Quando il nostro Damaso mi ha chiesto se me la sentivo di scrivere un pezzo sul mercato degli indie inizialmente ho declinato. Poi però ci ho ripensato, perché siamo sulla soglia di un cambio generazionale e di cose nella generazione che si sta concludendo ne sono successe, perciò ho deciso di provare a fare un po’ il riepilogo di cosa è cambiato e cosa sta cambiando in questa fetta di mercato che si è fatta via via sempre più importante. Come punto di partenza ho deciso di riferirmi al periodo a posteriori più logico, ovvero l’anno 2013; capirete presto perché.

2013, Parte 1: il cambio generazionale console
Il primo punto è quello più ovvio: l’anno 2013 è stato quello del cambio generazionale dalle vecchie console a quelle (ormai non più) attuali. La generazione precedente era stata quella dell’esplosione delle produzioni indipendenti, in particolare su Xbox 360, grazie a titoli come Braid, Limbo e Super Meat Boy. Questi si ritagliarono visibilità grazie a uno spazio dedicato in cui i giochi venivano lanciati con la dicitura distintiva di “Live Arcade”, avevano i loro “slot” di pubblicazione (le uscite erano fissate settimanalmente per il mercoledì) e rientravano in scontistiche e promozioni dedicate, come la storica Summer of Arcade. Sony presto copiò le idee su PlayStation, e con questa impostazione si arrivò fino alla fine della generazione.
Il passaggio da Xbox 360/PS3 a Xbox One/PS4 fu cruciale, perché su Xbox il marchio dei Live Arcade venne messo da parte e gli store vennero unificati sia sulla piattaforma Microsoft che su PlayStation (come già avveniva su PC), mettendo di fatto sullo stesso piano i titoli più piccoli con quelli più grossi. Questo fu un passaggio significativo per le produzioni indipendenti, perché permise ai progetti sviluppati nel corso degli anni di assumere dimensioni e prezzi diversi a seconda del tipo di sviluppo e dei fondi a disposizione. Ciò permise il ritorno di quelle produzioni “medie” che nel corso degli anni erano andate a scomparire dagli scaffali, digitali e non. Su console, inoltre, i produttori hardware non avevano smesso di promuovere questo tipo di produzioni grazie ad appositi “partner program” chiamati ID@Xbox, PlayStation Indies Initiative e Nintendo Nindies, che permevano agli sviluppatori di accedere più facilmente a tool di sviluppo e supporto per la pubblicazione dei proprio giochi su console o quantomeno di ottenere degli spazi pubblicitari.

2013, Parte 2: l’ascesa PC
Il 2013 è stato un anno importante per il mercato indie anche sul fronte PC, principalmente per due eventi chiave: il primo è l’esplosione del fenomeno Kickstarter, asceso all’attenzione del grande pubblico grazie al progetto Double Fine Adventure di Tim Schafer — quello che in seguito diventerà Broken Age — , che otterrà un successo strepitoso spingendo così altri sviluppatori a tentare la sorte attraverso la medesima strada; il secondo è quello di Greenlight, sistema interno di Steam tramite cui gli utenti potevano votare i progetti secondo loro meritevoli di finire sullo store anche senza il supporto di un publisher, cosa che invece fino ad allora non era stata possibile. Non mi dilungherò su Greenlight, che rimase un progetto controverso — magari potrei farci una sorta di post mortem in futuro per il fastidio dei miei colleghi, chissà — ma vi basti sapere che la sua esistenza ha portato a una serie crescente di ondate di titoli promossi su Steam fino al 2017, anno in cui Valve decise di chiudere Greenlight e sostituirlo con Steam Direct, che è il sistema di autopubblicazione tutt’oggi in vigore.
Questi eventi incrociati diedero vita a un trend in cui gli sviluppatori lanciavano contemporaneamente le campagne di Greenlight e Kickstarter, che finivano per alimentarsi a vicenda. C’era inoltre la possibilità di tenersi aperta una finestra sull’opzione di poter effettuare una conversione del gioco anche su console tramite i soldi degli stretch goal (ovvero i traguardi aggiuntivi addizionali ottenibili raggiungendo determinate soglie di finanziamento successive al traguardo base della campagna). Tutto ciò andava poi a ricollegarsi al nascente mercato degli indie scatolati, a cui qualche tempo fa ho dedicato uno speciale.
La situazione attuale
Come in ogni caso in cui si assiste a una crescita rapida, arriva inevitabilmente il momento in cui questa raggiunge il picco, e mi sento di dire che probabilmente in questi ultimi anni ci stiamo pericolosamente avvicinando alla saturazione del mercato. Vi faccio un esempio:
In questo video di un paio di mesi fa l’autore del canale ha fatto una selezione di 10 di titoli indie in uscita nell’arco dell’anno che secondo lui sono da tenere d’occhio e il video è la parte uno… di cinque. Certo, magari non tutti i giochi proposti si riveleranno bellissimi — o magari non usciranno effettivamente nel 2021 — , ma sicuramente ci saranno anche delle sorprese nell’arco dell’anno e/o dei titoli interessanti non ancora annunciati. Se ci limitiamo a prendere in considerazione i titoli del video come base di partenza abbiamo a disposizione una cinquantina di giochi da tenere d’occhio, il che vuol dire che giocandone ipoteticamente uno a settimana si sarebbe impegnati praticamente per l’anno intero. Fatico a pensare che di fronte al sovraffollamento degli store gli sviluppatori possano pensare di far spiccare il proprio progetto senza investire pesantamente in marketing… e a quel punto forse si farebbe prima a tornare sotto l’ala di un publisher.
Il mercato oggi è fatto di una buona varietà di prodotti che coprono grossomodo ogni grandezza di produzione e di fascia di prezzo. Per l’utente finale la situazione è sicuramente rosea, ma per gli sviluppatori, specialmente quelli più piccoli, sostenere il peso della concorrenza può essere veramente arduo, perché l’offerta è diventata davvero tanta. I proprietari degli store online hanno cercato di ovviare con soluzioni come le sezioni “chi ha acquistato questo articolo ha acquistato anche” o funzioni come tag ed “elenchi scoperte”, ma in generale nella maggior parte degli store online la confusione regna ancora abbastanza sovrana e scovare nuovi giochi interessanti potrebbe non essere così facile (Store Nintendo, mi sto riferendo in primis a te).

Un ulteriore problema è relativo alla percezione del pubblico e al valore che questo è disposto a dare a suddetta tipologia di titoli. I giochi scaricabili oggi non sono più in grado di fare le vendite di 5–10 anni fa, ci sono ancora i “campioni” che sbancano ma nella maggior parte dei casi i titoli minori fanno numeri davvero risibili. Uno dei motivi principali, oltre ai già citati problemi di sovraffollamento e visibilità, è la diffusione negli ultimi anni delle formule di abbonamento — vedasi Gold e Plus, ma anche Game Pass e simili— , motivo per cui la gente tende a voler pagare (e comprare) sempre meno; quando il giocatore vede titoli che non hanno alle spalle budget giganti tende a ragionare nell’ottica “è un gioco da Plus” o “vabbè, me lo gioco quando esce su Game Pass”. Del resto gli abbonamenti già forniscono una lista di arretrati in perenne espansione, per cui i giocatori stessi non è che abbiano tutto questo bisogno di comprare immediatamente il gioco nuovo di turno, a meno che non lo stiano davvero aspettando. Bisogna specificare che gli sviluppatori dei giochi che finiscono in quel tipo di offerte ricevono solitamente una sorta di “compenso per le mancate vendite” che permette loro di non avere contraccolpi dal punto di vista economico, ma potrebbe comunque rimanere un problema sulla lunga distanza.
Arrivati a questo punto non possiamo che restare sulla porta a vedere come si evolverà la situazione nei prossimi anni.
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