Negli ultimi giorni dello scorso aprile Kalypso Media ha annunciato per il venticinque settembre l’arrivo del quarto capitolo della saga Port Royale e la possibilità per chiunque lo preordini di poter giocare e soprattutto di poter valutare la beta.
Alla lettura e alla percezione di tale notizia ho reagito comportandomi da personcina non matura, ma maturissima: non sono manco andato al mio personalissimo armadietto di parrucche, costumi e cappellini, ma direttamente ho iniziato a intonare la cantilena della promessa infranta.
You broke a promise ♪ You broke a promise ♪
Dopo cinque ore di cantilena è arrivato Dama, nostro stimato e invincibile leader di Frequenza Critica chiedendomi di esporgli quale trauma ha scatenato la cantilena. Ho accennato a Dama di Port Royale 4 confidando di preferire che quelli di Kalypso Media, al posto di distribuire questo quarto capitolo, venissero direttamente in redazione, mi mollassero un paio di coltellate alle spalle, così da finirla qui. Niente gioco, niente fatica, niente costume e parrucca, niente cantilena della promessa infranta. Dama con il suo sorriso buono mi ha semplicemente risposto che io non sono al centro dell’universo conosciuto e tutte le azioni fatte dagli altri esseri umani non dipendono esclusivamente dai miei desideri e dalle mie paure.
What promise are you talking about?
Negli anni ho sviluppato un odio viscerale per due sviluppatori/distributori e precisamente per Paradox Interactive e per Kalypso Media. Incolpo i primi di aver diffuso e reso accettabile al grande pubblico una modalità predatoria nella vendita dei propri prodotti: beta scadenti vendute a prezzo pieno e milioni di DLC venduti a prezzo vario, questi ultimi spesso necessari per trasformare le beta scadenti in giochi completi. Incolpo i secondi di un qualcosa di più personale: quello di aver totalmente rovinato delle amate saghe sviluppate in passato semplificandone alcuni aspetti, distorcendone altri, inserendo cose inutili, semplicemente sfornando prodotti mediocri per attirare un pubblico vastissimo e spezzare il mio cuoricino innocente.
Port Royale 4 è sviluppato da Gaming Minds Studios, compagnia tedesca fondata nel 2009 la quale ha prodotto titoli come Patrician 4, Rise of Venice, Port Royale 3, Railway Empire e ovviamente il protagonista di questo speciale Grand Ages: Medieval.
Gli stessi sviluppatori di Gaming Minds Studios affermano sul loro sito che se la compagnia è stata fondata nel 2009, la quasi totalità di essi lavora insieme dal lontano 1992. Parte del team di Gaming Minds Studios è composto infatti dagli sviluppatori della defunta Ascaron, compagnia famosa per aver prodotto tra la fine dei ruggenti anni Novanta e l’inizio del 2000 diversi titoli: Patrician, Port Royale, Tortuga e Sacred.
La saga di Patrician e quella di Port Royale sono rispettivamente ambientate nell’Europa settentrionale del tredicesimo secolo e nei Caraibi del diciassettesimo secolo. In entrambe guideremo un piccolo mercante pronto a diventare il Signore dei Mari partendo con una sola piccola barchetta, un sacchetto di monete, un magazzino in una città di nostra scelta e tanta voglia di fare.
La nostra carriera di mercante si svolgerà su tre diverse schermate: la mappa dell’Europa Settentrionale o dei Caraibi con le diverse città e con le barchette in navigazione; le città dove potremo interagire con i diversi edifici tra taverne, moli, magazzini e palazzi del governatore; infine il mare azzurro, dove saremo protagonisti di emozionanti battaglie navali. La nostra scalata a Signore dei Mari prevede il commercio di diversi beni, la costruzione di strutture produttive e di case, l’ingresso nel mondo politico tra corporazioni e governatori, ma anche il semplice accettare missioni da vari personaggi che prevedono l’eliminazione di qualche pericoloso pirata, l’acquisto di una parte di una mappa del tesoro o la promessa di fornire a una città determinate materie prime.

La sostanziale differenza tra la saga di Patrician e quella di Port Royale è che la prima è si concentra sull’aspetto politico ed economico, mentre la seconda su quello delle battaglie navali (Tortuga è un caso particolare, brevemente accenno che è un Pirates! travestito da Port Royale). La struttura portante delle due saghe è la stessa: acquistare prodotti e vendere prodotti, costruire fabbriche e navi, concedere prestiti e sposare le figlie dei governatori, combattere pirati e issare il Jolly Roger, metti la cera e togli la cera.
Il punto di forza di questi due giochi è la semplicità nel gestire queste meccaniche e soprattutto una curva della difficoltà ben calibrata: avere una piccola nave e un magazzino vuol dire poche responsabilità, ma anche poche opportunità di profitto; avere sette magazzini, cinque convogli composti da dodici navi ognuno, lettera di corsa, il 6% delle proprie azioni sul mercato e la costruzione di un villaggio sulle coste finlandesi vuol dire tante responsabilità, tante difficoltà, ma anche tanto profitto. Vedere espandere il proprio business con il sudore virtuale era una bellissima soddisfazione.
Purtroppo tutto questo è andato perduto negli anni.
Promises really don’t mean anything to you, do they?
Patrician IV è un passo indietro rispetto al terzo capitolo, benché siano state introdotte un paio di meccaniche interessanti; Port Royale 3 è un Port Royale 2 castrato di alcune delle meccaniche maggiormente interessanti come i duelli (copiati da Pirates! e riproposti in Tortuga); Rise of Venice è un tentativo fallito di trasportare le meccaniche di Patrician IV a Venezia tentando di ampliare l’aspetto politico; infine Grand Ages: Medieval è il cosiddetto train wreck.
Perché è successo tutto ciò?
La struttura portante dei giochi precedenti è stata semplificata al massimo, sono state aggiunte tante piccole meccaniche mai approfondite completamente, tutta questa superficialità è stata nascosta sotto la coperta dell’aspetto grafico e di quella delle nuove meccaniche che are not only going to change the landscape but are going to change the very template of our industry.
Tutto ciò per uscire da una nicchia di consumatori e puntare a un mercato amplissimo (basti pensare alla pubblicazione anche sulle console dei diversi titoli), un tentativo fallito in buona parte dato che questi giochi non riescono a imporsi sul mercato e raccolgono voti bassi, recensioni negative, soprattutto la mia delusione e le lacrime del mio cuoricino.
Grand Ages: Medieval punta su una sola e unica gigantesca mappa che non copre più l’Europa Settentrionale, ma tutta l’Europa e il bacino del Mediterraneo. Non saremo più un piccolo mercante pieno di speranze ma un signorotto locale pronto a diventare il re dei re. Tentativo di fondere la struttura di Patrician/Port Royale con quella di un mezzo RTS e mezzo city bulding come Grand Ages: Rome (conosciuto in Italia con il titolo di Imperium).
Un progetto ambizioso fallito su tutti i fronti.
Partiamo col dire che in Grand Ages: Medieval c’è poco e nulla di Grand Ages: Rome, quindi è semplicemente un tentativo di impostare su una mappa vasta le meccaniche di Patrician e Port Royale.

Non commerceremo più di persona e dovremo assumere diversi agenti che lo faranno per noi; potremo intervenire acquistando o comprando manualmente i prodotti, ma il gioco quasi subito ci consiglia di costituire delle rotte automatiche tra le diverse città visitate dai nostri commercianti. Avremo a disposizione altri agenti come i coloni e i lavoratori di civilization memoria: i primi ovviamente fondano le città, i secondi costruiscono le strade e i ponti per velocizzare il movimento dei nostri agenti e delle nostre truppe. Oltre al commercio c’è la possibilità di costruire industrie e case, allestire un esercito formato da diverse truppe, dedicarci a rapporti diplomatici con le altre potenze e fare la comunissima ricerca scientifica per sbloccare potenziamenti e bonus
Tante belle cose, vero? Peccato che siano tutte abbozzate.
Grafica e sonoro sono basilari: avremo una mappa gigantesca e ben curata a prima vista, ma appena zoomiamo su qualcosa saremo accolti da animazioni bruttissime e semplicissime.
Aspetto militare. Noi costruiamo il nostro bell’esercito e lo mandiamo in giro, avviene la battaglia, ma il tutto è ridotto a una blanda animazione che vede le nostre truppe menarsi con i cattivi. Noi potremo solo stabilire se concentrarci sull’attacco o sulla difesa. La vittoria arriva quasi per caso o semplicemente grazie a una buona composizione delle proprie truppe attraverso un sistema basilare fondato sul canonico carta, sasso, forbice. Spesso le battaglie durano tantissimo e la sconfitta significa semplicemente vedere le nostre truppe tornare nella base per “ricaricarsi” di uomini.
Le battaglie navali? Idem, addio care battaglie navali di Port Royale 2 dove alla guida della nostra caravella umiliamo a suon di cannonate cinque galeoni spagnoli.

Aspetto produttivo. Tutta la possibilità di poter controllare la propria produzione attraverso la costruzione e soprattutto la posizione sulla mappa di industrie e case tipico di Port Royale e The Patrician 3 è stato ridotto al minimo. Da un menù costruiremo case e industrie: tutto qui, senza poterne capire gli effetti sullo sviluppo della città e degli effetti dell’economia (se casomai ci fossero). Possiamo costruire alcune strutture al di fuori della nostra città come le torri di guardia o addirittura fondare delle città e decidere cosa produrranno, anche qui superficialità a go-go.
Aspetto diplomatico. In Patrician totalmente assente, mentre in Port Royale 2 (e 3) era semplicemente la possibilità di legarsi a una delle quattro fazioni (Olanda, Francia, Inghilterra e Spagna) attraverso il commercio con le città controllate da loro oppure accettando delle missioni dai governatori locali. In Grand Ages sembra essere ampliata la possibilità di stipulare trattati commerciali e alleanze con le altre città, in verità tutto si riconduce a uno scambio di mazzette. Incontro nuova città, pago mazzetta per commerciare con questa città, pago seconda mazzetta per allearmi con questa città, dichiaro guerra con il regno di cui fa parte questa città, promulgo la pace con una terza mazzetta.
Aspetto commerciale. La struttura portante degli altri giochi dove potremo acquistare e vendere le diverse risorse è rimasta, ma la scomparsa quasi totale degli effetti della penuria o sovrapproduzione di risorse sulla mappa di gioco, l’introduzione degli agenti e la volontà da parte dell’IA di imporre al giocatore delle rotte automatiche rovina tutto. Se nei giochi precedenti era possibile impostare delle rotte automatiche (e in Patrician 3 dovevi settare di persona i prezzi per l’acquisto e vendita delle risorse), ciò era utilizzato quando ci si iniziava a espandere, si aveva un bel gruzzoletto, convogli e magazzini in diverse città. L’impostazione delle rotte automatiche aiutava nella gestione del commercio, ma non lo semplificava perché spesso e volentieri si doveva intervenire per problemi inaspettati come attacchi di pirati, blocchi alla città o carenza di risorse nel proprio magazzino. In Grand Ages? Ovviamente tutto scompare: impostare le rotte significa solo dire all’IA cosa deve acquistare e interverremmo solo in occasioni catastrofiche. Ahimè, è vero ciò che lessi in una breve recensione su Steam, giocare a Grand Ages significa premere la barra spaziatrice, ossia accelerare il tempo di gioco, e sperare che succeda qualcosa di interessante.
No, non succede niente di interessante…

Andiamo direttamente al punto: lasciate Grand Ages Medieval sullo scaffale virtuale, acquistate direttamente The Patrician 3 o Port Royale 2, se proprio non volete fare un torto a Kalypso acquistate The Patrician 4.
Perché?
You broke a promise ♪ You broke a promise ♪
Non andate via, perché è il tempo dei link interni ossia di cosa hanno scritto gli altri boys della redazione.
Partiamo dal mio speciale dedicato a Tropico, che si collega pienamente a questo articolo dedicato a Grand Ages: Medieval, perché entrambi pubblicati da Kalypso Media e perché entrambi presentano gli stessi difetti.
Luglio è il mese dedicato ai Rougelike, sì quei giochi dove se tu muori, muori per sempre. Speciali et articoli di Thresher, Alteridan, Brom e Harlequin.
Ah, ho trovato le chiavi del mio armadietto dedicato a costumi, parrucche e cappellini. Era in un pacco che doveva essere spedito ad Anchorage. Strano? Qualcuno di noi deve andare in Alaska?
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