Captain Tsubasa — L’era Tecmo (1988–1994)

Le avventure calcistiche di Captain Tsubasa, o come diciamo noi italici Holly & Benji, sono iniziate nel lontanissimo 1981 e continuano ancora oggi tra carta stampata, versioni remastered dei vecchi episodi e ovviamente anche videogiochi. L’ultimo rivale del buon Holly è il biondino spagnolo Michael, al quale, secondo l’idea piuttosto curiosa dei nipponici riguardo le pie persone cristiane e le suore, spesso basta invocare il Signore per farsi spuntare dietro le spalle delle ali da angelo o invocare cherubini.

Recentemente anche un mio collega della redazione (di cui non faccio il nome) ha invocato più volte il Signore quando ha letto la notizia di Hitman 3 esclusiva per Epic Store, invocazione che non ha provocato lo spuntare di ali d’angelo dietro le sue spalle, ma il gracchiare di corvi e di cornacchie che volano via traumatizzati a vita e soprattutto il bambinello del presepio da togliere otto mesi fa è andato via lasciando un cartello con scritto: No Maria, io esco.

Di cosa stavo parlando?

Di Captain Tsubasa, vero?

Comunque il prossimo ventotto agosto arriverà su PC, PS4 e Nintendo Switch Captain Tsubasa: Rise of New Champions, titolo pubblicato dalla Bandai e sviluppato dalla Tamsoft. Un titolo che dovrebbe riportare le avventure calcistiche di Holly e compagni in forma videoludica dopo ben 10 anni di assenza. Titolo annunciato a suon di trailer e di edizioni speciali tra cui la Legends Edition da circa 2000€, che prevede anche un calcio balilla personalizzato.

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Biliardino, maglietta, statuina ad altezza naturale, mancano solo le poltrone in pelle umana!

In verità questo articolo non è un anticipo o addirittura una recensione di questo futuro titolo, ma di qualcosa di più vecchio, di più di venticinque anni.

La mia grassa storia tra kanji ed emulazione.

Tell me, Ioannis, if Captain Tsubasa is so great, why are there no good games about it?

Mio cardassiaciccio Dukat, qui ti sbagli, perché negli anni novanta la Tecmo, ossia i babbi di Ninja Gaiden o di Dead & Alive pubblicarono ben cinque giochi dedicati a Captain Tsubasa tra il 1988 e il 1994.

A questi si deve aggiungere anche una sorta di “remastered” del primo capitolo destinato al SEGA CD, ossia il famoso addon per il Sega Mega Drive che permetteva di utilizzare software sviluppato su Compat Disc.

Solo il primissimo capitolo di questa cinquina arrivò in Occidente, purtroppo “dehollizzato” in tutti i suoi aspetti partendo dal titolo ridotto a Tecmo Cup Football Game.

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Dehollizazione!

Io fortunatamente ho potuto giocare nel lontano 1993 al secondo capitolo di questa saga grazie alle magiche cartucce bootleg (1000 titoli 1) acquistabili sulle bancarelle dei peggiori bar di Caracas e Volla; e negli anni successivi emulare i restanti.

Ah, tutti titoli in giapponese, mai tradotti.

Ora se questo non fosse un testo scritto, ma una scena di una sitcom a stelle e strisce, al suono di una frenata di un autoveicolo tutti i personaggi si fermerebbero e fisserebbero l’ultimo personaggio che ha parlato. In questo caso tutta la redazione fisserebbe me, dopo la mia affermazione di aver giocato a titoli in lingua nipponica. Sguardi pieni di rabbia rivolti a me anche da persone come Dama, Lucchi e Brom, i quali tollerano — come possiamo dire? — i miei aspetti più stravaganti.

Forse devo essere leggermente più preciso. Ho giocato ed emulato a quei titoli in lingua nipponica dove l’aspetto narrativo e tecnico era minimo, giochi riguardanti saghe conosciute in Italia e soprattutto dove era facile memorizzare i comandi. Cosa credevate? Che io conosca la lingua del glorioso amico Nippone? Ma no, sciocchini! Il mio vocabolario italiano è formato da circa 1000 parole, so ordinare un cappuccino macchiato nella lingua della perfida Albione, e ho dimenticato quel poco di francese e soprattutto di neoellenico che conoscevo. Siamo tutti sinceri, se conoscessi il giapponese sarai a scrivere tutto ciò? Minimo starei travestito da Pretty Cure e soprattutto letteralmente saldato alla sedia giocando a tutti i titoli possibili e immaginari prodotti al PC-98, e l’unico compito del resto della redazione sarebbe sostituire ogni quattro ore la flebo di glucosio e di cocaina a cui sarei attaccato.

Non ci vuole e non ci voleva una gran intelligenza per riuscire a portare il Giappone a vincere la coppa del mondo di calcio, o per portare lo Shohoku a partecipare ai campionati regionali, o per far vincere il torneo spaziale a Kinnikuman, o sconfiggere tutte le ragazze della Flower Division a Kwazy Kupcakes così da poter essere la protagonista nella rappresentazione di Cenerentola (N.d.r. Columns, ma noi facciamo finta di non aver sentito niente riguardo Kwazy Kupcakes… è meglio per tutti). Diamine in passato sono arrivato anche a emulare strane console nipponiche mai arrivate in Occidente o a completare senza capire un nulla il gioco di Card Captor Sakura per Game Boy, ovviamente in quegli anni era tutto diverso, ero più giovane, allegro ed intraprendente nel cercare nuove avventure videoludiche, ma idiota a non conoscere ancora gamefaqs.

Non basta un campo di calcio in 3D per fare la catapulta infernale.

Prima di narrare con precisione di questi cinque titoli della Taito affermo immediatamente che il terzo capitolo è una piccola gemma. Il giorno in cui il mio libero spirito abbandonerà questa triste prigione corporea e andrà da San Pietro, io metterò Captain Tsubasa III: Kotei no chosen tra i miei dieci titoli dell’esistenza, così da garantirmi l’entrata nel paradiso e poter discutere con il grande Capo del perché Star Trek Deep Space Nine e soprattutto Babylon 5 siano stati dimenticati così in fretta.

Caratteristica di questi cinque titoli è quella di rappresentare ottimamente le peculiari caratteristiche di Captain Tsubasa senza doverle piegare alla struttura di un gioco di calcio, quindi palloni deformati, reti sfondate, muri distrutti, catapulte infernali, distorsione delle leggi della fisica, finali di partita che sembrano la battaglia di Verdun tra feriti e infortunati. Un problema che nei titoli successivi, i quali erano principalmente giochi di calcio (e spero non sia così questo Rise of New Champions) si è spesso sentito. Questi cinque titoli sono semplicemente dei JRPG basilari applicati al mondo del calcio.

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Captain Tsubasa II: Super Striker

In tutti e cinque i giochi abbiamo due modalità: la canonica storia e uno all-star game, dove costruiremo una squadra selezionando i diversi giocatori e ne sfideremo un’altra costruita dall’AI oppure da un altro giocatore. Prima dell’inizio di ogni partita avremo la possibilità di scegliere la formazione e lo schema, controllare le caratteristiche di ogni giocatore e le loro abilità speciali, scegliere alcune chicche come i rigoristi o il tipo di marcatura; e devo confidarvi che questo giochino rappresentava benissimo la differenza tra marcatura a zona e marcatura a uomo. Ogni giocatore è rappresentato da diverse caratteristiche numeriche che descrivono la loro forza, la loro resistenza, l’abilità nel tiro o nell’intercettazione dei tiri avversari e così via; ma soprattutto ha un numero determinato di Power Points (PP) i quali diminuiranno a ogni metro di campo percorso e soprattutto a ogni utilizzo di una abilità speciale.

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Captain Tsubasa III: Koutei no Chousen

Durante la partita vera e propria la nostra schermata è divisa in due parti: sopra abbiamo un’immagine del nostro giocatore o di quello avversario che cammina palla al piede, sopra scritto il nome, il numero di maglia e il numero di PP disponibili; sotto la raffigurazione di un campo di calcio con i diversi numeretti che indicano i nostri giocatori. Se il nostro giocatore incontra un avversario o viceversa, le schermate cambiano: quella sopra diventa un’immagine statica con il giocatore opposto all’avversario/i (e in canonico stile di Captain Tsubasa avremo il nostro Holly circondato da tutto l’Atletico Van Goof), quella di sotto mostra quattro scelte. In fase d’attacco le scelte sono tiro, passaggio, dribbling e 1–2 per il gioco a terra; mentre per gli scontri aerei colpo di testa, passaggio, tiro a volo e finta. In fase di difesa tackle in scivolata, contrasto, tentativo di intercettazione di un passaggio o lasciare andare via l’avversario.

Ovviamente sono presenti le canoniche supermosse, tra tiro dell’aquila e catapulta infernale; queste ovviamente consumano tanti PP quindi non vi aspettate di fare super tiri ogni cinque minuti. Dopo aver fatto la nostra scelta ci saranno delle animazioni commentate testualmente da un simpatico telecronista. In fase di attacco quando vorremo tirare o passare basterà premere un tasto per far comparire il menu; mentre in fase di difesa guideremo il nostro portiere decidendo se respingere o bloccare il tiro.

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Il temibile tiro dell’ingegnere! No, scherzo! È una scena dei titoli di coda del quarto titolo. Water Shot di un giocatore della nazionale tedesca creato appositamente per il gioco.

Tutto semplice, giusto? Sì, semplice, ma pure profondo per un gioco delle ere a otto e sedici bit. Meglio un rush dove sprecare tutti i PP a suon di supertiri oppure un logoramento lento dei PP avversari? Marcatura a zona o marcatura a uomo? Nella modalità storia noi grinderemo a non finire, ripetendo milioni di volte la stessa partita, soprattutto le ultime, per il semplice motivo che ci sarà una netta differenza tra i valori delle caratteristiche dei nostri giocatori e quelli dell’avversario. Scelta di design errata? Sì, ma necessaria o il gioco diventa troppo facile. Ah, nel quarto capitolo c’è una modalità alla “Telltale”, dove potremo continuare anche dopo una sconfitta in determinati casi con divergenze nella storia (sono altre quattro trame se non dico sciocchezze, tra cui uno dove si costruisce il nostro giocatore).

Il punto di forza di questi cinque giochi è la capacità nel rappresentare perfettamente Captain Tsubasa, sembra veramente di vedere una puntata del cartone animato tra reti sfondate e il potere dell’amicizia. Questi titoli, in particolare il terzo e il secondo, hanno inoltreuna delle migliori colonne sonore esistenti, tra diverse tracce strumentali e una delle migliori opening mai realizzate.

Non ce la faccio… Troppi ricordi.

Ovviamente sul piano della trama non dovete aspettarvi granché: Captain Tsubasa è l’esempio perfetto dello shonen anni Ottanta-Novanta dove i personaggi sono delle silhouette di cartone e questo si riscontra anche nella storia: nel primo titolo si ripercorre la storia canonica, nel secondo il nostro rivale sarà il Brasile, il terzo la Germania del Kaiser Schneider (aka Arian Holly), nel quarto la nazionale rivale cambierà a seconda delle scelte fatte (Germania, Olanda, Italia e Giappone), nel quinto i Campioni una particolare formazione guidata da quell’ubriacone orbo di Roberto, composto da Everett/Nitta e da due giocatori creati per l’occasione: un capellone che fa tiri capaci di creare buchi neri e un portiere olandese che para facendo una sottospecie di backer.

La storia è sempre la stessa in sostanza: guideremo Holly in Brasile, poi passeremo a Callaghan/Benji/Becker/Lenders in giro per il mondo, al Giappone guidato da quel falso invalido di Ross e privo dei titolari, poi arriva in anticipo Callaghan che, pur ottantenne, indossa ancora la fascia alla testa data dalla fidanzatina al tempo delle medie, poi il resto dei titolari; amichevoli, qualificazioni per la Coppa del Mondo e infine Coppa del Mondo, dove ovviamente Holly si infortuna, salta alcune partite e crea il nuovo super tiro; e Lenders cade in depressione perché il portiere avversario ha parato il suo tiro speciale, scappa dal ritiro, va dall’allenatore ubriacone, fa il super allenamento e crea il super tiro, che sia della tigre, del fulmine, della tigre imperiale. Vi ho spoilerato qualcosa? Che vi aspettavate?

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Captain Tsubasa V: Hasha no Shougou Campione

Holy crap Lois, questo è peggio di quella volta che quel ragazzo nipponico con le maniche arrotolate ha distrutto la casa di Cleveland con il super tiro della tigre imperiale!

Forse è necessario dedicare due righe al quinto capitolo, dal momento che prova a cambiare la struttura: non più il doppio schermo, ma proprio proto-raffigurazione di un campo da calcio e soprattutto abbiamo una delle trame più folli e cringe possibile, roba che quello che scrivo io ad Ai Dungeon (e non) è sempre cringe, ma non così cringe. Il nostro Holly abbandona il Brasile e arriva in Italia al LECCE! Saremo in Serie B, in un’anticipazione di calciopoli perché ci sono anche la Juventus, il Milan, l’Inter, la Roma, il Torino e il Parma. Alla fine affronteremo una particolare coppa del Mondo dove su un lato del tabellone ci sono le nazionali e dall’altro i club. (In verità non è Serie B, ma campionato giovanile: un errore nelle traduzioni amatoriali vide la nascita della leggenda della Serie B).

Il quinto capitolo è un passo indietro perché si prova a fondere un gioco di calcio vero e proprio a quella struttura da JPRG dei precedenti quattro titoli; le animazioni sono peggiorate di brutto (già nel quarto capitolo c’è un peggioramento nella rappresentazione dei giocatori) e infine c’è pure una colonna sonora mediocre.

Ritorniamo a Rise of Champions con il trailer dedicato alla nazionale italiana: mancano Salvatore Gentile, c’è un nuovo attaccante (Leonardo Rusciano), Hernandez si è fatto la tinta e ha cambiato nome da Gino a Zino. I nipponici hanno una strana difficoltà con i nomi italiani (mai con quelli tedeschi o francesi), chi non può dimenticare nomi italianissimi come Rose (non Rosa), Aprile e Maggio (diamine mio figlio lo chiamo Caccia a Ottobre Rosso), Vulcano Rosso (JoJo ha fatto danni incredibili) Fiolina Germi, Cari(i)no Soletta (nome femminile eh!). Oltre alla fissazione dei nipponici per Venezia, Genova (aka Venezia II) e Bari (aka Venezia III).

In conclusione? Devi sempre aver fiducia nel pallone anche se Victorino ti ha spappolato il fegato con il suo nuovo supertiro.

Andiamo al sodo: dobbiamo recuperare questi titoli, scaricare un emulatore per NES e SNES e cercare le diverse traduzioni amatoriali? Sì, soprattutto per il secondo e il terzo che sono delle piccole gemme, sperando che questo Rise of Champions di fine agosto li sostituisca nei nostri cuori videoludici.

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