GDR: la definizione che non c’è

A cosa servono le etichette di genere? Real Time Strategy, Puzzle Game, e così via? Nei videogiochi non c’è un metodo rigoroso alla base di questi termini né uno studio formale attorno a essi, solitamente si tratta di semplici convenzioni nate spontaneamente per indicare i punti chiave dell’opera in questione, ufficializzate poi per consenso e uso popolare. Parole utili a impostare velocemente una comune base d’intesa, per far capire al volo che il tal titolo “assomiglia proprio a…”

“Il Gioco di Ruolo è un videogioco in cui:
• il giocatore procede spinto da stimoli del successo (attraverso il superamento delle sfide offerte dal gioco) e da stimoli narrativi (attraverso il messaggio del gioco e degli eventi in esso narrati o già avvenuti)
• gli ostacoli reagiscono alle azioni del giocatore attraverso reazioni pseudocasuali o immediate
• il personaggio viene controllato attraverso input diretti, cioè le azioni del giocatore agiscono direttamente sull’avatar
In short, SN-Rci-Id. Fattore differenziante rispetto ad altri giochi della stessa classe: nel gioco di ruolo il mondo di gioco si plasma attorno alle azioni del giocatore mostrando chiaramente l’influenza del giocatore nell’avanzamento dell’avventura.”

Damaso Scibetta,
redattore di Frequenza Critica e IGN Italia,
la soluzione a questo rebus nella sua Tassonomia dei videogiochi.

In gran parte dei casi va benissimo così, ci si avvale di cliché e conoscenze comuni per arrivare dritti al punto, specificando eventuali dettagli in separata sede. Magari a volte indichiamo con lo stesso genere prodotti estremamente diversi, ma poco importa, ci si capisce, e poi in fondo non è una questione così rilevante. C’è però un caso dove per molti la faccenda si fa importante, importantissima: i Giochi di Ruolo. Qui l’etichetta si trasforma nel significato e nello scopo, quasi assurgendo a titolo onorifico, scatenando infiniti dibattiti tra gli appassionati nel cercare di capire non solo quali videogiochi fanno parte dei GDR, ma pure cosa è un GDR.

Questo scritto non tenta di dare l’ennesima risposta personale a quest’ultimo punto. Proverà ad analizzare invece il perché c’è tanto interesse quanta confusione e ricchezza d’opinioni attorno all’argomento, quali stimoli alimentano tale dibattito tra i più sentiti del mondo videoludico. A parlare attraverso esempi concreti, lasciamo spazio ai pareri di game designer e appassionati, per apprezzare alcuni dei punti d’arrivo di questa discussione di vecchia data e osservare dove le idee si congiungono o divergono.

“I think the ability to make personality choices through my character that influence the outcome of things in the world is the only requirement for a game to be an RPG. I don’t think that the character I play needs to be one invented by me, nor that item collection, stat screens, combat style, or the presence of a lot of dialogue make a game an RPG. Using this definition, I’ve never shipped a game with strong RPG elements.”1https://rpgcodex.net/content.php?id=127i

Josh Sawyer,
ai tempi di questa dichiarazione lead designer di
Icewind Dale II e Neverwinter Nights 2.

Cosa porta a chiedersi cosa sia un Gioco di Ruolo? Un fattore scatenante è l’ambiguità della sigla GDR stessa. Il primo impatto di fronte a una categorizzazione è il suo nome, che dovrebbe racchiudere il nocciolo della questione sintetizzandolo al massimo, oltre a creare una prima immagine mentale nel fruitore. “Sparatutto in Prima Persona” è una definizione che ci fornisce già un sacco di informazioni precise e non troppo equivocabili, anche in caso non avessimo mai toccato un FPS. In questo caso il nome di genere, composto dall’unione di termini da prendere alla lettera, ci informa già su interazioni, obiettivi e interfaccia cui andremo incontro. Oppure, un genere può identificarsi nel titolo di uno o più capostipiti caratteristici imitati a oltranza: “Rogue-like”, “Metroidvania”. Anche questo metodo di definizione propone un’immagine che sarà poi declinata caso per caso in diverse salse, ma con un’ossatura difficilmente fraintendibile.

“Gioco di Ruolo” non ricade in nessuna delle due tipologie sopracitate. “Un gioco dove i giocatori assumono il ruolo di uno o più personaggi” è quanto potremmo dedurre da un’interpretazione letterale, ma è una traccia assai generica. Superficialmente, qualsiasi videogioco ci chiede d’interpretare un ruolo, che sia quello di un soldato americano, un eroico draghetto o un comune pilota d’autoarticolati. Non c’è nemmeno un chiaro modello storico da imitare, dato che fin dai primissimi titoli che sfoggiano questa sigla si può osservare una certa varietà di design, obiettivi e contenuti, evolutisi in ancora più filosofie di sviluppo moderne assai divergenti sia tra loro che rispetto al passato. Tra Wizardry: Proving Grounds of the Mad Overlord (1981), puro dungeon crawler dove non c’è praticamente nient’altro che la gestione del party e i combattimenti in un unico grande labirinto, e Disco Elysium (2019), viaggio testuale d’introspezione attorno un’indagine per omicidio, c’è una distanza abissale. Ma Wizardry è lontano anche da Ultima (sempre 1981) col suo open world in cui vagare alla ricerca di artefatti magici, che trascura la ricreazione rigorosa dei classici lanci di dado per imbastire un mondo di fantasia più vasto e completo.

“First, an RPG should always include some kind of character creation system, to let the player choose what kind of character to play. Second, I think RPG’s should be about choice, and that choice should matter in some way. The player should be able to decide how to play their character and the game should react to that choice in some way. NPC’s should change their behavior, or vendors should change their prices, or the storyline should change and the game should offer a different ending.”2https://www.gamedeveloper.com/disciplines/unmasking-the-gamers-tim-cain-industry-veteran-programmer-and-original-creator-of-fallout

Tim Cain,
co-creatore di Fallout, project leader di Arcanum: Of Steamworks and Magick Obscura, co-director di The Outer Worlds

The Outer Worlds, la satira fatta gdr
The Outer Worlds – 2020

Il mio Gioco di Ruolo

L’aspetto più superficiale del termine GDR e le sue origini virtuali non ci rendono vita facile, ma quello non era che un primo passo. Andando più a fondo alle parole “Gioco di Ruolo” tramite un percorso di riflessione e analisi, oltre che di confronto con esperienze quali i GDR da tavolo o dal vivo, ognuno può dedurre la propria definizione personale. Già, non unica, perché nemmeno fuori dal medium virtuale troviamo una singola e chiara descrizione di cos’è il GDR. Può essere attività d’apprendimento e simulazione, magari in ambito scolastico, per immergere in un contesto nuovo ai partecipanti. O interpretazioni in costume all’interno di rievocazioni storiche o fantastiche. Ma il primo impulso, soprattutto per noi videogiocatori, è pensare a Dungeon & Dragons… ma pure questo specifico gioco da tavolo è un riferimento volatile: nelle prime versioni regolamenta con dovizia di particolari e in modo molto meccanico cosa è un personaggio e come può interagire con vari ostacoli, mentre resta molto più vago su tutta l’impalcatura di immaginazione e interpretazione caratteriale che tanto si associa al lancio dei dadi a venti facce. Per molte persone le prime sessioni saranno state un concentrato di combattimenti, tiri salvezza e minuti spesi a rimuginare sulla scheda personaggio, con compagni proni al power-playing prima di tutto. È solo col tempo e con altri titoli come Vampiri: la Masquerade che i GDR da tavolo introducono nei manuali indicazioni e supporti pratici all’interpretazione, contribuendo a delineare un modo di giocare già diffuso ma che ognuno viveva a modo suo.

“FUME, in short, is my method for measuring the quality of character development a game is going to give me, character development being the feature I care the most about in a RPG.
The F in FUME stands for the Freedom of character development available.
Next up is the U, whichstands for the Universe in which you develop your character.
The M then stands for the Motivation that is given to you to develop your character.
Finally, E stands for the quality of the Enemies against which you can develop your character.”
3http://www.lar.net/2013/10/28/fume/

Swen Vincke,
director della serie Divinity e di Baldur’s Gate III

Tenendo quindi a mente quest’assenza di definizioni rigorose anche in altri ambienti, spero di non contrariare troppe persone dicendo che l’immagine più comune e concisa di cosa è un GDR fuori dal mondo videoludico oggi è: interpretare un personaggio, nelle azioni e nel carattere, attraverso lo strumento della fantasia. A direzionarci c’è (solitamente) un Game Master, che controlla la narrazione in cui siamo inseriti e che contribuiamo a costruire, e delle meccaniche che definiscono in modo più o meno preciso le azioni possibili al nostro avatar. Non è una definizione esaustiva né universale – per raggiungere qualcosa del genere dovremmo scrivere un altro articolo a parte, con ogni probabilità senza comunque riuscire a concludere granché – ma tornando a noi, a chi si arrovella sulla definizione del genere videoludico GDR, è possibile che ciò che egli va cercando sia proprio quel succo, un’interpretazione caratterizzata dalla stessa libertà e reattività che la fantasia di più persone possono creare. Statistiche e meccaniche possono avere un peso nel costruire lo spettro di scelte percorribili, ma per molti non sono affatto necessarie.

“There are no levels or dice in the real world – those were simply the best simulation tools available to tabletop RPG creators in the stone age of game design. Today, in the world of electronic games, we have better, more expressive tools for determining whether a door gets smashed or an NPC responds well to a conversation with a charismatic PC. Always remember that RPG’s should be defined by ‘role’ not ‘roll’.”4https://crpgbook.wordpress.com/2014/09/25/warren-spector-interview

Warren Spector,
director di Deus Ex, ha contribuito anche a Ultima Underworld, System Shock, e Thief: The Dark Project

System Shock, da molti considerato un gdr
System Shock – 1994

Come dicevamo, il concetto di una libertà così estesa e disparata fa sì che ognuno crei la sua personale idea di GDR e ne ricerchi l’implementazione in ambito virtuale propendendo per diverse modalità. Creazione del personaggio, specializzazione, dialoghi, moralità, esplorazione, fazione d’appartenenza, influenza sulla narrazione, impatto sul conteso: tanti ambiti dove si può ottenere quel respiro d’indipendenza e risposte adeguate in grado di farci sentire all’interno di un gioco che andiamo plasmando noi stessi.

Questo approccio in cui prima di tutto si ragiona su cosa dovrebbe essere il GDR, senza prendere in considerazione i videogiochi stessi, ha un’interessante conseguenza: quando poi si vanno ad analizzare i vari prodotti virtuali, non tutti quelli che possiedono la scritta GDR sulla confezione aderiscono alla definizione scelta. Qui c’è chi si ferma, tira una bella riga e afferma senza timore che no, quelli non sono GDR, con buona pace di tutti quelli che l’etichetta di genere gliel’hanno assegnata e riconosciuta. Li si cataloga come prime iterazioni acerbe e incomplete, per motivi d’immaturità o limiti tecnici. Oppure come travisamenti della vera anima del GDR, sacrificata per concentrarsi ad esempio sul singolo aspetto delle meccaniche accessorie. O ancora come forzature di un mercato che tende a storpiare e semplificare sistemi complessi per catturare la più vasta porzione di pubblico possibile, comprese persone che non si sono mai soffermate granché sulla definizione di GDR. Quale che sia la giustificazione, sempre che la si voglia dare, sta di fatto che la ricerca di significato del genere è arrivata a negare l’uso comune stesso di tale categorizzazione.

“Diablo is a great challenge reward cycle game. On the other hand, Thief or Ultima are role-playing… where you are charged with playing an actual role and qualitative aspects of how you play are every bit as important as what equipment you use.”5https://www.gamedeveloper.com/business/richard-garriott-s-next-journey

Richard Garriott,
padre di Akalabeth: World of Doom e della saga Ultima

GDR per approssimazione

Altre persone preferiscono compiere il percorso inverso, cioè accettare l’utilizzo pratico e la categorizzazione proposta dall’industria e dal comune sentire nel raccogliere le opere appartenenti ai GDR per poi ricavare dall’analisi di questi titoli un fil rouge nel loro design: sarà quello l’essenza del Gioco di Ruolo, almeno per quanto riguarda i videogiochi – spesso modificando quindi l’acronimo in CRPG: Computer Role Playing Game. Un’operazione più pulita e centrata sul medium specifico, senza troppe libere interpretazioni… almeno sulla carta. Nei fatti si scontra di nuovo con l’incredibile diversità dei GDR di ieri e oggi e la difficoltà nel tracciare tratti comuni rilevanti. Si passa dalla scissione tra avatar e giocatore a sistemi action in tutto e per tutto, da narrative ricche di biforcazioni a intrecci fissi, da free roaming ad aree sequenziali e prestabilite, ecc. L’ultima spiaggia è la ricchezza di dadi e statistiche, che effettivamente accomuna moltissime di queste produzioni, ma è una distinzione che molti trovano troppo limitata, se non addirittura svilente.

“But what an RPG means to a consumer?”
“Stats.”
6https://www.youtube.com/watch?v=0-yl5diQv3Q

Josh Sawyer,
la sua lapidaria risposta ha fatto scoppiare a ridere la sala che ospitava il Pax Panels 2015: Classic CRPGs

Si insinua nel discorso anche la grande diffusione di tali meccaniche nei generi più disparati: i classici “elementi GDR” aggiungono un gradito tocco simulativo, di crescita e di potere decisionale in mano al giocatore e stanno bene con tutto, rendendo ancora più complicato individuare la soglia che separa un GDR fatto e finito da un gioco che ne sfrutta solo alcune caratteristiche.

La definizione di GDR di Chris Avellone
Chris Avellone, lead designer di Planescape: Torment e Alpha Procotol,
offre questo specchietto ironico (ma non troppo) come definizione di GDR7https://rpgcodex.net/content.php?id=125

Fallendo nello scovare un minimo comune denominatore, il risultato di questa definizione è spesso quindi una sorta di spettro intangibile: i CRPG sono un gran calderone di design differenti, di cui si può stilare un elenco di caratteristiche importanti ma nessuna necessaria e sufficiente. Creazione personaggio, dialoghi a scelta, level up, missioni e sottomissioni, ramificazioni narrative, stat-check, l’alea dei dadi e tante altre. Di volta in volta, basta che ne siano presenti in numero e complessità variabile tale per cui sommandone i contributi si oltrepassa un valore minimo non ben precisato ed ecco che voilà, nasce il GDR. Un’alchimia astratta fatta di statistiche, libertà e illustri precedenti da prendere come esempio.

“The conclusion of this thread seems to be that there is no such thing as an RPG, only a collection of RPG elements.”8https://rpgcodex.net/forums/threads/the-greater-general-codex-theory-of-what-is-an-rpg.106544/

La ciclica discussione ‘What is an RPG?’ sul forum RPG Codex

La guerra santa

Nel Gioco di Ruolo da tavolo un concetto centrale è quello del Teatro della Mente, cioè la proiezione immaginaria di quanto la partita sta generando: se i giocatori non riescono a sincronizzare i loro teatri, a vedere le scene narrate allo stesso modo, è inevitabile che prima o poi compaia un’incongruenza che farà cadere il castello di fantasia costruito. Ironicamente, proprio la sigla GDR crea teatri del tutto disarmonizzati tra i videogiocatori.

“Baldur’s Gate non è un gioco di ruolo. Baldur’s Gate affianca ad uno straordinario senso di libertà spaziale ed esplorativa, un combat system in cui la componente tattica può efficacemente esplodere sopra il coacervo di numeri e dadi: qui il giocatore ha il suo compito principe. Baldur’s Gate è una partita di scacchi su una scacchiera molto grande.”9https://it.ign.com/forum/threads/langolo-del-gdr.7751/post-1165860

Lorenzo “GOV” Sabatino,
redattore di Frequenza Critica

Baldur's Gate, pietra miliare dei gdr
Baldur’s Gate – 1998

I percorsi logici esposti sopra sono solo degli esempi cui si affiancano tante altre scuole di pensiero, generate di volta in volta dalle esperienze pregresse, la sensibilità e le inclinazioni delle persone interessate. C’è chi ha sperimentato solo certi tipi di GDR e ne ha una visione parziale, chi prova a suddividerli in una moltitudine di sottogeneri distinti, chi cerca la riproduzione della sessione attorno al tavolo dei propri amici, chi passa tutto il tempo a menare le mani, e via dicendo. È difficile dialogare, chiarirsi o istruire, perché nessuno di questi gruppi ha alle spalle un codice universale a legittimarlo sopra gli altri. Ci si può imbattere tanto nel giocatore di Vampiri di vecchia data, restio ad accettare nella definizione le tendenze dell’industria virtuale, quanto in un neofita che alza il sopracciglio quando gli si dice che Diablo III non è un GDR mentre publisher, stampa specializzata e classifiche globali affermano il contrario.

“For the purposes of this list, we defined an RPG as a game that includes:
• Persistent character progression (including player-exposed stats)
• Combat that is a significant part of the experience
• Choices and consequences
• Story
• Exploration
• Character building and customization”
10https://www.ign.com/lists/top-100-rpgs/

IGN.com,
presentando la sua “Top 100 RPGs of All Time”

In un contesto di tale confusione e anarchia il confronto scade con una facilità disarmante nel vero e proprio conflitto. C’è bisogno ogni volta di chiarire ed elaborare la propria posizione, sfociando col tempo nel logoramento di tutti gli interlocutori. Anche mettendo sul tavolo una grande ricchezza d’argomenti è raro che qualcuno si smuova dalle proprie convinzioni, anzi tenterà con sempre più forza di soverchiare quelle altrui. Questo probabilmente proprio perché quella definizione che abbiamo in testa non l’abbiamo letta su un’enciclopedia, non esiste nulla di così comodo e assoluto, è invece il frutto di una nostra intima riflessione e analisi. È quindi inconscio farne una propria bandiera e sentirsi toccati sul personale se viene attaccata.

“RPGs are the most poorly defined genre in gaming… RPGs have a million subgenres and any time you really try to drill down on one of those subgenres, there’s an exception for every single one of them. The best way I can define an RPG is just BIG. Like they have to be sizeable in some way you expect in terms of systems, of content, of length… the expectations for those are always just BIG. It is a poor descriptor, but…”11https://www.youtube.com/watch?v=0-yl5diQv3Q

Annie VanderMeer Mitsoda,
ha lavorato a Neverwinter Nights 2 e Alpha Protocol,
designer di Dead State

Dead State, gdr in cui si affronta un'apocalisse zombie
Dead State – 2014

I GDR sono anche giochi su cui si spendono decine o centinaia di ore, proiettandovi parte del nostro io attraverso l’interpretazione e sviluppando quindi un’ovvia affezione che si sovrappone alla nostra idea su di essi. Getta benzina sul fuoco anche la smisurata ambizione del concetto di GDR, che si pone obiettivi a dir poco grandiosi come “farti essere chiunque tu voglia” o “vivere un mondo virtuale completo”. Come accennato inizialmente, questo fa sì che rientrare tra i GDR sia per molti considerato non solo una catalogazione, ma anche un attestato di qualità, un porsi al di sopra di una più umile concorrenza. Vedere un gioco cui siamo legati escluso dalla classificazione diventa perciò un’onta difficile da digerire. Ragionando così si finisce talvolta ad applicare l’etichetta spostando il giudizio sulla qualità dei punti chiave individuati, anziché accontentarsi della loro presenza. “The Elder Scrolls IV: Oblivion ha le caratteristiche del GDR, ma le implementa davvero male, quindi non è un GDR”. Immagino sappiate che reazioni possono scatenare affermazioni come questa.

“Un CRPG è un videogioco che cerca di trasporre un certo numero di meccaniche ludiche che avvengono tra i giocatori e tra giocatore-master nei GDR cartacei.”

Chronos,
appassionato di GDR

L’assenza di forma dei GDR non ha però solo lati negativi, anzi è proprio questa loro natura effimera ad appassionare. Come testimonia il gran numero di citazioni allegate a questo articolo – e ne ho dovute scartare tante altre per motivi di spazio – la domanda “cosa è un GDR?” assilla giocatori e autori, sempre pronti a cercare nuove opinioni o a esporre la loro: per ognuno degli innumerevoli battibecchi generati c’è un dibattito interessante a controbilanciare. La definizione di GDR non è solo un’etichetta, è diventata un ideale, una virtù irraggiungibile sia da noi che dai videogiochi stessi, che possono seguirne i dogmi il più possibile ma senza mai rispecchiarla appieno qualunque sia il significato che gli diamo. Quella sigla è il Sacro Graal dei generi videoludici, e noi i crociati pronti a partire alla sua ricerca e protezione. Non fraintendete: non si sta dicendo che i GDR sono giochi superiori agli altri per natura. Piuttosto, forse sono quelli che più sanno scatenare un sentimento romantico in noi e per questo, in un certo senso, ci battiamo per essi. Sarà perché in ogni personaggio che creiamo e interpretiamo lasciamo un pezzetto di cuore?

“That to me is the essence of an RPG. We can make you make illogical decisions based upon your emotions.”12https://www.rockpapershotgun.com/brian-fargo-torment-wasteland-interview

Brian Fargo,
director di Wasteland, designer di The Bard’s Tale,
executive producer di Fallout e Torment: Tides of Numenera

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