HOLISTICA

Uno dei campi riflessivi e a dir poco liminali quando si vuole trattare di videogiochi potrebbe essere quello eventualmente definibile della videoludica psichica. Già solo considerando le caratteristiche espressive, psicologiche e sensoriali che lo contraddistinguono – vista, udito, tatto, delocalizzazione dell’Io, desensibilizzazione e rielaborazione sensoriale – il videogioco dovrebbe essere considerato il medium di trasmissione psichica transpersonale più potente della contemporaneità.
Eppure, se ci si ferma ad analizzare la concertazione culturale sul videogioco che emerge dai blog di appassionati, dagli articoli di giornalisti di settore, dai canali video di influencer o dai portali dei siti specializzati è abbastanza improbabile sentire parlare di istanze psichiche relative agli effetti karmici del videogioco, ad esempio. Così come è altrettanto improbabile, quando viene trattata un’esperienza videoludica in realtà virtuale, ritrovarsi ad essere informati su come si potrebbero promuovere e coadiuvare la pratica e il relazionarsi con una esperienza extracorporea proprio grazie alla familiarità raggiungibile attraverso l’istanza di delocalizzazione artificiale della coscienza attuata da un visore VR.
Di karma e videogiochi, di esperienze extracorporee in VR e di mondi videoludici intesi quali modelli di coscienza analoghi a quelli sperimentati durante i sogni o nei viaggi fuori dal corpo è abbastanza raro oggi sentire trattare in modo diffuso e generale, ma le potenziali riflessioni alle quali tali prospettive culturali potrebbero dare adito restano molto intriganti.

DI KARMA E DI VIDEOGIOCHI, AD ESEMPIO

Con l’espressione “karma videoludico” non ci si riferisce all’allineamento morale dei personaggi dei videogiochi – solitamente declinato in buono, neutrale, cattivo – ma a ciò che, secondo la dottrina del karma, comporta la conseguenza di un atto (mettiamo un’aggressione fisica, verbale o mentale) che non tende a dissiparsi nel vuoto, bensì avrà prima o poi il suo contraccolpo, poiché non appena verranno a crearsi le condizioni favorevoli il relativo effetto si manifesterà. Nel chiedersi però se gli atti compiuti all’interno di videogiochi – cioè di ambienti di realtà elettronica generati da software programmati da esseri umani – abbiano conseguenze trascendenti gli stessi, la questione solleva interrogativi tra i più vari.

Perché si videogioca?
Di quale azione, volizione o inclinazione morale è conseguenza il ritrovarsi in un determinato momento della propria vita a videogiocare e ad essere sensibili a determinati videogiochi e generi videoludici piuttosto che altri?
Ciò che videogiochiamo è semplicemente una conseguenza del marketing promozionale e del nostro adattamento all’attuale offerta del mercato?
Ma perché nel mercato dominano certi generi piuttosto che altri?
Perché ad un certo punto della propria vita alcuni esseri umani smettono di provare interesse per i videogiochi mentre altri continuano a frequentarli come mossi da volizioni difficili da contrastare?

Chiamando in causa il “karma videoludico” non parliamo quindi della risonanza del videogiocatore con un dato mondo immaginario del videogioco atto ad appagare e sublimare psicologicamente desideri rimossi o fantastici, bensì del chiedersi se l’identificazione emotiva, i legami psichici che vengono stabiliti con la dimensione virtuale dei videogiochi possano fungere da catarsi per il videogiocatore “bruciando” repressioni, emozioni bloccate, e in definitiva, karma accumulato. Ciò comporterebbe la questione opposta, ovvero se l’identificazione emotiva con quanto si compie nelle situazioni virtuali generi karma che conduce a fronteggiare situazioni di vita, nella realtà fisica materiale, qualitativamente assimilabili a quelle virtuali da cui derivano.

holistica videoludica psichica


Facciamo un esempio.
Dove conduce l’identificazione emotiva col personaggio di Ellie in The Last of Us Parte II (Naughty Dog, 2020)? I videogiocatori restano psichicamente confinati solo nell’ambito videoludico, e quindi il legame emotivo stabilito con tale personaggio spingerà banalmente solo a desiderare di giocare ulteriori avventure digitali della sua vicenda “umana”? Oppure si viene condotti verso situazioni di vita fisica e culturale in qualche modo correlate a quanto emotivamente vissuto in ambito digitale? Da un punto di vista psichico, di cosa ci si fa carico interagendo e identificandosi emotivamente con personaggi artificiali che affrontano la rappresentazione di certe situazioni e argomenti? Palpitando all’interno di specifiche dinamiche, è davvero considerabile solo un’entità finzionale, il personaggio di Ellie in The Last of Us Parte II? Nell’interagire con un videogioco che invita a scoprire – così come recita la sua quarta di copertina – le “devastanti ripercussioni fisiche ed emotive delle azioni” della protagonista di gioco, non ci si dovrebbe anche chiedere cosa implicano queste azioni-volizioni-inclinazioni traslate nella dimensione karmica del videogiocatore?

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Parliamo dunque della possibilità di traslazioni karmiche, di istanze psichiche che dal videogioco quale realtà immateriale si riversano nella vita fisica materiale. Parliamo di ipotetici videogiocatori che, partecipando emotivamente agli spunti forniti dall’ambito videoludico, si ritrovano nella zona d’azione di una spirale che avvolge e risucchia come un imbuto. Parliamo di una relazione – attraverso interazione e coinvolgimento emotivo – che si stabilisce tra videogiocatore e videogiocato sempre più interessata dal punto di vista karmico, al punto che la persona che interagisce e vive il videogioco finisce per percepire un dato avvenimento videoludico – mettiamo gli elementi di violenza, vendetta e omosessualità presenti in The Last of Us Parte II – quale istanza della propria vita su cui dovrà confrontarsi.

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A quel punto, considerando un tale scenario psichico, l’attenzione del videogiocatore incomincia a lavorare in modo selettivo: ovunque capitano sotto i suoi occhi notizie, fatti di cronaca, contesti correlati agli eventi videoludici sentiti emotivamente vicini, giocati. Parliamo di un’attenzione che non si riferisce solo alla polarizzazione informativa promossa dalle testate specializzate in videogiochi alla ricerca di click e visibilità – anche questa eventualmente rientrante in un karma dell’informazione, collettivo e culturale – ma nei pensieri, nei discorsi privati, nelle situazioni di vita personali all’infuori dai contesti videoludici.
Per una sorta di risonanza con l’emissione informativa del videogioco il videogiocatore si ritrova sempre più vicino a certe linee degli avvenimenti videoludici giocati, ma non più come agente esterno, bensì come diretto partecipante. Parliamo quindi di un’istanza videoludica e al contempo strettamente psichica, agente e operativa, che apre scenari di riflessione ancora da esplorare.

SULLA REALTÀ VIRTUALE, AD ESEMPIO

E ancora, la realtà virtuale. Una tecnologia che seppur concettualmente datata nella sua formulazione risulta inesplorata riguardo le sue odierne applicazioni videoludiche relativamente alle conseguenze dei suoi possibili effetti psichici – oltre che sensoriali – sull’essere umano.
Similmente alle possibili relazioni tra videogiochi e karma dei videogiocatori, è abbastanza improbabile ad esempio sentire oggi trattare di come il videogiocare in realtà virtuale, generando nell’utente familiarità con gli stati di delocalizzazione artificiale della coscienza che tale tecnologia promuove, possa avere effetti anche sulla eventuale capacità di controllo del proprio corpo psichico in una condizione di proiezione astrale (vedi, di nuovo, le Esperienze extracorporee).
Eppure, se si considerassero le esperienze di gioco in VR quali “palestre” di delocalizzazione artificiale della coscienza con possibilità di risonanza oltre il mero videogioco, non sarebbe poi così azzardato giungere all’ipotesi che esercitarsi col videogioco in VR, familiarizzare cioè con la condizione extracorporea artificiale nella quale pone l’utente possa equivalere ad affrontare un percorso di pratica personale in grado di attivare alcune delle risorse di controllo multidimensionale di cui la psiche umana sembra naturalmente disporre durante gli stati di coscienza fuori dal corpo (incluso quello post-mortem, vedi NDE – Near Death Experience, o esperienze ai confini della morte). Inutile aggiungere come le possibilità di ricerca ed esplorazione di tali campi culturali siano estremamente vaste.

holistica videoludica psichica

Quel che è certo è che nel momento in cui ci si sposta sul campo della critica videoludica è facilissimo constatare la naturalezza con la quale vengono ignorate molte delle possibili riflessioni multidisciplinari attorno all’esperienza del videogioco in VR. Nel momento di trattare di videogiochi che fanno uso di tale tecnologia, l’assenza di una conoscenza esperienziale che sappia muoversi oltre i pregiudizi dati dalle possibili argomentazioni di natura materialistico-scientifica, unita alla scarsa familiarità con la grammatica e le conoscenze formalizzate provenienti dalla letteratura e degli studi sulla ricerca psichica rendono molto improbabile l’espansione culturale del dicibile attorno al videogioco in VR.
Eppure sarebbe estremamente interessante se diversi ambiti culturali – quello videoludico e quello psichico, in questo caso – potessero entrare in relazione dialettica gettando uno sguardo oltre il recinto prettamente tecnoludico, giungendo a trattare delle possibili implicazioni connesse alle eventuali pratiche trasformative di chi fa utilizzo della tecnologia VR.

holistica videoludica psichica


Un possibile lavoro culturale da farsi potrebbe essere ad esempio quello di iniziare a pensare ai videogiochi in VR disponibili sul mercato non solo con un senso di affastellamento commerciale, cioè sfornati e piazzati nei negozi – digitali o meno – per abbracciare l’ampia e sfaccettata gamma dei gusti personali dei giocatori, bensì di ripensarli/realizzarli quali esperienze e possibilità di delocalizzazione extracorporea artificiale, rappresentando, oltre che una scelta di ambienti di intrattenimento disponibili per il divertimento dei videogiocatori, anche una selezione di esperienze trascendenti gli stati disponibili nell’ordinaria condizione analogica sensoriale (quella cioè dell’esperienza del mondo senza un visore VR in testa).
Per essere più chiari, immaginare la realtà virtuale come una “occupazione” qualitativa degli stati reali di percezione della realtà capace di produrre nella coscienza istanze ed effetti metafisici, sensoriali e culturali ancora da definirsi, ma di certo già ricchi per essere analizzati e speculati.
Di nuovo, parliamo di una questione di sensibilità culturale che interessa la ricerca psichica in particolare, ma che sarebbe molto interessante, quando si parla di videoludica, sentire trattare.

IL PROGETTO LUDENZ

holistica ludenz

Analizzare il videogioco includendo (anche) le prospettive psichiche summenzionate può apparire inusuale, a tratti azzardato, eppure dovrebbe essere importante coinvolgere, tra le varie ipotesi speculative, un sapere che attinge a tradizioni, dottrine, ricerche e pratiche non (ancora?) strettamente accostate allo stesso videogioco. Parliamo della possibilità di accogliere positivamente ogni eventualità di riflessione ed estensione teoretica che espanda il dicibile e il pensabile quando si tratta di giochi elettronici e dell’esperienza del videogiocare. Questo perché è indubbio come l’attraversamento, l’esperienza data dal passaggio attraverso un videogioco produce effetti in un essere umano non solo riguardo – banalmente – all’eventuale attribuzione di senso connessa a quanto viene giocato, ma anche rispetto alle influenze che si possono vivere all’intersezione tra diversi campi disciplinari. Detto altrimenti, moltissime altre potrebbero essere le possibilità di teorizzazione e di ricerca critica sul medium videoludico rispetto a quelle più divulgate.
Nella prospettiva di questa videoludica psichica il ludus digitale supera naturalmente il suo essere considerato un mezzo neutrale di disimpegno e di puro intrattenimento per costituirsi – oltre che uno strumento di espressione ideologica, artistica e culturale – anche come una dimora dimensionale della coscienza che influisce su diversi ambiti umani ancora da esplorare.
È stato partendo da tale prospettiva che, similmente ad un ponte fatto di ipotesi, interrogativi e connessioni possibili tra l’ambito psichico e quello esperienziale del videogioco, il progetto editoriale indipendente Ludenz si è scoperto nel tempo interessato a elaborare, fra i vari possibili temi di game culture, anche riflessioni tese a delineare una possibile natura psichica del videogioco.


Attraverso una rivista cartacea autoprodotta che presenta contenuti convergenti con i suoi canali online, uno degli obiettivi di Ludenz è infatti quello di introdurre una prospettiva culturale ampia, riflessiva e creativa dei videogiochi e del videogiocare. Non una guida per gli acquisti composta da anteprime, notizie, analisi critiche di videogiochi o pubblicità di sorta, bensì un ambito di game culture pronto a considerare i videogiochi quali processi esistenziali caratterizzati da un impatto concreto sul vivere umano.
Nel proporsi di mirare all’analisi di ciò che accade all’uomo passando psichicamente attraverso il videogioco, ai suoi effetti e a come ne potrebbe venire trasformato, diverse sono le esplorazioni di questioni aperte presenti nei volumi di Ludenz: dalle connessioni psichiche tra la mente degli sviluppatori e quella dei videogiocatori, e affrontando temi come l’agire morale nei videogiochi di guerra e le relative conseguenze metafisiche su chi li gioca, con Ludenz ciò che è pertinente ai videogiochi passa attraverso temi, concetti e dottrine che vedono il videogioco non tanto come un medium d’affezione, segnato cioè da un forte investimento emotivo da parte dei suoi appassionati, bensì come un campo di riferimento e riflessione su particolari aspetti esistenziali che spesso trascendono lo stesso videogioco.
L’obiettivo culturale è quello di attestare come le attenzioni per i possibili effetti negativi correlati al videogioco – vedi le dipendenze patologiche, le relazioni tra comportamenti imitativi e violenza simulata, le dinamiche tossiche dell’industria videoludica e le questioni connesse alle rappresentazioni, alle questioni di genere, alle politiche identitarie e all’inclusività – possono convivere con le esperienze di vita psichica e di pensiero dei videogiocatori per dialogare in modi che gli stessi – appassionati, ricercatori, giornalisti, sviluppatori, game artist – possano a loro volta riflettere sulla propria esperienza col medium videoludico in modo ancora più abbracciante, attribuendovi una rilevanza culturale intima e personale, per certi versi esistenziale.
Perché considerare il videogioco anche attraverso la sua convivenza con ambiti del sapere connessi ai campi della fisica quantistica, degli interrogativi sulla coscienza e della psicologia transpersonale comporta riflessioni speculative sull’essere umano in grado di integrare temi e coesistere in modo sereno anche con il lavoro culturale che solitamente viene effettuato di contrasto alle posizioni generaliste, allarmiste e sensazionalistiche che degradano una concertazione culturale seria e matura sul videogioco e il videogiocare.

In definitiva, nel considerare anche l’ipotesi di una videoludica psichica non si tratta di rinnovare o di rimpiazzare un vecchio modo di fare cultura del videogioco, quanto di espandere lo stesso con una visione più umana, inclusiva, olistica e abbracciante.
L’intento è evolutivo, trasformativo e, come sempre, culturale.

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  • Luigi Marrone

    Cofondatore di Ludenz, un progetto editoriale indipendente di cultura del videogioco che si prefigge di fornire analisi e pratiche creative sul mondo dei videogiochi e sulle contaminazioni esistenziali tra il videogiocatore e gli universi digitali. Autore di saggi, videoanalisi e performance di Video Game Art, la sua ricerca critica sul medium videoludico si focalizza sulle intersezioni fra simulazione e rappresentazione, psichico e virtuale, analogico e digitale. Considera il videogioco - oltre che un mezzo di espressione ideologica, artistica e culturale - una dimora dimensionale della coscienza.

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