Cosa non funziona: Final Fantasy VII Remake – Parte 1

Un problema di semantica

Non sono un grande fan di remake e reboot, questo è giusto chiarirlo subito. Subisco particolarmente concetti come “modernizzazione” di storie e strutture di gameplay nate in altri anni, da altre menti, con altri obiettivi. Non penso nemmeno che sia fattualmente possibile fare un remake che catturi l’essenza dell’originale, a meno che non si proceda con il metodo frame by frame adattato ai videogiochi, ossia un mero aggiornamento grafico, aggiungendo livelli di dettagli a personaggi e ambientazioni, ma mantenendo intatto tutto il resto. Ma posso ben comprendere che da lato sviluppatore sia un approccio noioso. In realtà c’è pure un problema sul mettersi d’accordo su cosa significa la parola “remake”. Questa parola e le situazioni che vi ruotano attorno vanno a toccare vari temi, da quello della preservazione digitale a quello della componente artistica, fino anche all’intendere la parola in modo diverso persino tra colleghi. Perché siamo nella situazione in cui tale parola può definire in ugual modo questo gioco, i remake di Resident Evil, quelli di Bluepoint. Sostanzialmente ogni rifacimento dal passato, indipendentemente che questo voglia essere 1:1 con solo ammodernamento grafico/tecnico oppure una reinvenzione totale o una via di mezzo oggi cade sotto il termine di “remake”, con solo la parola “remaster” a fare da porto sicuro, che invece indica solo una re-texturizzazione o minimi aggiornamenti grafici.

Nei miei prossimi due articoli purtroppo sarò abbastanza negativo, al punto che forse avrei preferito non scrivere alcune cose, ma mi avrebbe ferito ancora di più fare finta di aver apprezzato in pieno Final Fantasy VII Remake.

Final Fantasy VII Remake - Cloud - Barret - combattimento - robot - spada e mitra
L’amore e il dettaglio con il quale ogni singolo nemico è stato modernizzato, dal più iconico a quello che andava giù con due attacchi, è da profondo rispetto.

Ma prima pigliamoci un caffè bello lungo mentre spiego da dove viene la mia prospettiva: per quanto concerne i remake sono decisamente sulla linea conservatrice rispetto a quella rivoluzionaria. Però mi considero anche abbastanza flessibile, purché il gioco sia ancora riconducibile al genere in cui si incasellò all’inizio e che la narrativa vada a toccare gli stessi punti chiave. Va benissimo che poi sia scritta diversamente. Per chiarire la differenza, il riassunto velocissimo è che la narrativa è il “cosa” una storia mostra, la scrittura è il “come”.

Posso accettare di buon grado aggiunte chirurgiche come quelle operate da Resident Evil Rebirth: ha quasi ogni contenuto dell’originale, più un buon volume di aree aggiuntive e una storyline secondaria che supporta la vicenda, facendo anche chiarezza sulla storia della magione, senza interferire con nessun evento stabilito nell’originale. L’introduzione è reinterpretata ma porta allo stesso punto, alcuni corridoi e stanze sono stati mischiati, ma portano agli stessi puzzle e boss fight. I finali multipli e il modo di ottenerli sono ancora lì.

Posso solo fare silenzio quando l’autore dell’originale arriva decenni dopo con un Oddworld: Soulstorm dicendomi che quella era l’idea vera, messa da parte illo tempore a causa di tempi stretti e budget limitato. In questo caso subentra una questione tecnologica, che ha obbligato il gioco originale a fare un compromesso dietro l’altro pur di uscire in una qualche forma.

Final Fantasy VII Remake - Midgar - città - notturna - vista dall'alto
Midgar è certamente una delle città più iconiche di tutto il mondo dei videogiochi. Per anni milioni di fan hanno desiderato poter vedere di più su questo posto.

Mi inchino a Tomb Raider Anniversary, che trova un punto d’incontro tra la visione classica della serie e una giocabilità più fluida e moderna. Questo gioco è per me la punta di diamante che definisce la parola “remake”, il mio risultato più desiderabile. I punti cardine della narrazione sono ancora tutti lì, i livelli sono ancora quasi tutti lì, in generale quasi tutto ha risposto all’appello, compresa la mano di Mida e l’effetto surreale di una Lara che si aggira per l’Himalaya in pantaloncini e maglietta. In più il nuovo sistema di movimento inaugurato da Legend trova qui la sua maturazione ed è bellissimo esplorare le enormi, silenti sale con le capacità atletiche della celebre cacciatrice di tesori, equipaggiata di poche, ben misurate mosse chiave in più.

Ora, io con Final Fantasy VII ho un debito: fu il gioco che ampliò a dismisura il mio vocabolario inglese quando ancora non avevo gli strumenti linguistici per capire i dialoghi, né quelli umanistici per capire cosa diavolo stesse succedendo nella storia. Immaginate il piccolo nerd di 8 anni affascinato da un oggetto misterioso con il dizionario inglese-italiano di fianco, traducendo parola per parola tentando di districarsi in quel mondo così affascinante e così solo parzialmente comprensibile ed eccomi lì. Sì, ho un legame affettivo con questo gioco. Eppure sì, fino a un certo momento stavo amando anche il remake.

“Si vabè, fino al finale, chiaro, sei di quella squadra.” No, caro immaginario lettore. Cioè, certo, ho gradito davvero pochissimo l’espediente narrativo usato nel famigerato capitolo 18 e ne parleremo. Credetemi.

Però il mio distacco è iniziato prima. È successo poco dopo il Wall Market. Da lì in poi iniziò una spirale di disincanto, che è poi culminata in una drastica conclusione: penso che questo gioco valga di più della somma delle sue parti e che sia un buon prodotto. Però:

  • penso che sia un gioco con più presentazione che sostanza.
  • penso sia una brutta chiusura all’eredità di FFVII.
Final Fantasy VII Remake - Cloud - Reno - duello - parata
Sento già elettricità nell’aria.

Un problema di aspettative

Final Fantasy VII è un classico. Anche mettersi d’accordo su cosa vogliamo dire con questa parola è una bella sfida, ma per semplicità facciamo che un classico è qualcosa che è rimasto nella cultura popolare. Una produzione che è uscita nel suo momento più adatto, facendo le cose giuste e saldandosi nei cuori di numerosi fruitori. Ed ecco che cambiare diventa una mossa delicata, si rischia di non farsi riconoscere. Cambi un dettaglio di qui, un tratto di personalità di là, le modifiche si intersecano tra di loro e prima di accorgercene abbiamo un’altra cosa. È il caso di Final Fantasy VII Remake? Per buona parte no. Finché, beh, finché il gioco non decide di sì.

Per buona parte del suo percorso promozionale il gioco è inconfondibile. I trailer con le atmosfere di Midgar sono fantastici e al netto di momenti palesemente nuovi, sanno perfettamente quali corde toccare. Avversari iconici, momenti indimenticabili, quella musica.

La demo proponeva uno dei momenti più iconici della storia dei videogiochi, la famosa missione al reattore. La colonna sonora è lì, la telecamera dall’alto cha va poi a focalizzarsi sul treno è ancora lì, il ritmo è ancora lì. Dove per ritmo intendiamo la velocità della storia, la proporzione tra i momenti di azione e quelli di calma per permettere alle emozioni e all’adrenalina di venire processati. Ecco, il primo capitolo del gioco ha lo stesso esatto pacing dell’originale. Non inventa nessun personaggio o elemento narrativo nuovo, bensì capitalizza su quanto già esistente per aggiungere elementi in quel contesto. Qualche linea di dialogo tra Jessie, Wedge e Biggs che ci fa notare subito che sono amici nella vita, prima che colleghi in questa rischiosa missione. Sistemi di sicurezza in più che rimarcano l’intrusione in un’area interdetta ai civili. Tutti i nemici, compresi i vecchi mostri da scontri casuali liquidabili con un attacco sono stati rifatti con tutta la gloria del potenziale tecnologico odierno. Una boss fight dinamica che fa brillare il combat system e che, ancora una volta, ci fa stare ben attenti quando il robottone alza la coda.

Il primo capitolo è esattamente ciò che avrei fatto io in un remake e ci vedo dietro la stessa mentalità conservativa con miglioramenti che non vanno a disturbare quanto stabilito prima.

Final Fantasy VII Remake - gameplay - combattimento - Cloud - 2 guardie
Come nell’originale i primi avversari che affrontiamo sono una barzelletta contro Cloud e la Buster Sword. Però ci provano per davvero.

Il secondo già invece introduce una situazione che lì per lì mi lasciò perplesso, ma che comunque in un primo momento accettai. Ma di nuovo, ci torneremo sopra. Ciò che volevo sottolineare è che sebbene il trailer d’annuncio con la voce narrante invitava ad accogliere “whatever it brings”, tutta la fase promozionale di Final Fantasy VII Remake sapeva bene dove andare a toccare i ricordi. Nei successivi trailer, nella box art, nel ritmo della demo.

Un problema di gameplay

La novità che salta all’occhio subito e che ha invece messo d’accordo un po’ tutti è il combat system. Diciamolo, da quando Final Fantasy si è divorziata dal classico combattimento a turni, non ha mai davvero trovato una quadra e il sistema full action pieno di automatismi di FFXV ha alzato più di un sopracciglio. Qui però sembra che si sia trovato un buon compromesso tra la voglia di spettacolarizzare e i momenti di quick thinking tipici dell’ATB (Active Time Battle) originale. Fondamentalmente abbiamo un action semplificato nel quale ogni personaggio ha il suo stile di combattimento, più la pausa tattica che è una fase in cui rallentiamo il tempo per qualche istante per decidere sulle magie e dare una rapida occhiata a come sono distribuiti i compagni sul terreno di scontro. Quest’ultimo è un fattore che da un intero nuovo significato alle magie aggressive: non più soltanto attacchi elementali che intervengono su punti deboli, ma anche il posizionamento dell’avversario e degli alleati avranno la loro influenza. L’unico problema è che i compagni spesso non si rivelano autosufficienti nell’utilizzare il loro pieno potenziale, preferendo attaccare prevalentemente a testa bassa anche quando invece avrebbe più senso battere in ritirata o curare, ma è qualcosa che si può risolvere facilmente in futuro ripristinando il sistema di Gambit provato da Final Fantasy XII.

In questo senso il sistema di gioco impara le migliori lezioni dal passato senza rinunciare alle vibrazioni full action dei Final Fantasy contemporanei. Proprio nei riguardi del XV però, c’è un altro fattore che ho trovato invece regressivo, quello dell’esplorazione.

Dilatare il progetto di remake in più uscite (scelta che approfondiremo tra poco) avrebbe in teoria permesso di vedere più parti di Midgar e con maggiore dettaglio, ma alla prova dei fatti non è che dentro queste nuove aree ci si possa fare granché. Al netto di nuove boss fight che esaltano il nuovo sistema di combattimento, molte delle aggiunte riguardano quest secondarie dimenticabili in quella che è fondamentalmente un’alternanza corridoio-arena-corridoio con qualche sporadico puzzle esplorativo che consiste nell’attivare leve e pulsanti. E in tutto questo non si può saltare, cosa molto dissonante visto cosa Cloud dimostra di saper fare nelle cutscenes. Lo scenario è insomma bellissimo, ma poco interattivo e poco esplorabile ed è un peccato visto il potenziale che FFXV aveva cominciato ad aprire. Chiaramente non pretendo che Cloud possa teletrasportarsi come Noctis, né sarebbe stato particolarmente interessante poter saltare da una baracca all’altra nei bassifondi. Però proprio in virtù di quanto succede nelle fasi finali del gioco e di cosa vediamo i nostri personaggi fare è curioso passare così tanto tempo in spazi così angusti, talvolta con i classici momenti in cui camminare accovacciati o schiacciati a una parete per accedere a una nuova area.

Le ambientazioni sono uno spettacolo da vedere. La navigazione e l’esplorazione, però, rimangono basilari e poco interessanti

Le ambientazioni sono uno spettacolo da vedere e abbiamo effettivamente modo di visitare nuove parti di Midgar, di farci un’idea migliore di come vivono le persone laggiù, sentire in parte le conseguenze delle azioni dei nostri personaggi. Però la navigazione rimane basilare. In un paio di sezioni assumiamo il controllo degli altri personaggi, ma la mentalità di fondo rimane classica nel suo procedere per minimappe aperte con quest secondarie fatte per dare un po’ di spazio per livellare e provare le varie abilità. Quando invece si sarebbe potuto sfruttare la diversità dei personaggi per differenziarli anche dal punto di vista dell’esplorazione. Stabilito che Cloud è bravo a saltare, che Barret può colpire cose a distanza, che Tifa è atletica e che Aerith ha una certa sintonia con la natura si sarebbero potuto creare più situazioni ad utilizzo esclusivo di uno dei personaggi. Ci sono, ma sono poche e raramente danno quella punta di caratterizzazione in più ai vari dungeon. Va escluso positivamente dal discorso il DLC di Yuffie, che è un voluminoso capitolo cucito su misura per lei.

Final Fantasy VII Remake - Yuffie - Materia - primo piano - costume moguri
Non più personaggi interamente opzionali, Yuffie e con ogni probabilità anche Vincent entreranno nella storia a gamba tesa.

Un problema di tempistiche

Final Fantasy VII Remake è stato atteso a lungo. Potremmo dire che questa storia è iniziata 11 anni fa, quando nei vari trailer che mostravano il potenziale di PS3 abbiamo avuto un assaggio di quanto poteva essere possibile. Poi ci furono gli anni di silenzio e infine il trailer menzionato poc’anzi, e arrivato nel 2015. Da qui in poi Final Fantasy VII fu a buon merito tra i giochi più attesi in assoluto e persino la notizia che il gioco sarebbe stato diviso in capitoli fu accettata abbastanza positivamente. Certo, ci furono comprensibili preoccupazioni date dal fatto che non era chiaro in quante parti sarebbe stato diviso, ma la buona notizia era che questo avrebbe dato maggiore spazio per aggiungere contenuti, per rendere il mondo di gioco più dettagliato, per creare la versione definitiva dell’universo di FFVII senza colli di bottiglia e briglie. Ha funzionato? Penso sia presto per rispondere a questa domanda, ma il feedback che sento di dare adesso è: no, non penso sia stata una buona idea.

Se immagino un remake che non aggiunge una singola linea di dialogo, nessuna nuova location, ma adatta soltanto lo standard grafico e di esplorazione ai capitoli moderni non penso che ne sarebbe risultato un gioco molto più esteso di un FFXV compreso dei suoi DLC. Se si voleva aggiungere qualche contenuto e fare una prima parte e seconda parte va bene, si tagliava la prima sappiamo-tutti-dove e adesso sperabilmente staremmo già giocando la conclusione. Quello che abbiamo è invece un’uscita divisa in 3(?) parti, la cui prima è uscita nel 2020, la seconda arriverà alla fine di quest’anno e la terza(?) chissà, se i tempi sono questi si potrebbe arrivare facilmente al 2026. Considerato quanto il finale del primo ha frammentato la fanbase, quante discussioni non sempre tranquille ha generato, la domanda che mi rimane è: saremo ancora interessati al finale di questa storia, quando arriverà?

Final Fantasy VII Remake - chiesa - fiori - calma - luce dalle finestre
Aspettavo questo remake con una certa fretta. Ora aspetto la seconda parte con una calma che mi auguro davvero non diventi noia.

Ci vedremo nel prossimo futuro con pensieri a ruota libera sulla parta narrativa di Final Fantasy VII Remake, sia vista in confronto all’originale sia come “reimmaginazione”, che è un termine che accetto meglio nei riguardi di questo progetto. Quello che posso augurarmi per il futuro è che ci sia maggiore chiarezza comunicativa in fase di promozione sul tipo di remake con cui avremo a che fare una volta messe le mani sul gioco. Perché passare da attendere tutti assieme trepidanti il giorno dell’uscita a discutere su cosa è o non è il gioco di turno è sinceramente frustrante. Penso che nella maggior parte dei casi si possa evitare se sono gli sviluppatori a dire dal principio cosa vogliono proporre e se dal lato giocatori riuscissimo a dare una definizione univoca ai vari approcci di remake.

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