Cartoline da Ghost of Tsushima

C’è qualcosa di molto affascinante nelle culture orientali. Sarà forse perché noi europei, oppure popoli occidentali in generale, vediamo l’Asia più remota come un posto esotico, talmente lontano dalla nostra realtà quotidiana da risultare quasi alieno. Forse è per questo che molti di noi non possono sottrarsi al richiamo dell’Estremo Oriente, una terra dove il tempo sembra essersi fermato e la modernità convive quotidianamente con tradizioni e rituali secolari.

È proprio questo richiamo che mi ha spinto, ormai circa un anno fa, ad acquistare la Director’s Cut di Ghost of Tsushima. Avevo voglia di Giappone. Anzi, avevo voglia di buttarmi a capofitto in una riproduzione virtuale del Sol Levante per provare a immortalare qualcosa di diverso attraverso le mie fotografie. E sì, lo so che è una riproduzione fatta da occidentali, ma la scintilla si è comunque innescata all’improvviso, tant’è che feci qualcosa che fino a quel momento non avevo mai fatto, perlomeno su console: ho acquistato un videogioco digitale a prezzo pieno, spinto dall’impulso di vivere sin da subito l’avventura di Jin Sakai. Il tempo di scaricare i file di gioco, un mezzo pomeriggio, e la sera stessa ero già lì a guidare il mio samurai sulle spiagge di Tsushima, per provare a difendere eroicamente (e inutilmente) l’isola dall’invasione dell’armata mongola.

Jin Sakai a cavallo si addentra in una foresta accompagnato dalle lucciole
Il mio primo scatto in Ghost of Tsushima. Non è un granché, a dirla tutta.

Qualche secondo dopo aver avviato la partita, neanche il tempo di partire alla carica a cavallo di un prode destriero, avevo premuto il tasto della modalità foto. Avevo già sentito solo cose belle sulla photo mode di Ghost of Tsushima, ma non immaginavo di trovarmi di fronte a quella che di lì a poco sarebbe diventata la mia modalità foto preferita. Basti pensare che è ancora lì, sul gradino più alto del podio, subito sopra quella di Marvel’s Spider-Man.

Gli strumenti del mestiere

Non solo telecamera libera e i soliti parametri di luminosità/contrasto da modificare, la modalità foto di Ghost of Tsushima porta in dote molte altre funzioni spesso assenti in altri videogiochi. La più importante, almeno per come ho poi lavorato sul gioco, è quella che permette di riprodurre una traccia musicale da una selezione di brani della colonna sonora ufficiale composta da Shigeru Umebayashi. Perché importante? La risposta è molto semplice: invece di lavorare nel più assoluto silenzio, quasi sempre mi sono lasciato trasportare dalle note di Seion per gli scatti più introspettivi, mentre per le foto più movimentate – principalmente quelle di combattimento – ho messo su Kodoku. Pensate che ogni foto può richiedere un lavoro che va da una decina di minuti a un’ora, per la preparazione della scena, la composizione della giusta inquadratura e la modifica dei parametri, per cui avere un sottofondo musicale da cui farsi ispirare può avere un peso non indifferente durante il processo di produzione di uno scatto.

Molto importanti anche i parametri che regolano la direzione e la velocità del vento, essenziali quando si ha intenzione di comporre degli scatti più dinamici. Lo si può fare giocando un po’ con il mantello di alcune armature di Jin, senza dimenticare un’altra feature della modalità foto di Ghost of Tsushima: quella che permette di aggiungere alla scena alcuni effetti particellari specifici. Tra questi si possono far cadere foglie di ciliegio, si possono inserire fumo e cenere per simulare un incendio, addirittura è possibile aggiungere farfalle, libellule e corvi a piacimento. Tutto questo sarebbe però inutile se non fosse possibile attivare o disattivare con un apposito comando le animazioni di tutto ciò che è presente sullo schermo (tranne il protagonista, i nemici e gli eventuali animali non inseriti artificialmente nella scena), andando a bloccare l’azione quando si è soddisfatti con il risultato, poco prima di scattare la foto.

Primo piano di Jin Sakai
Un ritratto di Jin Sakai.

Non mancano nemmeno le opzioni per modificare l’ora del giorno, cambiare il meteo (importantissimo per esempio per le foto di duelli sotto la pioggia), e smanettare con gli immancabili filtri. Di questi, come noterete dalle foto allegate a questo articolo, il mio preferito è il filtro acero, che desatura tutti i colori tranne le tonalità di rosso. Come molti altri aspetti del gioco, questo filtro mi è sembrato uno dei tanti omaggi ad Akira Kurosawa presenti in Ghost of Tsushima, tant’è che giocando un po’ con le impostazioni di contrasto e di intensità del filtro acero si potrebbero in teoria costruire delle fotografie che si ispirino al film Ran del regista giapponese, le cui scene pongono spesso enfasi sul colore rosso. “In teoria” perché, pur provandoci più volte, non ci sono mai riuscito.

Una carica di samurai a cavallo tratta dal film Ran di Akira Kurosawa
Chissà se anche ad altre persone è mai venuto in mente di ispirarsi a Ran, e chissà se sono riusciti a produrre qualcosa di decente.

Ciò detto, Ghost of Tsushima offre davvero una miriade di opportunità ai fotografi virtuali, sia a quelli esperti che a chi si vuole avvicinare per la prima volta a questa nuova forma d’arte. Gli manca solamente una feature affinché la sua modalità foto possa essere definita come la più completa in assoluto: la possibilità di posizionare e regolare delle fonti di luce aggiuntive, come nei videogiochi più recenti di Insomniac Games. Non che ne abbia sentito troppo la mancanza, a dire il vero, tant’è che la luce naturale è più che sufficiente per sfornare delle fotografie di qualità.

Il processo artistico

Fatta questa lunga disamina sugli strumenti a disposizione, mi viene più facile spiegare qual è stato il mio approccio fotografico. Può sembrare banale, ma l’idea iniziale era quella di non avere alcuna idea. Mi sarei lasciato trasportare dall’ispirazione proprio perché non sapevo cosa aspettarmi.

Un duello tra samurai
Un duello sotto la pioggia tra samurai.

Solo una volta trovatomi di fronte al suggestivo open world di Ghost of Tsushima, molto più compatto e meno dispersivo rispetto ad altri esponenti del genere, e dopo aver trascorso le prime ore in compagnia di Jin Sakai ho iniziato a impostare un processo artistico in divenire. All’inizio, infatti, ho iniziato a fotografare la qualunque, affascinato dal mondo che Sucker Punch ha saputo creare, ma poi – pian piano – ho cominciato a ricercare le giuste opportunità sulle quali costruire gli scatti.

Il risultato è che sì, ho prodotto qualcosa come oltre un migliaio di fotografie virtuali, ma una buona parte di esse sono prove, esperimenti che mi sono serviti per creare gli scatti che trovate in questa pagina (e altri che invece ho deciso di non pubblicare ancora). Un’ottantina di ore dopo il primo avvio di Ghost of Tsushima, durante le quali ho anche sbloccato il trofeo di platino tanto che mi è piaciuto (ma questa è un’altra storia che magari approfondirò in futuro), ritengo di aver raggiunto un buon livello di padronanza degli strumenti che mi ha permesso di approcciarmi al New Game Plus in maniera molto più consapevole. Il mio viaggio fotografico nel Giappone di Sucker Punch non è assolutamente finito, anzi, si può dire che sia solo all’inizio dal momento che solo nel corso di una nuova partita posso mettere a frutto l’esperienza precedente.

Un paesaggio giapponese con papaveri e un santuario
Una tipica mattina nebbiosa in quel di Tsushima.

Ora che so esattamente cosa aspettarmi in determinate parti dell’avventura, so anche come approcciarmi a esse dal punto di vista fotografico. Ora che conosco come la palette cromatica (un concetto di cui ho parlato in passato in riferimento a Star Wars Jedi: Fallen Order e Assassin’s Creed Valhalla) si comporta in alcune parti del gioco, enfatizzando specifiche sequenze del viaggio di Jin, posso giocare di anticipo e prepararmi a dovere.

Ma a parte tutto questo, Ghost of Tsushima mi ha permesso di prendere maggiore dimestichezza con gli scatti d’azione. Lo ha fatto grazie a un’andatura di gioco molto più lenta e cadenzata: per dire, i combattimenti sono brutali ma non risultano mai sincopati. Ogni scontro è prevedibile – lo scrivo senza alcun intento dispregiativo – ed è caratterizzato da lunghe pause, ma solo perché bastano davvero pochi colpi per buttare giù un nemico (o essere abbattuti, perlomeno nella prima parte del gioco). Per questo si possono sfruttare tali intermezzi tra un contatto e l’altro per preparare la scena, così da ricercare la composizione giusta dello scatto molto prima di premere il tasto adibito alla modalità foto. Il risultato, spesso, è uno scatto che pone l’accento sulla contrapposizione tra staticità dell’azione e dinamismo delle forme, in pieno stile orientale.

Jin Sakai in un combattimento all'ultimo sangue
Un taglio netto e ZAC!

Ma Tsushima, lo scrivevo poco più su, è un luogo in cui potersi fermare a riflettere, per questo non mi sono lasciato sfuggire l’occasione di produrre fotografie con soggetti – spesso il protagonista stesso – in contemplazione. Invece ho cercato di ridurre al minimo i semplici panorami, provando a inserire sempre, laddove possibile, Jin Sakai. Jin è un personaggio molto sfaccettato e mi è sembrato giusto incentrare quasi tutta la produzione fotografica sulla sua figura. D’altronde il mio viaggio ha coinciso con la sua trasformazione da samurai a spettro, e questo ha certamente influenzato il mio processo artistico.

Un processo che, come dicevo poc’anzi, non è assolutamente concluso. Nel tempo Ghost of Tsushima è diventato una sorta di posto sicuro, un luogo virtuale in cui ho sempre piacere di rifugiarmi. Di tanto in tanto torno sull’isola di Tsushima sia per scattare qualche foto che per allontanarmi dalla routine quotidiana, anche solo per trascorrere una mezz’ora e ritrovare l’ispirazione. Tant’è che le mie sessioni sul videogioco di Sucker Punch sono diventate quasi terapeutiche, ma sono anche quelle che mi hanno fatto crescere di più nell’ultimo periodo come fotografo virtuale.

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  • Daniele “Alteridan" Dolce

    Mi piace scrivere di ciò che mi passa per la testa, prevalentemente di videogiochi. Ho una vera e propria passione per la fotografia virtuale.

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