A scuola di level design con Spyro

Come tanti altri ultimamente sono finito anche io nel tunnel della nostalgia, immergendomi attraverso remake ed emulatori in vari giochi della mia infanzia. Un percorso di alti e (pochi) bassi, tra la riscoperta di ottimi giochi come Donkey Kong Country e Tombi! e qualche delusione come il primo capitolo di Crash Bandicoot — non siete d’accordo? Godetevi un parere più lusinghiero qui. Sono state esperienze che ho affrontato con piacere, non solo per farmi cullare dai ricordi ma anche per analizzare con occhio più critico cosa mi affascinava tanto in quei titoli.

Tra di essi la serie Spyro era una di quelle che più di tutte avevo voglia di rigiocare. Devo dire che il primo capitolo ha assolutamente rispettato le mie aspettative: l’avventura del draghetto è ammaliante, tra sfondi da favola e tanta simpatia e carattere. Non si può però negare che le sfide proposte siano elementari e il parlare di platforming quasi un’esagerazione, dato che si avvicina di più a tranquille passeggiate (o meglio, planate). Quel che mi ha colpito è invece la cura che propone nel level design, sempre rispettando la semplicità che lo contraddistingue ma seguendo criteri di chiarezza ed efficacia degni di nota.

Intendiamoci, Spyro non ha inventato nulla e impallidisce di fronte ai veri maestri di questo campo come il primo Tomb Raider o il Prey di Arkane. Tuttavia mi ha colpito come poche linee guida di qualità, nonostante siano applicate in modo così leggero, riescano a innalzarne notevolmente il valore. E proprio per la sua essenzialità trovo che il gioco di Insomniac Games sia un ottimo punto di partenza per imparare qualcosa e studiare come costruire mappe piacevoli e interessanti. Vediamo qualche esempio, partendo da uno dei primi livelli: Colline Pietrose.

Spyro

In giallo è evidenziato il percorso critico del livello, quasi una banalissima breve linea retta dal punto d’ingresso all’uscita. Ma non appena otteniamo il controllo del nostro avatar già si presentano attorno a noi ben quattro alternative disponibili, senza che possiamo conoscere quale sia quella corretta. Il gioco non è certo pensato per essere affrontato in modo tanto sbrigativo, anzi il suo focus sta proprio nell’esplorazione dettagliata alla ricerca di draghi imprigionati, gemme e uova. Ne consegue che prima di concludere il livello ci sarà da girare parecchio, e la mappa riesce benissimo a stimolare il giocatore grazie alle molte strade diverse disponibili fin da subito. C’è un pozzo che nasconde un forziere che non possiamo aprire immediatamente e ci affida quindi la “missione” di scovarne la chiave e tornarvi in un secondo momento. Se la stanza a sinistra è un semplice raccoglitore di tesori, quella a destra è estesa e con una torre che permette di sfruttare la verticalità dell’area. Addirittura, da qui si può raggiungere il bordo esterno sovrastante l’intero livello, aprendo un sacco di possibilità nel backtracking e offrendo un ottimo punto d’osservazione per notare la caverna nascosta sulla spiaggia che contiene la famosa chiave.

Un possibile tracciato per visitare Colline Pietrose sarebbe quindi un meno elegante ma molto più divertente garbuglio come il sottostante, che diventa quasi un piatto di spaghetti.

Spyro
Le mappe dei livelli le ho prese in prestito da questa utilissima raccolta.

Il prossimo livello preso in esame è Caverne Sospese. Qui all’entrata si è già chiaramente orientati verso un percorso che porta al cuore del livello, ma se per caso ci si volta si nota un’area aggiuntiva nella direzione opposta. Questa conduce a una lunga via alternativa che si ricongiunge a quella principale, grazie alla quale si possono raggiungere varie diramazioni e punti impervi.

Le due strade iniziali mutualmente esclusive spingono quindi ad un backtracking imprevisto se si vuole raccogliere tutto il disponibile, stimolando a orientarci e programmare la navigazione quando ci rendiamo conto di aver aggirato metà del livello. Da notare che l’area del percorso arancio è una grotta, quindi da esso non si può vedere la via gialla e viceversa… se non per l’intelligente punto panoramico segnato con la stella azzurra. Quell’apertura condita da qualche goloso tesoro è il furbo indizio lasciato dagli autori per farci notare che c’è qualcosa al di là che ci stiamo perdendo, per farci esclamare “Ah-ah! Ecco che ci sono arrivato!” una volta raggiunto ripercorrendo a ritroso la strada opposta.

Spyro

Una delle piccole sorprese di Spyro che più mi sono piaciute si trova in Vetta del Mago. Durante la normale esplorazione salta all’occhio uno stregone nemico su di una piattaforma apparentemente irraggiungibile, una specie di finestra, troppo alta e senza altre vie d’accesso. Quel che è necessario fare per arrivarci e conquistare le ultime gemme del livello è individuare la solita strada alternativa che ci porta sul tetto della struttura precedente, capire da che lato si trova quell’apertura e fare una planata alla cieca sperando che tutto vada come previsto. Qui il gioco non solo verifica la nostra attenzione nell’esplorare, testa anche la capacità di comprendere a tutto tondo la mappa del livello, di ricostruire mentalmente le aree e collegarne i punti d’interesse nello spazio, così da poterli raggiungere anche da angolazioni che li nascondono alla vista. Un modo davvero ottimo di sfruttare le tre dimensioni.

Spyro

È tramite tanti espedienti di questo tipo che Spyro costruisce il suo level design, magari non chissà quanto esteso e complesso ma ricco di continui spunti visivi, di momenti di scelta e incertezza, capace di farci domandare in che punto ci ha portato l’ultimo bivio o come raggiungere quella sporgenza in lontananza. Risposte che un giocatore esperto coglie al volo, ma questo mantenere sempre un po’ attivo il cervello e il senso dell’orientamento giovano incredibilmente al titolo, in grado di offrire intrattenimento leggero ma onesto ed efficace. Regole d’oro di design che possiamo benissimo ritrovare nei pesi massimi citati inizialmente, seppur in maniera assai più elaborata. Ma perfino un’implementazione così modesta non va sottovalutata e non si vede così spesso. La sua grande importanza mi è stata confermata con forza quando subito dopo ho provato a rigiocare il seguito, Spyro 2, e mi sono ritrovato davanti a livelli come Colossus.

Spyro
Le altre mappe di Spyro 2 le trovate qua.

Stavolta la formula è cambiata, il percorso critico è obbligatorio e guidato dall’inizio alla fine con minime deviazioni. Raggiunta l’uscita si sblocca la possibilità di accedere ai punti opzionali della mappa (puntualmente accompagnati da mini-giochi di vario genere) attraverso nuovi passaggi o capacità speciali come il super-salto, ma sono percorsi brevi o estremamente guidati. L’eliminazione dell’esplorazione come esperienza di scoperta, d’orientamento attivo, nuoce enormemente al divertimento, ben più di quanto ci si possa aspettare. Non resta altro che concentrarsi sul gameplay platform all’acqua di rose e sulla novità dei mini-giochi, che magari poteva aiutare in giovane età, ma oggi è più probabile stanchi o addirittura infastidisca. Perfino la disposizione delle gemme è peggiorata: sono distribuite un po’ alla rinfusa anziché indicare chiare piste che guidino parzialmente il nostro incedere, e le più preziose si presentano in abbondanza fin da subito invece di essere riservate ai luoghi più impervi per enfatizzare l’impresa compiuta.

A quanto pare, il capitolo della trilogia originale che più ha resistito al peso degli anni, suoi e nostri, è a sorpresa il primo semplice ma azzeccato Spyro The Dragon. Devo però ancora riprovare il terzo e ultimo, chissà che non mi riservi delle sorprese…

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