Frequenza Critica racconta: CD Projekt

Ci siamo! Dopo un’attesa infinita, il momento in cui potremo mettere la mani su Cyberpunk 2077 è quasi arrivato (stavolta per davvero). Un titolo che solo grazie a un teaser, un vecchio brand da gioco da tavolo e una software house sulla cresta dell’onda è stato capace di catalizzare un’attenzione pazzesca. Per riuscire a guadagnare una posizione del genere si potrebbe pensare che CD Projekt abbia una storia lunga e solida nel mondo del game design, ma in realtà è relativamente giovane. Eppure il suo percorso è stato così ripido da farla arrivare nel 2015 a pubblicare quel colosso di The Witcher 3 e imporsi come una delle aziende più amate e di successo del settore.

All’origine non era niente più di una piccola società dedita alla distribuzione di giochi in Polonia, paese d’origine dei fondatori e che negli anni ’90 bramava quelle meraviglie videoludiche diffuse in paesi più fortunati. Nasce così, fornendo traduzioni e iniziando a tessere rapporti che in futuro si sarebbero rivelati preziosi. In particolare, dopo aver tradotto i due Baldur’s Gate, ottenne da Interplay l’incarico di una conversione PC dello spin-off per console Dark Alliance. Questo progetto venne cancellato, ma CD Projekt non cestinò del tutto il lavoro svolto: convinta a voler intraprendere la strada del game development riciclò le competenze acquisite e iniziò lo sviluppo del suo primo gioco, ovvero The Witcher.

Un po’ come Dark Alliance, inizialmente doveva trattarsi di un action RPG con visuale dall’alto, basato su un personaggio generico e più votato ai combattimenti che non a una storia appassionante. Quanto andava creandosi riuscì a destare l’interesse di BioWare, che al momento concedeva a CD Projekt la licenza del suo motore grafico Aurora Engine, al punto da invitare i polacchi a mostrarne un prototipo sul palco dell’E3 2004 e farsi conoscere.

L’idea del gioco e il budget a disposizione cambiarono strada facendo, il personaggio di Geralt divenne protagonista e con lui l’enfasi sull’aspetto narrativo. Per fortuna, aggiungerei, dato che anche nella versione finale i combattimenti sono decisamente una delle parti meno riuscite del titolo. Sfruttare invece a fondo il mondo fantasy creato dallo scrittore Andrzej Sapkowski fu una mossa vincente: non solo CD Projekt si assicurò i fan polacchi della saga come base di vendita, ma riuscì a enfatizzarne i tratti migliori e trasmettere al mondo il messaggio che il loro fantasy sarebbe stato diverso, maturo, migliore. Promesse in parte mantenute, altre volte un po’ esagerate, ma di sicuro un prodotto del genere dopo un’inflazione videoludica di simil Forgotten Realms e maghi dai cappelli a punta era quel che ci voleva.

Altro punto di forza di The Witcher fu una gestione di scelte e conseguenze concreta e di forte incidenza sulla partita. Una cosa non inedita tra i GDR, ma che i polacchi seppero presentare in maniera così d’impatto da farla percepire come unica e rivoluzionaria. Nel corso della partita infatti le solite opzioni di dialogo talvolta non produrranno nessuna reazione immediata ma mostreranno i loro effetti dopo qualche ora, con tanto di un breve stacco riflessivo di Geralt che ripercorrerà i passi che hanno portato a questa conclusione. La distanza temporale tra causa ed effetto e il sottolineare quali azioni sono state registrate dal gioco rendono l’effetto farfalla estremamente memorabile, laddove invece se applicato dietro le quinte potrebbe addirittura non essere notato dal giocatore fino a una seconda partita.

CD Projekt

Dopo uno sviluppo ben più lungo del previsto, nel 2007 avviene il lancio di The Witcher, che grazie alle caratteristiche sopracitate viene accolto da un successo anche superiore al previsto piazzando un milione di copie nel primo anno di vita. Il primo a non prevedere un tale risultato fu il padre di Geralt stesso, Sapkowski, che preferì cedere i diritti sulla sua opera in cambio di un compenso una tantum anziché accettare una percentuale sui ricavi. Decisione di cui si è poi pentito amaramente, e che dopo alcuni anni lo porterà a chiedere un cospicuo risarcimento a CD Projekt.

Assaporata questa prima vittoria su PC, i polacchi tentano subito il passo successivo: sbarcare su console. Inizia così lo sviluppo di Rise of the White Wolf, una riedizione di The Witcher prevista per Xbox 360 e PlayStation 3. Stavolta però le cose non vanno come sperato e la compagnia si ritrova costretta a cancellare il progetto a causa di gravi difficoltà. Questo non giova alle finanze dell’azienda, che annulla anche un altro gioco in sviluppo, ovvero lo sparatutto in prima persona They. Tutte le risorse del team si concentrano sul prossimo obiettivo, ovvero il seguito dell’avventura di Geralt.

Ma nel frattempo CD Projekt non s’è dedicata solo alla produzione di videogiochi, attività riservata alla divisione CD Projekt RED nello specifico. Fedele alle sue radici, nel 2008 lancia la piattaforma GOG.com, negozio digitale di videogiochi dedicato a vecchie glorie rese compatibili coi sistemi operativi moderni (Good Old Games). Un servizio di nicchia, ma decisamente apprezzato.

CD Projekt

Torniamo a The Witcher 2: pubblicato nel 2011, su PC e un anno dopo pure su Xbox 360, è un altro grande successo. Il salto qualitativo rispetto al precedente episodio è incredibile, mettendo in mostra un aspetto tecnico ed estetico che a colpo d’occhio non sfigura anche se confrontato con giochi dal budget ben superiore, grazie al nuovo motore proprietario REDengine. Ancora una volta CD Projekt ha fatto le sue magie, mischiando effettive competenze e grande acume nella presentazione e comunicazione. La grafica di tutto rispetto ad esempio è aiutata da aree non molto estese e infarcite da ostacoli che mantengono ridotta la profondità visiva… ma quando è tutto confezionato così bene, è facile chiudere un occhio su questi trucchetti.

Se il primo The Witcher era un gioco molto fedele alla sua fonte d’ispirazione, quindi grezzo, cupo, “brutto”, col seguito si nota la voglia degli autori di estendersi al di fuori degli appassionati di GDR e puntare a un pubblico più ampio ed eterogeneo. I colori virano su toni accesi e saturi, Geralt diventa un fustacchione, il gameplay abbandona le velleità old school e simulative per avvicinarsi a un action fatto e finito, compaiono QTE per offrire uccisioni spettacolari. Un cambio di passo netto, non apprezzato completamente da tutti, ma il risultato è così buono che è difficile trovare veri detrattori.

CD Projekt

Il gioco è anche protagonista di un singolare scontro attorno al suo sistema di protezione contro la pirateria. La versione PC subiva infatti un rilevante peggioramento delle prestazioni a causa del DRM utilizzato e così CD Projekt eliminò totalmente questa protezione con una patch.

“Our goal is to make our fans and customers happy and to reward them for buying our game, and DRM schemes do not support our philosophy as they might create obstacles for users of legally-bought copies. Our approach to countering piracy is to incorporate superior value in the legal version.”

Questo però generò contrasti con Bandai Namco, publisher dell’edizione fisica per PC e che avrebbe dovuto avere l’ultima parola a riguardo. Inizia forse qui l’aura di azienda dalla parte dei consumatori di CD Projekt, che già stava “viziando” i giocatori con generosi contenuti nell’edizione fisica del gioco, DLC distribuiti gratuitamente a cadenza regolare lungo le prime settimane dalla pubblicazione e ovviamente l’assenza di DRM già applicata ai prodotti in vendita su GOG. Genuina passione o strategia calcolata? In ogni caso, per i giocatori è un trattamento veramente gradito. Così nobile che di contrasto rende quasi comico ciò che accadde di lì a poco: in qualche modo la compagnia tracciò gli indirizzi IP dei possessori di copie pirata del gioco in Germania, multando ognuno di loro fino a 1200 dollari. Schizofrenia?

A questo punto CD Projekt è anche diventata un vero e proprio simbolo d’orgoglio e crescita dell’intera Polonia, entrando nelle grazie del governo al punto che il primo ministro Donald Tusk donò una copia di The Witcher 2 al presidente Obama durante un incontro. Questo rapporto con l’amministrazione nazionale fornirà probabilmente una spinta finanziaria non indifferente e capace di permettere una crescita vertiginosa all’azienda, che negli anni saprà anche attingere avidamente dai fondi europei.

Anche GOG.com subisce un’evoluzione: assieme a The Witcher 2 iniziano ad arrivare altri giochi moderni come Alan Wake e Assassin’s Creed, facendolo uscire dalla sua nicchia e trasformandolo in un vero e proprio negozio digitale con diverse delle ultime uscite. L’acronimo del nome viene cancellato, pur conservando un occhio di riguardo verso le vecchie glorie del passato e l’assenza di qualsiasi DRM.

È a questo punto che, più di sette anni fa, facciamo la conoscenza di Cyberpunk 2077. Il seguente breve filmato è sufficiente a generare un interesse immenso attorno al titolo. Forse troppo, forse CD Projekt voleva solo tastare il terreno per un progetto minore e s’è ritrovata con una montagna di aspettative sulle sue spalle, cosa che ha causato la sua scomparsa dai radar fino a che il team non ha capito realmente che direzione e che dimensione dare al titolo. Ma queste sono solo speculazioni.

Dopo qualche mese avviene comunque un altro annuncio assolutamente in grado di mettere il mondo sull’attenti: The Witcher 3 sta arrivando. Che il titolo fosse in cantiere era un po’ il segreto di Pulcinella, mentre decisamente inaspettata era la scelta di tramutarlo in nientemeno che un open world.

Ancora una volta CD Projekt ambisce a espandersi oltremisura, a stravolgere la sua formula di gioco. C’è il rischio concreto faccia il passo più lungo della gamba, schiacciata dalla sua stessa ambizione e rincorsa ai guadagni e ai trend di successo; eppure ancora una volta non solo cade in piedi, ma fa il jackpot, con sei milioni di copie vendute nelle prime sei settimane. Geralt è ormai sulla bocca di tutti, un fenomeno mondiale, che negli anni successivi finirà ospite in SoulCalibur VI, rilancerà prepotentemente la diffusione dei romanzi di Sapkowski, spingerà Netflix a produrne un serial. Nell’arco di soli tre giochi CD Projekt non solo è arrivata tra i grandi dell’industria e a potersi permettere un prodotto dal costo complessivo di 81 milioni di dollari, ma il suo witcher è un vero e proprio fenomeno di culto.

Come in precedenza, il segreto di CD Projekt sta nella presentazione, nel distrarre il giocatore con movimenti veloci e qualcosa di colorato mentre l’altra mano nasconde i compromessi. L’open world di The Witcher 3 è enorme e ricco di cose da fare, trainato da una narrativa dalla qualità fuori dal normale per giochi di questo genere. Trascura un’esplorazione strutturata, elimina quasi del tutto i classici dungeon, offre missioni dallo scheletro poco elaborato e ripetuto, ma sono sacrifici che passano facilmente in secondo piano di fronte alla maestosità di Novigrad o alla struggente storia del Barone Sanguinario.

CD Projekt

L’azienda prosegue anche nel rafforzare la sua immagine di realtà appassionata e vicina ai giocatori: solita assenza di DRM, semplici DLC gratuiti, contenuti a pagamento che sono vere e proprie espansioni da diverse ore, retaggio di un’altra generazione di videogiochi. Nasce anche GOG Connect, ovvero la possibilità di riscattare gratuitamente una chiave di certi giochi del catalogo polacco se si è in possesso dello stesso titolo sul concorrente Steam.

Questa sensibilità per l’etica non sembra però applicarsi alle condizioni dei propri dipendenti. Con la fama emergono anche diverse testimonianze di sviluppatori spinti a ritmi di lavoro inumani e un’organizzazione interna non certo ottimale, scenario che si sta ripresentando anche con Cyberpunk 2077. Non una novità nel campo videoludico, ma non per questo giustificabile.

Da quanto percepito dall’esterno lo sviluppo di Cyberpunk 2077 non è certo andato liscio come l’olio infatti. I tanti anni fermo in pre-produzione, le pochissime dichiarazioni, la prima alpha mostrata alla stampa — e poi al pubblico a causa delle insistenti richieste di notizie — in gran parte cestinata… non sembra che i polacchi avessero le idee chiarissime. Confusione che poi ha portato a numerosi rinvii della data di pubblicazione.

La reticenza a mostrare il gioco per tanto tempo è probabilmente anche dovuta alle polemiche nate attorno al primo gameplay trailer di The Witcher 3 del 2013, quando il progetto era ancora in alto mare. Quanto mostrato si trattava di uno spaccato creato appositamente a scopo pubblicitario e fin troppo impressionante nella grafica e quando il gioco finale si dimostrò ben inferiore, pur facendo la sua porca figura, il pubblico non la prese bene. Con Cyberpunk hanno preferito andare con i piedi di piombo (e un gameplay estratto dalle versioni console dobbiamo ancora vederlo).

Ah, quasi dimenticavo: mentre proseguivano i lavori sul nuovo GDR, CD Projekt ha trovato un altro modo per sfruttare il brand The Witcher, ovvero il Gwent. Nato come minigioco all’interno di The Witcher 3, piacque così tanto al pubblico che ne derivò un prodotto indipendente dove scontrarsi online con altri giocatori, cavalcando l’onda dei card game free-to-play.

CD Projekt

Pur presentandosi con una veste grafica accattivante, supportato da eventi e avvalendosi di influencer non indifferenti, come Lifecoach “rubato” dritto dritto da Hearthstone, il gioco non decollò come sperato. I polacchi avevano fatto tante cose giuste, ma non la più importante: un bel gioco. Quello che risultava un piacevole svago single player tra una missione e l’altra non funzionava affatto bene scalando una classifica competitiva.

Le cose andarono così male che a un certo punto il team di sviluppo ammise il fallimento e chiuse momentaneamente i server, in attesa di un corposo redesign del gioco. La versione finale e migliorata venne poi distribuita nel 2018 sulle principali console, nel 2019 su iOS e nel 2020 su Android, ma senza generare un gran seguito.

Trova invece una sua dimensione quella che inizialmente doveva essere una modalità campagna integrata in Gwent, ma che poi ne prende le distanze diventando un gioco a tutto tondo, ovvero Thronebreaker: The Witcher Tales. Una semplice avventura single player, supportata dalla solita ottima scrittura CD Projekt e vari bivi narrativi, dove i combattimenti sono di fatto partite di una versione ad hoc di Gwent. Tornando alle sue origini, stavolta il gioco di carte intrattiene a dovere, inserendosi in un prodotto umile ma interessante per chi vuole respirare un altro po’ l’atmosfera del mondo di Geralt e soci.

CD Projekt

Direi che è tutto riguardo all’incredibile ascesa di CD Projekt, una compagnia terribilmente ambiziosa e che ha puntato sempre più in alto e a una platea sempre più ampia, ma riuscendo nella non facile impresa di rincorrere i guadagni senza banalizzare i suoi prodotti. Non ci resta che aspettare qualche settimana per verificare se Cyberpunk 2077 sarà il loro prossimo successo.

Leggi altri articoli da questa penna

Iscriviti alla nostra newsletter

Per aggiornamenti sulla nostra attività e consigli su contenuti di valore.
Niente spam, promesso!