Davey Wreden: il fascino della decostruzione

Avviso ai lettori: questo articolo contiene spoiler su The Stanley Parable e The Beginner’s Guide, oltre che spoiler parziali su Deus Ex (2000).

Siamo così abituati alle strutture e alle convenzioni da non renderci neanche conto di esserci dentro. Quando in un gioco ci viene indicato uno specifico corso d’azione siamo condizionati a seguirlo senza farci domande, senza provare a disobbedire. In fondo sappiamo che nella maggior parte dei casi questo servirebbe solo a rompere l’immersione, ponendoci davanti ai paletti del codice, sbattendoci in faccia la sottintesa realtà: il nostro agire nel videogioco è limitato e, per certi versi, predeterminato dalle specifiche azioni già previste. “Un uomo sceglie, uno schiavo obbedisce”, per citare un certo gioco che nel 2007 aveva illustrato perfettamente questo punto attraverso un brillante meta-commentario sul rapporto tra illusione di scelta e controllo nella narrazione interattiva. Noi giocatori, neanche a dirlo, siamo gli schiavi.

Chiaramente è un discorso che risulta più facile applicare a giochi “lineari”, ma sarebbe ingenuo pensare che non si applichi altrove, e nulla lo dimostra meglio di The Stanley Parable. Per chi non lo sapesse (ma non dovreste star leggendo, compratelo e giocatelo, sciò!), The Stanley Parable è un “walking simulator” piuttosto atipico, in cui il giocatore è messo nei panni di un impiegato di nome Stanley, abituato per lavoro a stare davanti a uno schermo a premere tasti seguendo degli ordini, finché un giorno non si accorge di non avere più ordini da seguire e di essere rimasto solo in ufficio.

Davey Wreden

La figura centrale di The Stanley Parable è quella del Narratore, una voce che accompagnerà il giocatore per tutto il corso dell’avventura commentando le sue azioni o indicandogli cosa fare. Centrale non solo per lo humor costante che lo caratterizza e che rende diversi momenti a dir poco esilaranti, ma perché è anche la principale fonte delle riflessioni portate avanti dal gioco. Del resto Davey Wreden, l’autore di The Stanley Parable, racconta che il processo di sviluppo è partito da una singola domanda: cosa succederebbe se si potesse disobbedire al narratore?

Da questa semplice domanda sono scaturite una miriade di idee, situazioni e ulteriori domande, che hanno formato The Stanley Parable per come lo conosciamo oggi. Più di tutto, The Stanley Parable può essere considerato una decostruzione della struttura del videogioco, una riflessione su di essa e in particolare sul concetto di scelta.

Davey Wreden
Davey Wreden, il giovanissimo autore di The Stanley Parable e The Beginner’s Guide.

In effetti il gioco ruota tutto intorno alle scelte: il giocatore non fa altro che camminare tra le sale e i corridoi dell’ufficio, scegliendo di volta in volta se adeguarsi alle indicazioni del narratore o piuttosto fare tutto il contrario per vedere che succede. E inevitabilmente qualcosa succede, il narratore si adegua alle scelte fatte e modifica la narrazione di conseguenza, portando ai numerosi finali possibili. Quella che sembrerebbe un’esaltazione della libertà di scelta nel videogioco e della possibilità del giocatore di compiere scelta significative che vengano riflesse nella narrazione, a ben vedere si rivela più come una parodia che mostra l’illusorietà di queste scelte.

Per quanto un gioco possa essere non lineare, per quanto possa fregiarsi della libertà di scelta data al giocatore, tale libertà sarà comunque sempre compresa all’interno dello spazio di possibilità predeterminato dagli sviluppatori. Prendiamo ad esempio quel capolavoro del primo Deus Ex, certamente un alfiere della “player expression” e della non linearità. In una delle scene più celebri al giocatore viene detto di uccidere Juan Lebedev, il capo di un’organizzazione terroristica, o di lasciare l’onere alla “collega” Anna Navarre, ma in realtà è presente anche una terza opzione: uccidere Anna Navarre e risparmiare Lebedev. Senza nulla togliere alla potenza della scena, giustamente celebrata ai tempi come una delle massime espressioni della flessibilità di una narrazione alle scelte del giocatore, neanche una possibilità del genere sfugge al discorso di cui sopra.

Il fatto stesso che un’azione nel gioco sia non solo possibile, ma dia anche dei risultati o addirittura sblocchi dei contenuti, implica per forza di cose che essa era prevista. Laddove non prevista la scelta non risulta possibile o non genera risultati, e nello stesso Deus Ex sono molte di più le occasioni in cui la scelta è negata rispetto al contrario: un esempio facile sarebbe dire che non è possibile nel gioco restare schierati con l’UNATCO, nonostante a livello teorico sia una scelta del tutto plausibile che il giocatore potrebbe fare, se fosse davvero libero. Del resto se l’esistenza stessa del libero arbitrio è da sempre argomento di dibattito filosofico e psicologico per quel che riguarda il mondo reale, figuriamoci in un software.

Davey Wreden

Per forza di cose i corsi d’azione possibili non sono infiniti e sono pur sempre predeterminati dalla fonte (gli sviluppatori); in fondo il giocatore non fa altro che scegliere di volta in volta quale tra i limitati binari per lui esplicitamente costruiti seguire. Inserire in una narrazione l’agire di un giocatore non è un compito semplice, motivo per cui anche nei casi in cui diverse scelte siano previste è molto comune che presto o tardi queste convergano su un punto predefinito. Davey Wreden illustra efficacemente tutti questi concetti (e tanti altri) decostruendo i tropi della narrazione videoludica e dell’interazione utilizzandoli come mezzi per indagare loro stessi, motivo per cui The Stanley Parable è stato giustamente definito un brillante esempio di metanarrazione postmoderna.

Davey Wreden

Se dopo il primo gioco poteva ancora sembrare un caso, dopo il secondo è assodato che questo tipo di tematiche e ancor di più questo tipo di analisi e decostruzione metanarrativa è al cuore dello stile del buon Wreden. The Beginner’s Guide è per molti versi un’opera diversa da The Stanley Parable, molto meno umoristica e molto più intima, ma è difficile non vedere un filo conduttore.

Se l’avventura di Stanley si interrogava sul videogioco dall’interno, proponendo riflessioni sulla sua struttura e sulle azioni del giocatore in-game, The Beginner’s Guide pone invece la lente sull’esterno, sul rapporto tra autore, opera e fruitore. Sarò sincero, è difficile analizzare The Beginner’s Guide e cercarne il senso ultimo che Wreden intendeva imprimervi, perché il senso ultimo sembra essere proprio che tale “illuminazione” non vada ricercata, che sia sbagliato cercare a tutti i costi di leggere l’autore nell’opera. E probabilmente anche dicendo questo…insomma, ci siamo capiti.

The Stanley Parable già era un gioco piuttosto atipico, folle nelle sue costanti rotture della quarta parete. The Beginner’s Guide va anche oltre, perché a una prima occhiata la quarta parete sembra non averla proprio: il gioco inizia con Davey Wreden che si rivolge al giocatore in prima persona, spiegandogli che gli sottoporrà una serie di brevissimi giochi ideati da un certo suo amico, “Coda”. L’esperienza di questi giochi, dice Wreden, ci aiuterà a capire chi sia Coda, cosa voglia comunicare. E il costante commento di Wreden non si farà mancare interpretazioni di vario genere, spiegazioni del significato nascosto dietro ogni scelta, ogni ricorrenza, ogni simbolo. Spiegazioni plausibili, e del resto non è bello ragionare sulle opere di cui fruiamo e interpretarle? Non è questo, in fondo, che facciamo anche qui su Frequenza Critica?

Davey Wreden

Secondo me, The Beginner’s Guide non parla solo del videogioco, parla del processo creativo in senso universale. Cosa significa creare qualcosa? Si crea per se stessi, o per gli altri? A chi appartiene la creazione, una volta che questa sia stata resa pubblica, all’autore o ai fruitori? E il senso di questa creazione è quello che voleva imprimervi l’autore, o quello che ne ricavano i fruitori, per quanto questo possa essere lontano dall’intento autoriale? È possibile ricavare questo famigerato “intento autoriale”, o in realtà si tratta di una proiezione che non corrisponderà mai del tutto? Tante domande, pochissime risposte. E intendiamoci, non è che Wreden si sia inventato delle rivoluzionarie riflessioni sulla critica artistica: molte idee sono riprese da teorie critiche di svariati decenni fa, non ultimo il saggio La morte dell’autore di Roland Barthes, che si interrogava su temi molto vicini. Il valore di The Beginner’s Guide sta nel modo in cui pone queste riflessioni, rendendo partecipe il giocatore dei “pericoli” del processo creativo e del rapporto tra chi crea e chi fruisce.

Davey Wreden

Alla fine ci viene svelato che Davey/Narratore ha attivamente modificato le opere di Coda per adattarle alla narrazione che lui stesso aveva creato, inserendo ad esempio dei lampioni alla fine dei livelli. Che la sua ossessione per il “significato” e il suo desiderio di condividere le opere di Coda nascondevano una forte dipendenza dalla validazione altrui. Il gioco sembra rifuggire l’interpretazione e la ricerca di un significato ultimo, ma al tempo stesso sembra invitarci a riflettere e a interpretare.

La conosciamo tutti, quella spasmodica ricerca di un pattern, di una soluzione, di una chiave di volta che ci faccia finalmente accedere al “significato”, forse in fondo perché “capire” ci soddisfa. Ma in questo modo ciò che troviamo dice più di noi stessi di quanto non dica dell’autore, e forse anche dell’opera. Poniamo un lampione al centro di tutto e ci convinciamo che la sua luce illumini la strada, tra le tante strade possibili nel labirinto delle interpretazioni ne scegliamo una e arrivati a una conclusione deduciamo fosse quella giusta. Ma se solo potessimo innalzare lo sguardo e vedere il labirinto per intero, capiremmo che c’era molto di più, infinite strade che non riuscivamo a vedere, infiniti elementi di cui non potevamo neanche essere a conoscenza. O forse non ci ho capito niente.

E va bene così.

Davey Wreden
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  • Luca “Hayabusa” Sapora

    Ossessivo compulsivo cronico, perennemente combattuto tra la voglia di approfondimento e lo sconfinato backlog, che sembra solo crescere.

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