CrossCode: A New Home, o l’importanza dei comfort game

CrossCode è il genere di gioco che non dimenticherò tanto presto. Di quanto mi fosse piaciuto ne avevo già parlato qualche tempo fa, con una delle prime recensioni pubblicate proprio qui, su Frequenza Critica. È anche un genere di gioco per il quale, ogni volta che mi ritrovo a pensarci, ho solo buone memorie. È indubbiamente uno dei miei giochi preferiti degli ultimi anni, e dunque quando è uscito il suo DLC A New Home non ho potuto fare a meno di fiondarmi su Steam e comprarlo istantaneamente. A giocarlo, invece, ci ho messo un po’, complice un periodo canaglia in cui sembrava dovesse uscire di tutto e vari impegni che mi hanno spinto a rimandare di qualche settimana il fatidico momento in cui, dopo tanto tempo, ho avviato nuovamente il titolo per venire accolto dalle note del tema principale.

Certo, in realtà per far partire il DLC vero e proprio ci è voluto un po’ di più. A New Home, infatti, si posiziona subito dopo la fine della storia principale, di cui è una prosecuzione. Ma quando uno ha cinque salvataggi diversi capita di dimenticarsi quale sia quello in cui abbiamo effettivamente già finito il gioco, di caricare quello sbagliato e solo dopo circa una trentina di minuti passati ad affrontare le frenetiche fasi finali domandarsi “ma non è che forse ho caricato il file sbagliato? Sono sicuro che si poteva saltare questo pezzo una volta finito il gioco.” E con capita intendo che capita a me.

crosscode a new home
I jumping puzzle tornano in grande stile in A New Home. Questo è talmente lungo da avere i checkpoint! E sì, quella è una scimmetta da compagnia.

Passiamo però al DLC vero e proprio, cercando di limitare quanto possibile gli spoiler: a qualche mese di distanza dagli eventi del gioco base, Lea e amici sono alle prese con il nuovo contenuto aggiunto nel frattempo a CrossWorlds, l’MMO futuristico in cui è ambientato il gioco. Dopo aver finalmente portato a termine quel raid che nel corso della storia veniva bruscamente interrotto, la sferomante dai capelli blu potrà infatti scoprire le due nuove aree dell’Azure Archipelago e del Ku’Lero Temple. Il primo è un’area tropicale lussureggiante ma non troppo grande, che contiene tutta una nuova serie di nemici (infamissime le tartarughe armate di tridente) e un lunghissimo jumping puzzle che, oltre a qualche tesoro mica male, ci permetterà anche di arrivare a una boss fight opzionale (livello SETTANTANOVE, urca). Il secondo, invece, rappresenta l’ultimo passaggio della Track of the Ancients, la serie di templi che costituisce la trama narrativa principale interna a CrossWorlds.

Ovviamente, oltre al contenuto legato al gioco dentro il gioco, A New Home espande anche il passato di Lea, portandoci nuovamente a esplorare la Vermillion Wasteland e a scoprire qualcosa di più sulla figura di Sidwell, l’oscuro macchinatore che giocava il ruolo di villain dietro le quinte nel gioco base. Nel complesso, il DLC mi è piaciuto molto: le nuove aree e il nuovo contenuto sono estremamente curati, e in particolare i puzzle di Ku’Lero hanno messo parecchio alla prova le mie meningi; quel brivido da “Sì, cazzo!” quando riesci a risolvere una sequenza particolarmente complessa è una sensazione che non invecchierà mai. Forse non è lunghissimo, e va detto che il fatto che si lasci una porta spalancatissima per un sequel che però non è attualmente nei piani non può che lasciare una lieve sensazione di amaro in bocca. Non che ci sia nulla di male in questa scelta, intendiamoci: dopo nove anni dedicati a CrossCode, è più che legittimo che Radical Fish voglia passare ad altro. Questo articolo, però, non vuole (tanto) essere una recensione dettagliata di CrossCode: A New Home.

crosscode a new home
Gotta follow the laws of the wild (Alive) / With their lives on the line (No choice) / Out here only the strong survive

Quello di cui mi interessa parlare, e che il DLC mi ha aiutato ancora una volta a realizzare, è che CrossCode per me è più di “un gioco”. Specifichiamo, prima che iniziate a preoccuparvi: non intendo dire che la mia cameretta è piena di merchandise e action figure del gioco e che continuo a molestare i profili social di Radical Fish Games al suono di “APOLLO FUNKO POP WHEN?”, ma che, ogni volta che ci penso, ogni volta che vedo delle fanart sul mio feed di Twitter, ogni volta che mi torna in mente la sua colonna sonora mi si stampa un sorriso in faccia. È più forte di me: ripensare a CrossCode mi fa venire il buonumore. Non perché sia il gioco perfetto, intendiamoci. Mentre giocavo al DLC ho intrapreso una quest che avevo lasciato da parte, che ci vede impegnati a traversare il mare su una piattaforma fluttuante armata di cannone che possiamo — anzi, dobbiamo — sfruttare per eliminare i nemici che ci si parano davanti. Peccato che questo cannone tenda a saltare in aria quando colpito da tre sputi o da una folata di vento, il che ha portato a una lunga sequela di improperi di vario tipo, tenore e durata da parte mia. Si poteva fare meglio, decisamente.

Ma, appunto, è solo una sidequest. Ad accompagnarla ci sono un mondo bellissimo da esplorare, un gameplay tanto vario quanto intrigante, una storia che non manca di momenti drammatici e personaggi difficili da dimenticare — che sia per i drammi che si trovano ad affrontare o semplicemente perché hanno i capelli verdi e sono dei fanboy di Apollo Justice. Se volete sapere più in dettaglio cosa mi è piaciuto di CrossCode, vi invito ad andare a leggere la mia recensione linkata in cima a questo articolo; ma se dovessi riassumerlo in due parole, è per me quello che definirei un comfort game, un luogo sicuro e accogliente dove rifugiarmi.

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Sicuro e accogliente sì, però i puzzle del tempio finale sono anche belli infami, eh.

Sono sicuro che anche chi sta leggendo questo articolo ha in mente un gioco così, che funziona da genere di conforto, che serve a renderci una giornata un po’ migliore. O magari non è neanche un gioco, magari è un film, un libro, un fumetto, una serie TV, un anime. Non importa, sono tutte alternative valide, e anche per me CrossCode non è l’unico genere di conforto fra i prodotti d’intrattenimento; sul momento mi vengono in mente ad esempio Groot di Jeff Loveness e Your Name di Makoto Shinkai. Ma visto che siamo un blog videoludico, cerchiamo di non divagare troppo. I giochi, dicevamo, possono essere tante cose: possono stimolare lo spirito competitivo, offrire tenaci sfide, raccontare storie che ci spingono a riflettere e che richiedono attenzione agli espedienti narrativi in atto, addirittura aiutarci a imparare la storia. E possono anche essere importantissima fonte di pace mentale.

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  • Marco "Brom" Bortoluzzi

    Vive in mezzo ai monti del Trentino, brontola un sacco, però alla fine non è cattivo, sul serio. Basta che non parliate male di Borderlands in sua presenza.

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