore e più focalizzato sullo sviluppo dei membri della propria dinastia tanto che l’autore in questo e in altri articoli lo giudica maggiormente vicino a un Gioco di Ruolo e ispirato all’atmosfera di quel successo planetario chiamato Games of Thrones.

Tra questi punti il sesto è quello che ci interessa particolarmente.

«Negli anni dalla pubblicazione di CK2, “Deus Vult” — un canto da guerra crociato dell’undicesimo secolo — è diventato un ignobile meme amato dai razzisti su internet. Ho chiesto al team community della Paradox cosa ne pensasse di ciò, e loro mi hanno risposto enfaticamente che queste parole non appariranno in Crusader Kings 3. Tutto ciò è rassicurante, ma in un gioco ambientato durante un era di conflitti feticizzata dai fascisti di oggi, questo è solo la punta dell’iceberg. Scriverò nelle prossime settimane di come la Paradox sta gestendo le sensibilità politiche del fare un gioco sulle crociate, e di come stanno gestendo la rappresentazione delle culture non europee.»

Traduzione personale – link all’originale

Apriti cielo! Giù le mani dal mio motto crociato!

In poche ore la pagina dell’articolo e quella del video del trailer di Crusader Kings III su Youtube sono inondate di commenti di ogni genere e colore; inoltre la pagina Steam di Crusader Kings 2 e quella degli altri titoli della Paradox sono inondate di recensioni negative. La classica review bombing, ovvero quello di inondare di recensioni negative un titolo con il fine di fare un danno di immagine (e di portafoglio) ai produttori. Tattica spesso fatale per i titoli prodotti da piccole case produttrici, ma fastidiosa anche per grandi case come la Paradox. Due giorni dopo deve intervenire Henrik Fahraeus con questa dichiarazione:

«Credo che questa questione sia il frutto di un fraintendimento. Noi non abbiamo ancora specificato quali termini saranno usati nel gioco a parte quelli che hanno senso in un contesto storico. Il team deciderà come qualsiasi testo entri o non entri in Crusader Kings 3 nel modo che riterrà più appropriato.» — (Traduzione personale)

Se nelle ultime righe ci sarà una piccola ricostruzione della storia di Deus vult con tirata di orecchie a una buona parte dei giornalisti videoludici e non, non ci è ancora dato saperlo; ma bisogna tener conto dell’uso recente di questo motto e della sua trasformazione in meme. Meme che all’inizio sembrava essere un qualcosa di inoffensivo usato da giocatori di CKII e da appassionati di storia medievale, ma pian piano sembra essere diventato un intercalare attribuito e fatto proprio dall’alt-right e dai movimenti neofascisti europei.

Paradox
Tutto parte da un semplice meme, poi ti ritrovi una moschea in Scozia vandalizzata e un bello striscione Deus Vult durante una manifestazione dell’estrema destra polacca (in compagnia di neofascisti nostrani).

Oltraggio e meme, storia e mito

Viviamo in tempi interessanti, dominati dall’oltraggio o dall’outrage. Qualsiasi aspetto controverso di un qualsiasi media, dall’ultimo spillato Marvel al ritorno di Half-Life, provoca un polverone e divide l’intera umanità in due tronconi: gli oltraggiati e coloro che sono oltraggiati dagli oltraggiati. Non esiste una terza via e per di più è necessario schierarsi per forza. Nel caso particolare di CKIII chiunque contestasse questa presunta scelta della Paradox diventava incredibilmente un razzista islamofobo e un fan di Trump pur vivendo nella tundra del Kazakistan; chiunque difendesse la Paradox diventava incredibilmente un censore, un nemico della libertà della parola, un sottomesso al political correct, un revisionista storico. Nessuna terza via: o suprematista bianco o nemico della libertà di parola. Basta leggere i principali siti di informazione videoludica italiani e non che riassumevano il tutto in un canonico ed esagerato Paradox contro i suprematisti bianchi.

La questione “Deus Vult” è l’espressione perfetta di questa cultura dell’oltraggio, perché una semplice articolo crea un polverone mediatico obbligando la Paradox a intervenire a chiarificare il tutto. Tuttora la questione sembra non essersi chiusa al di là delle parole di Fahraeus tra chi afferma che alcuni tweet pubblicitari della Paradox fossero addirittura dei tentativi di ingraziarsi l’universo dell’alt-right e chi continua a parlare di gioco censurato.

Un editoriale semplice, una semplice lista di dieci punti, ma che in quel sesto punto mostra alcuni aspetti della cultura dell’oltraggio. La sua conclusione, quella domanda di Crowley su come i programmatori della Paradox gestiranno la sensibilità politica e la rappresentazione delle culture non-europee, mi fa dubitare se l’editorialista statunitense abbia mai giocato almeno al secondo capitolo o sappia che l’espansione del primissimo Crusader Kings si intitolava proprio Deus Vult.

Paradox
La confezione della prima e unica espansione del primo Crusader Kings. Lontani i tempi di mille bilioni di DLCs.

Una delle critiche al secondo capitolo non era la rappresentazione delle culture non-europee, anzi le diverse culture erano ben differenziate grazie ai diversi DLCs dedicati alle potenze islamiche, all’Impero Bizantino, al Nord Europa pagano, all’India e ai popoli delle steppe; differente era l’impatto nel gioco delle diverse istituzioni di queste culture. Non c’erano molte differenze nel giocare uno regno cristiano, musulmano, bizantino o una tribù pagana, perché al di là di piccole differenze si riduceva il tutto alla classica struttura feudale tardo-medievale (cioè l’iper stereotipato vassallo, valvassore e valvassino.). Gestione della sensibilità politica, al di là del significato di tali parole, vorrebbe implicare che forse il secondo capitolo di Crusader Kings non è stato sensibile o addirittura abbia favorito la diffusione di immagini negative e discriminatorie.

Mamma non è giusto! Io non posso dire Deus Vult, ma Piersebastiano può dire Allah Akbar

Come accennato in precedenza la cultura dell’oltraggio è caratterizzata da due fronti opposti e quindi nel caso della presunta censura di Deus Vult, molti subdolamente — volgarmente con l’intento di trollare — domandavano ai sviluppatori a suon di tweets e di recensioni negative il destino del motto arabo Allah Akbar. L’altro fronte non criticò l’ipocrisia e l’ignoranza della domanda, ovvero la falsa equivalenza tra i due motti e la vile accusa di un’apologia del terrorismo islamico, ma arrivò ad affermare che Allah Akbar non fosse mai stato presente nei giochi precedenti. Cosa errata, perché il motto è presente in CKII e lo screenshot non era stato fabbricato da qualche ragazzotto con borsalino ammuffito, ma era uno degli screenshot pubblicitari della pagina di Steam dedicato al DLC Sword of Islam. Nella cultura dell’oltraggio non esiste nessuna verità: esistono due verità che allo stesso tempo sono falsità.

Paradox

Questo è proprio il colmo. Noi ci prendiamo il disturbo e la fatica di scannare tutti quanti gli indiani del West, e per che cosa? Per far nominare uno sceriffo che è più nero di qualsiasi indiano! La cosa mi deprime.

Prima dell’intervento di Fahraeus, una critica mossa alla Paradox, critica ovviamente nata dall’unica notizia disponibile in quel tempo, era l’ipocrisia nel cancellare Deus Vult in un gioco ambientato nel medioevo dove è possibile saccheggiare monasteri, fare pogrom, accecare rivali e buttare infanti da alte torri. Questa critica fa risaltare una questione piuttosto calda per quanto riguarda tutti quei videogiochi e addirittura tutti i prodotti dei media ambientati in determinati periodi storici: “accuratezza storica” o “historical accuracy”.

Quindici anni fa orgogliosamente Microsoft portava il motore di gioco di Rome: Total War nei programmi della BBC (Time Commanders), mentre oggi l’esaltare l’accuratezza storica di un gioco o al contrario criticarne la poca sono quasi-quasi giudicati come una spontanea ammissione di simpatie fasciste. Negli ultimi anni ci sono stati diversi casi di tale genere dalla polemica sulle donne generali in Total War: Rome 2 alla presenza delle donne nei campi di battaglia di Mordhau; passando per il piccolissimo DLC gratuito per EUIV dedicato alle grandi donne della storia moderna o allo scontro a suon di tweet tra uno dei creatori di Kingdom Come: Deliverance e un utente che criticava l’assenza di personaggi neri nel gioco e ovviamente a questo screenshot di Assassin’s Creed Origins.

Paradox
Il vaso attualmente conservato al British Musuem fu scoperto a Capua e raffigura due bambine che imparano la danza.

«Il team ha scelto di mostrare entrambi i generi partecipare alle lezioni all’interno del contesto del mondo di gioco. Nonostante ciò non sia storicamente accurato, il team sente che non era necessario dare priorità al sessismo storico su un gameplay inclusivo.» — (Traduzione personale)

Personalmente vorrei andare negli studi dell’Ubisoft, abbracciare uno dei programmatori e sussurrargli nell’orecchio: «Ma allora Old Nick non era in grado di saltare da torri gigantesche? ; però allo stesso tempo penso a una buona parte della popolazione statunitense non in grado di individuare gli stati sul mappamondo, convinti che Wakanda davvero esista (e non parlo di mister John Doe di Pittsburgh Nord, parlo del Ministero dell’Agricoltura statunitense). Allo stesso tempo tutto ciò fa venir la voglia di accusare gli sviluppatori di ipocrisia o di un qualche forma di washing per gonfiarsi il portafoglio, roba del tipo noi siamo woke e tu compri mio prodotto woken; dall’altra parte non si può minimizzare la difficoltà di questi produttori nel soddisfare il pubblico e soprattutto il non essere accusato di essere un qualsiasi genere di -isti.

In verità avrei altre parecchie domande in primis sullo stato dell’industria videoludica, ma anche su quello del giornalismo videoludico, perché, e mi prendo le mie responsabilità, in quell’editoriale di Rock, Paper & Shotgun la vera problematica di CKIII sembrava essere esclusivamente la sensibilità politica nella rappresentazione delle Crociate. Tutto qui? L’oltraggio porta tanti click.

Consulta wikipedia inglese mio caro articolista!

Se avete seguito la controversia, avrete letto su siti inglesi e italiani che la prima attestazione in assoluta del Deus Vult è la reazione dai parti dei presenti al sermone del pontefice Urbano II nel quale denunciava la necessità di riconquistare Gerusalemme. In verità questo è in parte errato, sebbene troviamo ciò in una cronaca della prima crociata, opera di Roberto il Monaco datata intorno al 1120. La prima attestazione di Deus Vult (differenti fonti nei manoscritti tra Deus Volt, Deus le Volt) la troviamo in un’opera di venti anni prima, Gesta Francorum et aliorum Hierosolymitanorum redatta all’incirca venti anni prima e scritta probabilmente da un anonimo membro della corte del normanno Beomondo d’Altavilla.
Siamo nel 1096. Il Gran Conte di Sicilia Ruggero d’Altavilla sta assediando Amalfi, città ancora sotto il controllo formale dell’imperatore bizantino, tra le file dell’esercito normanno di Ruggero c’è anche Beomondo.

«Dal canto suo Boemondo, possente in battaglia, stava assediando Amalfi, nei pressi del Ponte di Scafati, quando venne a sapere della sterminata moltitudine di Franchi diretta al Sepolcro del Signore e pronta a combattere i pagani. Iniziò allora a informarsi accuratamente che tipo di armi costoro portassero, quale emblema di Cristo indossassero nel cammino e quale fosse il loro grido di battaglia. Queste furono le relative risposte: “Costoro portano armi adatte al combattimento, hanno il segno della croce sulla spalla destra o in mezzo, gridano con una sola voce “Dio lo vuole, Dio lo vuole, Dio lo vuole” -. Allora, ispirato dallo Spirito Santo, Boemondo fece tagliare il suo più prezioso mantello e lo utilizzò tutto per farne delle croci. La maggior parte di coloro i quali erano impegnati nell’assedio si affrettò dunque per unirsi a lui, al punto tale che il conte Ruggero rimase quasi da solo, e una volta fatto ritorno in Sicilia si doleva e lamentava della perdita di una tale armata.»

(Gesta Francorum et aliorum Hierosolymitanorum, I, 4 — Traduzione tratta da edizione Edizioni dell’Orso a cura di Luigi Russo)
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